LA NOTA MARCIANISE. Il sindaco Antonio Trombetta stia attento alle vertigini dell’elezione diretta. Che scivolone sul rispetto del mandato popolare dello “sceriffo” dopo il caso Pratillo-Riccio

27 Luglio 2023 - 13:32

Di solito capita così: una persona pescata dalla cosiddetta società civile prende più voti dei partiti e dei gruppi che lo sostengono e ritiene, per questo motivo, di poter osare finanche al di là della logica. Ma è meglio lasciar stare il pantheon della Repubblica e Norberto Bobbio perché poi si rischiano brutte figure con una doppia morale da sagra della porchetta

MARCIANISE (G.G.) – Abbiamo scritto, sin dall’inizio di questa consiliatura abbiamo espresso il proposito di modificare, in larga parte, il format del nostro impegno giornalistico sulla piazza di Marcianise.

La sconfitta che si è tradotta in una vera e propria disfatta di Antonello Velardi che non è più sindaco della città, che è stato licenziato per giusta causa da “Il Mattino” e che è stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver truffato i cittadini di Marcianise togliendo dalle loro tasche centinaia di migliaia di euro attraverso una serie impressionante di false attestazioni, tradottesi in permessi di lavoro rimborsati con i soldi del Comune, non può non determinare, da parte nostra, una revisione del formato del nostro impegno giornalistico nel momento in cui tutto quello che abbiamo scritto di Velardi ha trovato pieno riscontro e piena ragione nella sua impossibilità di ricandidarsi, nella sua impossibilità di vedersi riammesso nel suo posto di lavoro da un giudice e nella sua impossibilità di evitare di essere processato in quanto una Procura della Repubblica italiana ritiene che lui abbia rubato soldi ai suoi concittadini.

Intendiamo mantenere il nostro impegno di rimanere ai fatti amministrativi, alla cronache, alle notizie, alla chiamata in causa di tutte le forze politiche rappresentate nel consiglio comunale e anche di quelle eventualmente non rappresentate.

Sono stati anni di fatica improba, sorretti dalla passione e dalla convinzione di condurre una battaglia per tanti anni praticamente solitaria, contro un sindaco e un personaggio pubblico che ritenevamo altamente tossico e che poi si è rivelato in ogni strato della sua essenza nel famoso audio delle minacce, erogate con stile criminale, nei confronti di un esterrefatto G.B. Valentino che, conoscendolo bene, a un certo punto ha deciso di mettere in funzione il registratore.

Oggi la situazione è diversa, nel senso che siamo di fronte ad un quadro caotico, complicato, ma popolato da persone di cui possiamo condividere o anche non condividere le linee di comportamento, ma che ci permettono di recuperare stile e prassi liberale, garantendo a ognuno la possibilità di esprimere ad ognuno il proprio punto di vista.

A volte incrociamo qualche documento, qualche esternazione che attira la nostra attenzione.

Al riguardo è chiaro che tutto ciò che dichiara il neosindaco può e deve essere sempre letto e conosciuto, dato che il pensiero di un primo cittadino è un pensiero che conta per definizione.

Alcuni giorni fa, diciamo una decina, abbiamo incrociato un suo post Facebook, il cui testo sovrasta questo articolo in quanto ne rappresenta lo spunto concettuale.

Prima di entrare nel dettaglio, vi comunichiamo l’impressione, in larga parte evocativa, che ci ha suscitato in termini generali.

Dal 1993 in poi, cioè da quando è entrata in vigore la legge 81 sull’elezione diretta dei sindaci, i partiti e più in generale i movimenti politici, hanno molto spesso cercato di compensare la loro cifra di reputazione molto bassa in quelle che sono la percezione e la convinzione, il più delle volte determinata anche da spinte e pulsioni demagogiche, che i cittadini nutrono nei loro confronti, andando a ravanare nella cosiddetta società civile.

Siccome noi partiti siamo screditati perché, in parte a ragione, e in minima parte forse anche a torto, la gente pensa che la politica sia tutto un magna magna, noi andiamo a casa di uno che la politica non l’ha fatta mai, ma che si è distinto nell’esercizio della sua professione e che risulta essere una brava persona nella già citata percezione pubblica, e stimolando la sua celata o malcelata vanità, lo convinciamo a candidarsi a sindaco.

Lui si organizza, scende in campo e molto probabilmente otterrà un risultato personale ampiamente superiore a quello riportato dai partiti e dai movimenti politici che lo sostengono.

Uscito, però, dall’arena elettorale, dove la sua reputazione è riuscita a coprire quella cattiva dei politici o politicanti di professione, l’uomo o la donna della società civile deve entrare, giocoforza in quella politico amministrativa.

Un luogo in cui i politici o politicanti di professione galleggiano con l’abilità dei delfini in un grande acquario. In pratica le stanze del Comune sono casa loro.

Il neosindaco, inorgoglito dal risultato ma non esperto a sufficienza per padroneggiare giochi e giochini dei professionisti della politica, gonfia il petto e produce una sua narrazione, che il più delle volte crea problemi ai rappresentanti e ai leader delle liste sue alleate.

Il concetto è il seguente: i cittadini hanno votato me, soprattutto me, e non voi.

