LA NOTA. Il Consorzio idrico ora spa, quintessenza delle peggiore politica casertana. De Luca assecondando Zannini è complice dei 60 o 70 milioni spariti con la legge truffa

9 Giugno 2023 - 21:12

Abbiamo preso spunto dall’interrogazione presentata oggi alla Camera dei deputati da Gianpiero Zinzi, per aggiungere, a quelli trattati dal deputato casertano e che appartengono alla stretta attualità della trasformazione da consorzio a spa, altre questioni, rimaste incredibilmente impunite e che fanno di questo ente la punta di lancia dell’enorme struttura di potere che si è ingrassata e continua ad ingrassarsi facendo funzionare benissimo il circuito che connette la spesa pubblica a montagne di assunzioni clientelari e a montagne di appalti e affidamenti attribuiti agli amici e agli amici degli amici.

CASERTA (g.g.) Gianpiero Zinzi si è dovuto limitare, necessariamente, alle vicende del presente stretto, immediato. Cioè a quelle che hanno portato alla trasformazione del Consorzio Idrico Terra di Lavoro in Idrico Terra di Lavora spa, nel momento in cui ha deciso, a nostro avviso giustamente e doverosamente, di interrogare il Governo, per la precisione il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, su alcuni elementi a dir poco dubbi, sospetti, che attribuiscono connotato a questa avventurosissima trasformazione, attraverso la quale, sull’asse Giovanni Zannini (consigliere regionale), Pasquale Di Biasio (presidente del Consorzio Idrico) e Anacleto Colombiano (sindaco di San Marcellino e Presidente dell’Ambito distrettuale di Caserta dell’Ente idrico campano), si vuol creare un enorme centro di potere, visto e considerato che la Legge regionale di riordino del sistema dei rifiuti e delle acque consente alle strutture d’ambito di affidare, senza gara, ad un soggetto pubblico o a totale capitale pubblico, la gestione completa di tutta la filiera idrica, dai cantieri, dai lavori, dalle reti, ecc. ecc.

Un’operazione senza precedenti che Giovanni Zannini ha orchestrato con la disinvoltura di chi sa che non essendo capitato nulla fino ad ora, per quel che riguarda le dinamiche di attivazione di un’eventuale esercizio dell’azione penale da parte della magistratura inquirente, nelle strutture di potere di cui lui è principale dominus, parliamo del Consorzio Idrico, ma anche dell’amministrazione provinciale, dell’Ente d’ambito dei rifiuti, dove ha messo un altro suo fedelissimo, il sindaco di Parete, Gino Pellegrino, della Gisec, governata dall’altro zanninianissimo, il sindaco di San Cipriano d’Aversa, Vincenzo Caterino, delle Comunità montane e di diversi altri enti di gestione di struttura e visibilità più limitate ma con insospettabili possibilità di spesa. Tutto è lecito, tutto si può fare. E, a pensarci bene, il ragionamento di Giovanni Zannini non è sbagliato. Perchè, se non è successo nulla fino ad oggi, prima o anche a seguito dei concorsi-barzelletta banditi e realizzati dall’Asl di Caserta, o per quelli, ancora più inquietanti, banditi e realizzati dall’amministrazione provinciale di Caserta; se le assunzioni senza concorso effettuate al Consorzio idrico, a partire da quella, giusto per citare la più eclatante, di Giovanni Innocenti, uno degli autori del ribaltone orchestrato, al comune di Aversa, dallo stesso Zannini e dal suo sodale e alleatissimo Stefano Graziano, allora è logico – giusto ed equo non lo sappiamo, ma è sicuramente logico -, ritenere che il perimetro della possibilità di azione, di utilizzare una carta bianca di credito illimitato, sia tanto ampio, stazionando all’interno dell’area delle operazione, da non consentire neppure di avvistarne i confini.

Al governatore Vincenzo De Luca, senza il quale questa operazione non si sarebbe mai potuta fare, in quanto bloccabile dal vertice regionale di tutti gli Enti d’ambito provinciale, cioè dall’Ente idrico campano, Eic, i vari Zannini, Di Biasio, mettiamoci anche Magliocca & c., gli hanno detto, non credendoci però fino in fondo, che, stai tranquillo governatore, puoi dormire tra i proverbiali sette cuscini perché, ammesso e non concesso che Ely Schlein arrivi fino ai primi mesi del 2025 ancora al timone del Partito democratico, tu, presidente De Luca, potrai contare, anche se ti dovessi candidare contro il Pd e fuori dal centrosinistra ufficiale, su questa montagna di voti iperclientelari, frutto delle infornate largamente immeritocratiche, avvenute negli ultimi due o tre anni e che coinvolgono anche altri enti e molti Comuni attraverso quel sistema, più volte denunciato da questo giornale, delle graduatorie, strettamente controllate e monitorare in uno, due, massimo tre Comuni di rigorosa osservanza, dove poi gli altri enti locali della filiera zanniniana, se vogliono stare nel sistema, dovranno necessariamente attingere. E De Luca, ci crede pure e siccome è tutt’altro che stupido, ha ben donde di farlo, dato che Zannini ha dimostrato di essere uno che sa rischiare nel momento in cui, nel 2020, è diventato una vera e propria macchina di voti, portandone ben 21mila alla cascina del governatore De Luca, nella lista messa insieme personalmente da quest’ultimo, nella lista che lui ha potuto mostrare al Pd nazionale e a quello campano, come monito di una sua potenziale autosufficienza che potrebbe in ogni momento trasformare da latente a patente.

