La straordinaria storia dell’aviatore MARCIANISANO Antonio Merola. Gabriele D’Annunzio lo definì Grifone d’Italia

18 Aprile 2021 - 08:40

Tratto da Caffè Procope (http://www.marcianise.info/2021/04/la-straordinaria-storia-dellaviatore-marcianisano-antonio-merola-pluridecorato-eroe-di-guerra-idolo-in-argentina-premiato-dal-poeta-gabriele-dannunzio/?fbclid=IwAR0bJdrqkPetPIgGmozns8ebCziWuIecXhPRBMT1kp00t14QPDVwQFPpyLs)

 

 

(di Alessandro Tartaglione)

Sono molto contento di pubblicare la straordinaria storia dell’aviatore marcianisano Antonio Merola, pluridecorato eroe di guerra, che per le sue abilità di pilota fu, all’inizio del secolo scorso, un vero e proprio idolo in Argentina e premiato dal poeta Gabriele D’Annunzio che lo definì Grifone d’Italia. Una storia che era già stata in parte raccontata e che sono riuscito ad approfondire attraverso la preziosa collaborazione di Mena Merola, sua pronipote, che mi ha fornito buona parte del materiale informativo (cimeli, ritagli di giornali italiani ed esteri, attestati e fotografie), ma anche con la collaborazione dell’Archivio di Stato di Caserta, Il Comune di Trieste, l’Arma Aeronautica Italiana e l’archivio digitale de “Il Piccolo di Trieste”.

Antonio Merola nacque a Marcianise il 18 febbraio 1896 da Salvatore e Veneranda Parolise. Terzo figlio maschio di nove figli (di cui il primogenito era Saverio, sindaco di Marcianise e consigliere provinciale, esponente socialista di Terra di Lavoro e partigiano combattente), fu nocchiere della Regia Marina, sottufficiale della Regia Aeronautica e ufficiale dell’Aeronautica Militare Italiana. Aviatore, istruttore di volo, eroe di guerra, pluridecorato al valore militare, si congedò con i gradi di tenente colonnello. Arruolatosi giovanissimo nella Marina Militare Italiana diventerà poco più che 18enne secondo timoniere della torpediniera “Centauro”,

