LA NOTA. Ci risiamo: De Luca, più che eversivo, è una macchietta: con un’ordinanza sputtana il decreto legge del governo sulla scuola approfittando di un imprudente pertugio

23 Aprile 2021 - 18:00

In calce all’articolo il testo integrale dell’atto amministrativo, che sancisce il pieno ritorno del “megalo-man” di via Santa Lucia

 

CASERTA (g.g.) – Eh già, stava in crisi di astinenza da megalomania, da narcisismo che quando diventa senile tradisce anche la sua essenza, perché nello specchio d’acqua del mito devi essere veramente un pazzo per vedere una figura come quella che vedeva il leggiadro Narciso.
De Luca, che va per i 72 anni, non è destinato certo a vivere in maniera composta la sua età.
Un egocentrico, un megalomane, d’altronde, è tale perché, parzialmente , cioè con una modalità selettiva, o totalmente, costruisce una propria realtà assolutamente differente da quella percepita dalla gente comune.

Erano passati un paio di mesi, durante i quali sembrava aver abbassato un poco le penne, anche perché il precipitare dei numeri della pandemia aveva dimostrato, con l’evidenza oggettiva di quelle cifre, il totale fallimento del progetto operativo di lotta al coronavirus da parte di un governatore che, come era stato facile prevedere sin dall’anno scorso, avrebbe pagato, in termini di malati e in termini di morti, il suo perdere tempo a dir cavolate, a parlar di lanciafiamme costruendo una vera e propria armata Brancaleone, un vero manipolo di incompetenti, nominandoli a capo della sedicente Unità di Crisi della Campania.

Chi conosce bene questo personaggio sapeva già che una volta o l’altra lui, che peraltro è rimasto totalmente insoddisfatto dello spazio che il nuovo Pd di Enrico Letta ha dato a suo figlio Piero (destinatario del fragile premio di consolazione rappresentato dalla carica di vice-capogruppo alla Camera), avrebbe “impostato la questione” al Presidente del Consiglio Draghi.

Ciò perché Draghi ha osato mettergli le briglie nel momento in cui, all’interno del Dpcm del marzo 2021 aveva stabilito che i Presidenti delle Regioni non avrebbero più potuto interferire nella definizione dei provvedimenti governativi riguardanti la scuola.
Solo che, siccome Draghi è abituato a ragionare con persone normali, non riteneva che un piccolo pertugio lasciato aperto nel citato Dpcm potesse rappresentare lo spunto per un nuovo show di De Luca.

Spettacolo andato puntualmente in scena nel primissimo pomeriggio di oggi, allorquando, come capita ogni venerdì, il governatore se l’è cantata e se l’è suonata, da solo, perché sarà pure un figo per il popolo bue, ma se uno lo è veramente, non scappa davanti al contradditorio, assolutamente inesistente, al contrario, nell’attuale vita di De Luca.

Davanti alla solita telecamera social il governatore ha dato notizia della firma di due ordinanze. Con una di queste De Luca ha contraddetto la disciplina stabilita dal governo Draghi nel DPCM del 2 marzo, totalmente assorbita nel ben più importante e solenne decreto legge del 22 aprile, che il Parlamento dovrà convertire in legge entro e non oltre il prossimo 21 giugno, in materia di limiti di agibilità delle aule di lezione in presenza all’interno delle scuole secondarie superiori.

Il governo ha sancito che nelle zone rosse questo limite è del 50%.
Ciò significa che ogni mattina, in una classe di 20 alunni, 10 di loro lavorano in  aula e 10 da casa con Dad.
La cifra è diversa per le aree contrassegnate come zone arancione o gialla.
In questo caso la presenza in carne ed ossa dentro alle aule, il limite minimo, è del 70%, con un 30% in Dad.
Si tratta, dunque, di cifre marginali.

I presidi possono eventualmente andare al di là, in eccesso, ma non in difetto.
Con l’ordinanza di oggi, De Luca fa il suo dispettuccio sancendo che il limite minimo collegato ad una eventuale zona arancione o gialla non è del 70%, ma del 50%, sovrapponendo il numero a quello previsto per la zona rossa e perequando una classificazione tra le aree in modo che, in pratica, per quanto riguarda la scuola (e non è poco) il De Luca ha accoppato il meccanismo, azzerando le zone rosse, le arancioni e le gialle.
Dicevamo del pertugio.