Zinzi ha dovuto per forza concentrare i contenuti della sua interrogazione, visto che per raccontare la metà di tutto quello che è capitato nel Consorzio idrico negli ultimi sei, sette anni, altro che libro bianco, occorrerebbe una vera e propria enciclopedia di libri bianchi, neri, rossi e turchini.

Quando Zinzi, così come potrete rendervi conto di persona, visto che la sua interrogazione, presentata stamattina in VIII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori pubblici, la pubblichiamo in calce a questo articolo, afferma in premessa che il Consorzio idrico ha accumulato milioni e milioni di debiti, è costretto, per contenere la sua interrogazione nei limiti di estensione testuale consentiti a dare solo un cenno su quella che, per usare un adagio dialettale, mai più attinente come in questo caso, è la vera “chiave dell’acqua”.

Quei debiti sono stati sanati, ma solo in parte, scelleratamente, da una legge approvata dalla Regione Campania targata De Luca, che ha permesso al Consorzio idrico di Caserta di dimezzare, anzi, di dimezzare e anche di più, la mostruosa esposizione debitoria, accumulata con Acqua Campania, in pratica con la genitrice dell’attuale Ente idrico campano. E quella legge è passata senza colpo ferire, come se i soldi della Regione appartenessero a De Luca, come persona fisica, e non in quota parte a tutti i cittadini della Campania. Non si è mai capito per quale motivo la Corte dei Conti , che poi si lamenta e dice che il Governo la taglia fuori e non le permette di fare il fenomeno con il Pnrr, si sia girata dall’altra parte e abbia fatto spallucce. Di questa operazione vergognosa non abbiamo avuto la possibilità neppure di ascoltare una parola di biasimo da parte di un procuratore generale di questa corte o da parte di un titolare dell’azione di controllo contabile a livello regionale, in sede di inaugurazione di un anno giudiziario. Ma, nonostante il regalo, ovviamente elargito sulla pelle dei contribuenti campani, il Consorzio ha conservato almeno 60, 70 milioni di euro di debiti, rispetto ai quali ha firmato a suo tempo un piano di rientro abbastanza impegnativo, da 4, 5 milioni di euro all’anno da corrispondere alla Regione.

Ora, da un ente che in sede di trasformazione – questo forse Zinzi ha dimenticato di mensionarlo nella sua interrogazione – ha annunciato che il proprio patrimonio netto in un solo anno, con una sorta di prodigio che ha fatto ridere o piangere decine di commercialisti con la patente di revisori dei conti di comuni e enti pubblici, ti puoi aspettare di tutto rispetto a questa obbligazione, che ci piacerebbe capire, se fino ad oggi è stata onorata, con pagamenti puntuali, precisi o se, invece, anche questa parte di un debito che, prima della “bonifica”, prima del colpo di spugna della legge regionale, era arrivato, anno 2010, ultimo riferimento preciso da noi conosciuto, alla cifra di  128milioni 960mila 240euro precisi, rischia di finire in cavalleria o, scegliete voi il modo di dire, a tarallucci e vino.

Siccome dal 2010 al momento in cui la legge del colpo di spugna è stata approvata, sono trascorsi un po’ di anni, il regalone di De Luca è partito da una base che, considerando gli interessi passivi maturati deve aver probabilmente doppiato, addirittura quota 150 milioni di euro. Ora, quelle stesse persone che hanno contribuito a tutto ciò, si mettono insieme a De Luca e compiono una trasformazione, da consorzio a spa, già impugnata al Tar da un paio di sindaci di Comuni soci, ma anche da autorevoli aziende, quali l’Italgas, Acquedotti scpa e Ottogas srl che, a partire dal comune capoluogo, dovranno abbandonare la gestione degli impianti e dell’approvvigionamento idrico con le proverbiali mani posizionate una davanti e una di dietro. Se non è questa una forma di potere odioso, antidemocratico, oligarchico, degno delle giunte militari che dominavano in Sudamerica negli anni Settanta e Ottanta, diteci voi che cos’è, così avrebbe cantato Antonello Venditti.

Sarà interessante capire quando il Governo vorrà rispondere a questa interrogazione e quando vorrà, dunque, dire la sua sul meccanismo attraverso cui si è proceduto alla variazione di un capitale sociale che oggi, con la spa, deve essere proporzionato all’enorme crescita del volume di produzione di beni e servizi, legati all’impegno che questa Itl dovrà assumere per tutti i 104 Comuni della provincia di Caserta. E sarà interessante leggere o ascoltare ciò che il Governo risponderà su questo termine strano, anomalo, di soli 5 anni, entro i quali la nuova (si fa per dire) Itl spa potrà gestire il servizio. Strano e anomalo perché di fronte all’ampiezza, all’estensione delle competenze territoriali e dell’impegno che si dovrà profondere, dovranno necessariamente essere attivate dinamiche finanziarie, accedendo, anche pesantemente, al credito bancario. E, siccome le banche non sono enti di beneficenza e non si fidano certo sulla parola, avranno qualcosa da ridire, rispetto ad un esercizio dell’attività e, dunque, anche di tutte le articolazioni di acquisizione di gettito, per le quali la spa, soggetto che materialmente dovrà accedere al credito, potrà sviluppare la sua gestione per soli 5 anni, dopodiché, siccome si tratta di enti politici, chi si è visto si è visto e per una banca il tutto potrebbe trasformarsi in un bagno di sangue. Le altre cose su cui Zinzi chiede al Governo di rispondere, le potete leggere, come già segnalato prima, nel testo integrale dell’interrogazione che pubblichiamo in calce a questo articolo.