LA FOTO. Il bacio sulla bocca tra Luigi Magrino e Carlo Carlino Di Meo. Cronaca della vita di un truffatore semi estorsore vissuta come un gomorrista da poltrona

2 Maggio 2025 - 10:45

Cinque profili Facebook, ma anche su TikTok si è dato da fare. A riguardo abbiamo “pescato” questa foto

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MONDRAGONE (g.g.) – Di solito chi di mestiere vuol fare il camorrista e nutre anche l’ambizione di scalare i gradini della gerarchia criminale non fa il gomorrista e si muove con circospezione e lo fa anche nell’epoca dei social. Ed è proprio grazie alle nuove tecnologie della comunicazione che abbiamo compreso un fatto positivo: in questo tempo non ci sono più i camorristi di una volta. La smania di protagonismo, il desiderio di mostrare se stessi sono superiori a un disegno che punti realmente a diventare un criminale con la C maiuscola. Di questa tendenza, che fa dei social tutto sommato una struttura di controllo utile anche per chi deve indagare e per chi, come noi, deve raccontare, Luigi

Magrino è stato una sorta di quintessenza. L’uomo che Giancarlo Pagliaro ha ucciso con un colpo o due colpi, esplosi da una calibro 6.35, come scrivevamo ieri (CLIKKA E LEGGI) ognuno arriva e ti piazza la sua “scientifica” versione dei fatti accaduti, è stato un vero e proprio incontinente dei social.

Un gomorrista da divano, ma allo stesso tempo dentro ad una narrazione esistenziale che scriveva giorno per giorno sapendo bene che lui un boss non sarebbe mai diventato e che quindi le modalità con cui aveva organizzato i suoi profili di Facebook non avrebbero mai potuto nuocere alla sua vita di criminale comune e organizzato fino a un certo punto. Un braccialetto elettronico per violenza domestica, roba da batteria come si suol dire, e molte attività truffaldine para estorsive che però, in senso lato e tragico, una soddisfazione l’hanno data a quella sua incontinente ammirazione per i grandi boss, quelli del sangue e dei quattrini, quelli che hanno mobilitato centinaia e spesso migliaia di poliziotti, carabinieri, finanzieri, per incrociare le loro tracce e per assicurarli finalmente alla giustizia.

La soddisfazione aberrante e in sostanza sorprendente di essere morto in maniera violenta, forse non proprio da boss, ma comunque non nel suo letto, con uno o due colpi di pistola sparati probabilmente a bruciapelo dall’imprenditore dei mobili mondragonese.

Una possibilità che sullo sfondo di questa vicenda ci possa essere stata un’altra vecchia conoscenza della delinquenza locale, un altro personaggio che ha percorso e forse percorre ancora un sentiero che si snoda lungo il perimetro dei cosiddetti borderline preziosi riferimenti di chi a Mondragone il camorrista l’ha fatto in “scienza e in (coscienza)”. Trattassi di Carlo Di Meo, per gli amici Carlino, amico per la pelle di Luigi Magrino. Da giorni, mentre tanti altri si avventurano in ipotesi acrobatiche che sicuramente hanno un fondo di verità, sicuramente sviluppano una trattazione frutto del racconto autoctono che sicuramente hanno dentro qualcosa, ma solo qualcosa, delle cause dell’omicidio rispetto al quale c’entra probabilmente come ragion d’essere il guaio passato da Giancarlo Pagliaro con la Guardia di Finanza, noi cerchiamo di andare al di la, di quelle immagini di Michele Zagaria, di Peppe Setola, di John Gotti, Massimo Carminati  della banda della Magliana, con cui Magrino contrassegnava i suoi profili Facebook.

E allora, spigolando qua e la, abbiamo trovato un po’ di immagini che sanciscono incontestabilmente il tipo di rapporto che Luigi Magrino aveva con Carlo Carlino Di Meo. Prima la fotografia di un loro presunto soggiorno nella tirolese Bolzen, per gli italiani Bolzano, e poi un’altra foto che tra il serio e il faceto collega ancora una volta la vittima dell’omicidio a un clichè di smodato, irrefrenabile ammiratore dei segni della mafia. Perché, diciamocela tutta, per un delinquente semi analfabeta la camorra napoletana, casertana, casalese, marcianisana, è un riferimento di orgoglio territoriale, ma la mafia è sempre la mafia. Quella siciliana, quella dei riti che si conservano nel tempo e che hanno contaminato anche le altre organizzazioni sviluppatesi nel meridione d’Italia e in tante altre parti del mondo.

Per cui, ci vuole un bel bacio, naturalmente ad uso social. In questo caso è stato scelto TikTok. Ho visto lui che bacia lui. Sempre e comunque lui: Carlo Carlino Di Meo. Il fatto avviene in un posto chiuso con Carlino (che a pensarci bene ha un diminutivo identico a quello del Carlino per eccellenza ossia il Del Vecchio del Clan dei Casalesi) che indossa un maglione di colore giallo Tour de France

Ve la mostriamo come una sorta di staffa che chiude la vita di una persona per la quale è giusto comunque avvertire la pietas che merita ogni uomo e ogni donna che lascia questo mondo ma che probabilmente non sarà rimpianto più di tanto come si è già capito dalle presenze molto scarne ai funerali celebratisi nel mattino di ieri a Cellole e di cui mostriamo ancora una volta qui sotto un paio di fotografie.