Il Dpcm del 2 marzo, assorbito dal decreto legge di ieri, prevede che “Le disposizioni di cui al primo periodo non possono essere
derogate da provvedimenti dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e
Bolzano e dei Sindaci. La predetta deroga è consentita solo in casi di eccezionale e straordinaria
necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus
Sars- Cov-2 o di sue varianti nella popolazione scolastica. I provvedimenti di deroga sono
motivatamente adottati sentite le competenti autorità sanitarie e nel rispetto dei principi di
adeguatezza e proporzionalità, anche con riferimento alla possibilità di limitarne l’applicazione a
specifiche aree del territorio”.

In pratica, sancisce che in casi eccezionali e precisamente motivati queste cifre possano essere modificate dalle Regioni.
Tutta la trattazione del sistema di deroga si sviluppa con accenti molto rigidi.
In poche parole il governo sembra temere che qualcuno possa utilizzare impropriamente questa deroga e allora prova a restringerla e precisarla con pignoleria.
Però, allora, presidente Draghi, lei non lo conosce bene De Luca.

Essendo un grande pallone d’aria è bastato dire che la regola di occupazione delle aule potesse essere modificata, seppur eccezionalmente, ma attraverso un criterio discrezionale, perché discrezionale è quello che il governo introduce quando afferma che le Regioni possono modificare la disciplina di fronte “al rischio di una diffusione del virus”.
Se il primo requisito (la presenza di focolai) appartiene alla sfera dei dati oggettivi, perché il focolaio si manifesta attraverso un numero dato di casi, il rischio è un concetto ad ampia possibilità valutativa.
Quello che per Draghi può non essere un rischio, lo può essere per De Luca.
Ed ecco qua il risultato.

Scrive De Luca: “(…) all’Assessorato regionale alla Scuola sono pervenute plurime segnalazioni, da parte di
Dirigenti scolastici, delle criticità connesse al rispetto della soglia minima di attività in presenza
stabilita per le scuole secondarie superiori dal menzionato art.3 del decreto legge 22 aprile 2021
(70% della popolazione studentesca), tenuto conto della necessità di garantire la contestuale
osservanza dei protocolli di sicurezza vigenti”.

De Luca dice che alla iperfedelissima assessora Lucia Fortini sono pervenute missive che, badate bene, non esporrebbero dei dubbi o dei timori generici, bensì entrerebbero addirittura nel merito tecnico della questione andando a criticare quasi chirurgicamente quella cifra del 70% in quanto questa non garantirebbe la sicurezza. Per cui, al Ministero della Pubblica Istruzione abitano centinaia di imbecilli, mentre i buoni stanno a Napoli.

E ancora, si è solo perso tempo dando la priorità nelle vaccinazioni a tutto il personale scolastico, parte docente e non docente, perché sono De Luca e la Fortini a stabilire se, quando e dove ci si possa infettare.

Va da sé non avendo Casertace grande considerazione per il senso del dovere della maggior parte dei cosiddetti statali, quel che sarebbe arrivato alla Fortini varrebbe meno di zero se il governo, improvvidamente, non avesse regalato questo assist della valutazione discrezionale del rischio che consente a De Luca di considerare rischiosa anche la predizione sulla propagazione del virus fatta da un rabdomante che incrocia due legni alla ricerca di un fluido di ispirazione.

Che dire, in conclusione.

Probabilmente questa cosa passerà in cavalleria perché difficilmente Draghi avrà il tempo, lui e il ministro della Pubblica Istruzione, di incrociare il ferro con quello di De Luca, dato che a differenza del presidente della Regione, il premier e il Ministro non hanno tempo da perdere.

D’altronde, si tratta di una roba da comare zitella: la decurtazione del 20% del limite non mette e non toglie nulla, sostanzialmente, alla concreta struttura del problema.
Questa ordinanza è grave perché c’è un presidente della Regione che si permette il lusso di gigioneggiare, citando altri decreti di questo governo e di quello precedente, di questi ministri e di quelli precedenti e sbugiardando esplicitamente, con tanto di dichiarazione di errore, una fonte del Diritto, che è tale in quanto è stabilita dalla Costituzione Italiana.

Se con un’ordinanza, atto esclusivamente amministrativo, un governatore può sconfessare un decreto legge, affermando in pratica che questo non assorbe tutta la normativa esistente sulla stessa materia, vuol dire che un presidente di Regione può interferire in un processo legislativo solenne e può determinare una alterazione inaccettabile della struttura normativa così come questa dovrebbe arrivare al Parlamento nei tempi previsti.

Che cosa farà il Parlamento a giugno? Convertirà in legge un decreto che il governatore della una delle Regioni più popolose d’Italia ha cambiato unilateralmente?

Roba da neuro.

 

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