Per cui se mi seguite bene, altrimenti vi mando al bar tutti quanti e mi ricandido, perché vedrete che la gente starà di nuovo insieme a me.

Rispetto a questo format che negli ultimi 30 anni ha connotato tante storie dei Comuni, come si pone il neosindaco di Marcianise Antonio Trombetta?

Ce lo racconta, un po’ in luce e un po’ in controluce, il post di cui sopra: le prime righe sono una roba tra rivisitazione realmente riveduta e corretta della parabola del figliol prodigo, con trombetta ad interpretare il ruolo di un padre che non accoglie a braccia aperte ma che, arrabbiatissimo, dice ad Antonio Golino, assessore revocato dopo la rivolta del consigliere comunale Giuseppe Tartaglione a lui connesso, relativamente al bando per la scelta del nuovo portavoce.

Il figliol prodigo può essere perdonato, ma il processo riguardante le sue responsabilità e quelle del suo gruppo politico di riferimento, devono diventare un racconto pubblico a cui tutti devono poter assistere.

Insomma, dal padre incavolato del figliol prodigo a Beppe Grillo, che nel 2013 pretende e ottiene che l’allora segretario del Pd Bersani subisca un processo pubblico attraverso lo strumento dello streaming (invocato anche da Tonino Trombetta) conclusosi con un nulla di fatto, dato che il governo poi lo andò a fare Enrico Letta.

Particolarmente interessanti sono le motivazioni espresse da Trombetta a sostegno di questa sua idea del confronto in streaming tra lui, Antonio Golino, Tartaglione e verosimilmente Gerardo Trombetta. La citazione di Norberto Bobbio è decisamente impegnativa, perché il filosofo e politologo piemontese, nel momento in cui afferma: “La democrazia è il potere del pubblico in pubblico”, offre il destro a gente come Beppe Grillo di strumentalizzare un pensiero frutto di una riflessione culturale, di un’analisi storica che partiva dalla democrazia diretta ateniese. In poche parole Trombetta si inerpica lungo un sentiero insidioso.

Ed infatti al primo ostacolo cade. Dopo aver costruito il concetto di una politica ideale (perché i filosofi fanno il loro mestiere e non hanno il problema di leggere machiavelli e Guicciardini un giorno sì e l’altro pure) dopo aver citato impegnativamente Bobbio, Trombetta sceglie le subordinate di questo format e scrive: “(…) Si parla di correttezza istituzionale e fedeltà agli elettori”.

Dal V secolo A.C., dalla democrazia diretta di Atene, saliamo sulla macchina del tempo e arriviamo alle espressioni onomatopeiche del digitalese spinto e commentiamo semplicemente una vocale e due consonanti: Ops!

Per cui, Giuseppe Tartaglione detto lo sceriffo avrebbe tradito il mandato popolare che lo ha collocato all’interno di un’area politica chiamata a sostenere il sindaco Antonio Trombetta, mentre il prode Arcangelo Pratillo, eletto dall’altra parte e dunque titolare di un mandato popolare che per quell’etica a cui fa riferimento Trombetta avrebbe dovuto obbligarlo a sostenere la linea della candidata a sindaco sconfitta Lina Tartaglione fino a fine consiliatura, è un’altra cosa.

Magari nei tanti libri che Norberto Bobbio ha scritto sulla politica, sulla filosofia della politica, sulle dottrine politiche, il sindaco Trombetta troverà qualcosa che faccia rientrare in uno stesso involucro il biasimo espresso nei confronti di Giuseppe Tartaglione per aver tradito il mandato elettorale ricevuto e la praticabilità, l’accettabilità di un atto beceramente trasformista come quello realizzato da Arcangelo Pratillo in combutta con il più grande prestidigitatore del trasformismo Pino Riccio.

Ecco perché i sindaci che hanno ricevuto tanti voti personali devono rimanere coi piedi per terra e devono saper analizzare bene tutti i motivi, diretti e indiretti, per cui quei voti sono arrivati in un dato contesto elettorale, che non è affatto detto si possa ripetere ancora, garantendo al diretto interessato Trombetta di poter parlare alla stregua dei papi, cioè ex cathedra, e dunque promuovendo concetti che etichettare come forme banali, tutto sommato ingenue in quanto troppo esplicite di doppia morale è anche poco.

Se Pratillo non avesse fatto il trasformista, il sindaco Trombetta non sarebbe riuscito a far quadrare il cerchio attorno all’elezione a presidente del consiglio comunale di Antimo Zarrillo, che ha dato equilibrio e contrappeso alla sua maggioranza.

Questo sia detto con il massimo rispetto, rinviando ad una prossima trattazione un altro argomento interessante, che ha a che fare con altre manovre, orchestrate dal più che presente Gabriele Trombetta, ex assessore di Velardi, nipote del sindaco e zanniniano di ferro, attorno a Nicola Russo, entrato in consiglio soprattutto grazie ai voti di G.B. Valentino che, diciamocela tutta, sta ricevendo molte avances per andare a puntellare una maggioranza che non c’è e che sarà condannata solo a sopravvivere da un errore evidente, frutto della presunzione e dell’inesperienza compiuto dal sindaco Trombetta, dai maggiorenti della sua coalizione e di cui scriveremo poi.