L’ASL DELLE FOLLIE. Cambiano le date di scadenza delle prestazioni in convenzione dei centri privati un mese dopo. Il grande business dei decreti ingiuntivi delle strutture milionarie

26 Giugno 2019 - 19:00

CASERTA (gianluigi guarino) – La necessità di versare lacrime e sangue per bonificare il deficit della sanità campana ha comportato pesanti sacrifici che, va riconosciuto, le strutture private hanno accettato di compiere. E’ chiaro che quando tu, Regione Campania, rivoluzioni il sistema delle convenzioni, confermandole nella forma, ma amputandole nella sostanza, crei una condizione di difficoltà rispetto a chi ha programmato la sua attività imprenditoriale su cifre e numeri diversi.

Una manovra di risanamento come quella attuata dalla Campania ha “buttato” letteralmente “in mezzo alla strada” migliaia di persone, 5 mila secondo una stima del sindacato Aspat. Cinquemila nuovi disoccupati significa almeno 50 mila persone, a questi connessi, per vincolo familiare ed economico, colpite dalla crisi.

Altrettante o addirittura di più sono le persone e i nuclei familiari colpiti nell’indotto di un sistema complesso, il cui funzionamento è consentito dalla messa a punto di ingranaggi particolari, anche di un meccanismo di forniture di qualità e di valore in grado di formare altre aziende, altri fatturati, altro reddito, altro consumo e la catena economica la conoscete bene qual è.

Insomma, la manovra di risanamento che dura da anni, proprio perché colpisce tantissimi poveri cristi, deve non solo essere ma anche apparire equa, giusta, trasparente per risultare quantomeno accettabile.

Il problema è che la parola trasparenza è esattamente il contrario, tipo bianco/nero, luce/oscurità, Tom/Jerry, rispetto alla parola “Asl Caserta“, dove il concetto di trasparenza produce lo stesso effetto che la kriptonyte produceva in Superman.

Chi governa la riduzione delle risorse messe a disposizione dal sistema della sanità privata? Una commissione di esperti? No. Una commissione etica? Da noi, fondamentalmente, un tal Fulvio Marchese, che ci dicono sia un sottoprodotto amministrativo del “trasparentissimo” dirigente Michele Tari. Questo Marchese, dunque, dovrebbe essere uno studioso del diritto e un interprete autentico di tutto quello che il giudice Raffaele Cantone dice quando produce le sue decisioni e le sue circolari da presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione.

Ma l’Asl Caserta ha un marchio di fabbrica, sempre lo stesso e non è certo quello della credibilità e della limpidezza di processi amministrativi.

Come funziona il razionamento delle risorse?

Il signor Marchese, da quando la regione ha scelto la trimestralizzazione del sistema di erogazione dei servizi da parte dei centri privati, spedisce ai laboratori di medicina nucleare, ecc., una letterina con cui, all’inizio di ogni trimestre, scrive che presuntivamente la copertura pubblica delle prestazioni sanitarie terminerà… 

Cose da rabdomante, da stregone. Se uno scrive “presuntivamente” come fa ad individuare un giorno preciso facendolo diventare una spada di Damocle calata sulla testa di migliaia e migliaia di persone che si guadagnano il pane nel settore della medicina privata? E se tu mandi una lettera all’imprenditore privato, in cui da un lato scrivi che quello è un calcolo presuntivo, dall’altro indichi una data precisa, quell’imprenditore cosa deve fare? Secondo noi dovrebbe venire a incendiare l’Asl, perché al di là del discorso della trasparenza, da un comportamento del genere affiora un cinismo, un disinteresse per la vita della povera gente che lascia veramente basiti. Però, siccome la gente deve badare al sodo e non può mettersi a perdere tempo per confezionare bottiglie molotov, la data precisa condiziona, anzi determina, le scelte e l’organizzazione amministrativa della maggior parte delle strutture. Ecco perché, a proposito del cinismo, la sua indicazione andrebbe soppesata in scienza e coscienza, e non buttata lì per essere sputtanata un mese dopo.

