LA DOMENICA DI DON GALEONE: “Sempre più distinti i nostri obiettivi scientifici, economici, politici; sempre meno distinti i valori dell’uomo, che diventa un mistero a sé stesso.”

19 Marzo 2023 - 14:33

19 marzo 2023 ✶ IV Domenica di Quaresima Laetare (A)

Siamo forse ciechi anche noi? (Gv 9,1)

La domenica “del cammino verso la luce della fede”. Il cammino della fede è ben espresso dalle seguenti tappe: “Non credo … È un profeta … È da Dio … Credo”. Nelle catacombe romane, questo “segno” è dipinto sette volte, e sempre in riferimento al battesimo. Il segno (miracolo) descritto in questo brano è tra i più drammatici del quarto Vangelo, per il violento contrasto tra verità-menzogna, tra luce-tenebre. Il dramma consiste nella progressiva illuminazione di chi è cieco, e nel progressivo accecamento di chi si crede nella luce. Il peccato dei farisei consiste nel considerarsi “vedenti” e invece sono ciechi e guide di ciechi.

L’uomo: un gigante ma cieco! Oggi è davanti a noi un fenomeno contraddittorio: mentre diventano più luminosi gli occhi della scienza, diventano invece più opachi gli occhi dell’uomo: “La terra, interamente illuminata dalla ragione, brilla all’insegna di trionfale sciagura” (Scuola di Francoforte). Sempre più distinti i nostri obiettivi scientifici, economici, politici; sempre meno distinti i valori dell’uomo, che diventa un mistero a sé stesso. La Bibbia aveva già descritto l’uomo come “seduto nelle tenebre e nell’ombra della morte”. Qualcuno ha obiettato che si tratta di immagini riferite al tempo antico. Può darsi! A noi pare che la cecità faccia parte della condizione umana. A forme antiche di mali succedono oggi moduli nuovi di sofferenze: queste si rinnovano come le foglie di una pianta, ma il tronco resta. I supremi “perché” dell’esistenza esistono e resistono, come angosciose interpellanze conficcate nella carne dell’umanità. Abbiamo risolto il problema del “come” vivere, ma resta quello del “perché” vivere. Senza la soluzione di questo problema, l’uomo rischia di trasformarsi in un gigante cieco, come Polifemo, dalle immense potenzialità tecnologiche ma desolatamente povero a livello epistemologico.

Il cieco guarito: il santo patrono di tutti noi. Quando Shakespeare, Molière, Pirandello, leggevano questo episodio del “cieco nato”, certamente erano presi di ammirazione. Ci troviamo difatti davanti a una commedia piccola ma perfetta: un atto unico ma immortale, giocato ora sul dialogo a due, ora sulla sceneggiata corale, con episodi farseschi e improvvise aperture metafisiche. Gesù è il motore che mette e mantiene tutto in movimento. Ma anche il cieco guarito è un personaggio a tutto tondo; sembra essere uscito dalla penna non di un povero evangelista ma da quella di Dante o di Tolstoj. E che dialettica dimostra! È coraggioso, perché difende Gesù di fronte ai suoi nemici; è dialettico, perché riesce a sbeffeggiare quei faziosi che escludono a priori il miracolo. Dobbiamo pregarlo questo credente della prima generazione; potrebbe essere il santo patrono di tutti noi. Noi siamo tutti, chi più e chi meno, ciechi!

Le forme di cecità sono tante! Che dire, per esempio, dei genitori del cieco guarito? Si sono ritrovati un figlio guarito; quanti motivi per dire grazie, per annunziare il Signore! Invece, quando la verità li pone davanti ad una scelta coraggiosa, si nascondono nell’estraneità: “Ha l’età, chiedetelo a lui!”. Ma anche i discepoli erano nella cecità, vedevano un Dio terribile: “Chi ha peccato, lui o i suoi genitori?”. È una grave responsabilità trasmettere un’immagine sbagliata di Dio. I genitori e i catechisti non lo devono dimenticare! BUONA VITA!