una nave da guerra italiana. Il 14 febbraio del 1916 chiese il passaggio alla scuola di dirigibili presso l’aeroscalo di Campalto (Venezia) e il 27 di marzo dello stesso anno terminò il corso ottenendo il brevetto di pilota di dirigibili. Pilotò, con maestria, il dirigibile M. 6 e nell’Aprile del 1917 portò in volo, come passeggeri, il Re Vittorio Emanuele III e l’ammiraglio Paolo Thaon di Revel fino a Brindisi dove il sovrano voleva recarsi per congratularsi con la squadra di aviatori che alcuni giorni prima avevano bombardato Cattaro. Prese parte ad azioni di bombardamento su Cattaro, Ragusa, Budapest e Vienna, oltre ad azioni su sommergibili nemici nel Mar Adriatico. Chiese ed ottenne di entrare nella scuola per idrovolanti di Taranto il 21 settembre del 1917. Ottenne un primo brevetto il 22 di dicembre dello stesso anno e un secondo brevetto nel gennaio del 1918. Terminato il corso, fu assegnato, nel febbraio del 1919, alla squadriglia idrovolanti di Venezia. Prima come bombardiere e poi come cacciatore, abbatté velivoli nemici nel cielo di Grado e di Pola attraverso straordinarie ed eroiche imprese. Alla fine della Grande Guerra fece parte del contingente che occupò Trieste, Pola e Fiume. Per il suo valore di pilota ebbe varie citazioni sul campo, una medaglia di bronzo (“Ardito pilota di idrovolante da bombardamento prima e da caccia poi, ha eseguito numerose missioni di guerra dimostrando sempre abilità e coraggio” – Alto Adriatico, marzo-novembre 1918) e tre croci di guerra al valore militare.
Per la sua abilità di pilota idrovolantista, nel 1919 fece parte di una missione italiana in Argentina (San Fernando, Buenos Aires) dove oltre ad insegnare ai militari locali a volare, ottenne primati in altezza, omologati, fra cui quello dei 5mila metri. In particolare, il 1 Agosto del 1919, l’allora sergente Merola compì l’impresa di attraversare il Rio de La Plata, partendo da Buenos Aires per raggiungere Montevideo, capitale dell’Uruguay, per poi ritornare nella stessa giornata. Le cronache giornalistiche del tempo parlano che una volta arrivato a Montevideo il locale Club Canottieri volle rifocillarlo con una colazione di benvenuto e un pubblico entusiasta (ormai era divenuto una star e idolo delle donne in Sudamerica per l’ampia eco che la stampa riservava alle sue imprese di volo), lo omaggiò addirittura con un cagnolino che il Merola portò con sé nel viaggio di ritorno. Tornato in Italia nel 1920, fu pilota istruttore alla sezione idrovolanti di Venezia e partecipò a varie competizioni sportive militari, vincendo la Coppa del Re, la Coppa Baracca, e la Coppa del Benaco, indetta, quest’ultima, dal poeta ed eroe nazionale Gabriele D’Annunzio che, per le speciali abilità del Merola, baciandolo sulla fronte, lo appellò “Grifone d’Italia” e “Stregone dell’Aria”. In particolare, la Grande Coppa del Benaco, Antonio Merola la vinse pilotando l’idrovolante M. 7. La gara si tenne nell’estate del 1921 (dal 16 al 25 settembre) a Gardone Riviera (Brescia). D’Annunzio commissionò la realizzazione della coppa all’artista Renato Brozzi utilizzata come premio per le gare di idrovolanti sul lago di Garda. Con la Coppa del Benaco D’Annunzio voleva onorare la memoria dei compagni di volo caduti per la patria, in particolare a Giuseppe Miraglia (1883–1915), morto durante un volo di prova sulla laguna di Venezia (1921). Il meeting prevedeva la partecipazione di canotti automobili (racer e cruiser), di idrovolanti e di idroscivolanti in nove lunghe giornate di gare. Da “La Stampa Sportiva” (2 ottobre 1921) apprendiamo come D’Annunzio ha salutato il vincitore: “Il meeting idroaviatorio del Garda si è chiuso con la vittoria del maresciallo Merola. Il poeta gli ha consegnato la coppa con queste parole: «Questa coppa dedicata alle ali della vittoria marina e innalzata alla memoria di un eroe che in vita assommò le virtù più severe e più potenti dell’aviatore navale, io ho l’onore di offrirla al vittorioso in questa prima gara costituita; e sento che nell’atto una mano di ombra è per tendersi accanto alla mia: quella del mio magnifico compagno caduto alla vigilia di un volo temerario che doveva condurci da Venezia a Zara con un vecchio «Albatros» non armato se non di una pistola Mauser e del nostro amore per i destini d’Italia. «Altre ali, altre armi, altri rombi, altre altezze, altre mete, oggi. «Ci furono età in cui demmo piloti e capitani a tutto il mondo. A tutto il mondo possiamo oggi dare ali e maestri d’ali. E ogni prova ne è una testimonianza certa. E se c’è oggi un’Italia che striscia c’è anche un’Italia alata. E in quella siamo fissi e crediamo. «Ma dopo quattro anni da quella morte, in Zara la santa, in quel tempio rotondo di San Donato che l’edera dei secoli abbraccia, «così morir mi piace», dice l’edera, io vidi una coppa di vetro alessandrino ove era scritto tra due foglie di palma: «Prendi la vittoria!». Mi piace di ripetere qui l’antica parola offrendo al vincitore la coppa di metallo lavorato con una così nobile larghezza da un giovane maestro italiano che per grazia della sorte è qui presente, segno che noi l’onoriamo come il vero donatore. «Prendi la vittoria!». E’ una parola antica che di improvviso si rinnovella in tutti i cuori virili, per cui lo sforzo e il sacrificio sono le sole ragioni di vivere. E’ la parola che noi devoti abbiamo gridato all’Italia smarrita e vacillante sotto la polvere e il fango e il sangue e l’orrore e la bellezza della sua guerra. «Nella notte stellata che faustamente conclude una gara ardimentosa e generosa rinnoviamo il grido: «Compagni! Più del vetro è sonoro il metallo; e questo è di ottima lega».
D’Annunzio, inoltre, scrisse di suo pugno anche una breve lettera al fratello del pilota, Saverio Merola, allora sindaco di Marcianise: “Ill.mo signor Sindaco di Marcianise. Sono con tutti voi nel festeggiare la vittoria del valorosissimo concittadino a cui auguro di conquistare definitivamente la coppa per custodirla nella sua città natale”. Il senso di questa missiva si capisce meglio dalla dedica che D’Annunzio consegnò al pilota il 25 settembre del 1921: “Ad Antonio Merola, al glorioso vincitore della coppa aquilina, con l’augurio che egli la faccia sua in perpetuo per triplice vittoria”.
In seguito Merola divenne istruttore di idrovolanti alla Scuola di Pola (all’epoca italiana e oggi facente parte dell’Istria Croata) dove ebbe come allievi anche illustri figure della famiglia reale italiana. Divenuto ufficiale, durante la seconda guerra mondiale si adoperò presso il Comando della II Zona Aerea Territoriale di Padova, da dove, con incarichi speciali, fu inviato in Africa Orientale. Anche in Africa si distinse per coraggio e bravura nelle numerose missioni affidategli, tanto che fu chiamato al Comando Generale delle operazioni militari. Dopo la resa agli inglesi si ritrovò a dividere la prigionia a Nairobi, in Kenya, con l’allora Vice Re di Etiopia, il generale Amedeo D’Aosta. Nel 1948 torna in Patria riprendendo il suo servizio nei ruoli del Commissariato Aeronautico. Nel settembre del 1957, presso il Circolo Ufficiali dell’Aeroporto di Padova, riceveva, per mano del Generale Giovanni Morbidelli, le insegne della Medaglia Mauriziana per i suoi 50 anni di servizio militare. Si congedò dall’Aeronautica con il grado di Tenente Colonnello. E’ morto il 30 agosto del 1963 a Trieste, divenuta sua seconda patria avendo sposato la triestina Anna Giacomini. I funerali, alla presenza delle più alte rappresentanze civili e militari, si tennero presso la Cappella dell’Ospedale Maggiore di Trieste.