Facciamo un esempio, nel settore della radiologia, il signor Marchese ad inizio aprile ha detto che suppergiù, perché la parola “presumibilmente” questo significa, i soldi della regione sarebbero bastati fino al 17 maggio. Suppergiù, caro Marchese, tanto a lei che gliene fotte se poi un imprenditore deve mettere in cassa integrazione in base a questa sua presunzione 4/5 dipendenti e, oltre a questo, suppergiù, dal giorno dopo, il paziente i quattrini deve tirarli fuori davvero e non presumibilmente.

Ciò significa che un centro di radiologia costituito da gente onesta e seria e non da corsari, ha impostato tutta la sua organizzazione in modo da fronteggiare un numero di pazienti e una tipologia di un certo tipo fino alla data indicata dall’Asl.

In poche parole, il 12 maggio, cioè cinque giorni prima della scadenza del suppergiù, il titolare del centro di radiologia, in segno di rispetto nei confronti dei suoi pazienti, ha affisso un grande cartello avvertendo con onestà che dal giorno 18 in poi tutte le prestazioni sarebbero state a pagamento e non più fornite dal Servizio Sanitario Nazionale. Il 17 maggio, lo stesso titolarespstituisce quel cartello con un altro che registra in tempo presente l’operatività delle prestazioni a pagamento.

Trascorre più di un mese e arriva poi il 24 giugno. Mister Suppergiù, detto anche Fulvio Marchese scrive un’altra lettera (sembra una cosa assurda, una barzelletta) e dice che siccome lui ha calcolato meglio, il termine non era più quello del 17 maggio, ma quello del 27 maggio.

Per rendere indolore questa autentica porcheria per tutti quelli che dal 17 maggio al 27 maggio hanno pagato, occorrerebbe arruolare un medico, questo sì all’altezza, direttamente dalla cinematografia di Hollywood, il mitico Doc di “Ritorno al Futuro”, il quale prende la macchina, anzi l’autobus, del tempo, acchiappa i 200 coglioni che hanno pagato il centro di radiologia, mette i fili a terra, fa un bel botto e torna indietro fino alla data del 16 maggio.

Dopodiché i 200 prima passano davanti alla porta del Dg, di Tari e di Marchese, sputandogli solennemente contro e poi tornano al centro a farsi ridare i soldi, perché tutto è cambiato e dunque la storia va riscritta.

Va da sé che stiamo raccontando una roba di fantasia. O meglio, la citazione fantasiosa è quella del film “Ritorno al Futuro”,ma purtroppo è realtà incredibile ed impunita quella di un paese, una regione che permettono queste cose.

Ma, ci si chiede, è mai possibile che questo sistema, applicato dall’Asl Caserta non solo per la Radiologia, ma anche per tanti altri settori di medicina specialistica, sia frutto solamente di una strafottenza, di un’approssimazione amministrativa, di un’incapacità di leggere i dati che, badate bene, quotidianamente, nei tempo in cui le prestazioni sono coperte dal SSN, i centri sono obbligati a trasmettere, precisamente ogni sera, al centro di elaborazione statistico dell’Asl?

C’è gente troppo scafata, navigata negli uffici dell’azienda sanitaria casertana, per essere tutto ciò sia solamente frutto di causalità o di dabbenaggine. Sapete cosa facciamo? Ci informiamo un po’ in giro allo scopo di capire quanti decreti ingiuntivi sono stati presentati nei tribunali italiani negli ultimi tre anni, cioè da quando la Regione Campania ha fatto partire il sistema della trimestralizzazione delle prestazioni sanitarie in convenzione. Scommettiamo che sono decine, decine e ancora decine solo quelle partite da strutture casertane, tra le altre cose, grandi, importanti, poli-specialistiche e con fatturati sontuosi, da 450 mila euro al mese in su?

Scommettiamo che queste lettere schizofreniche dell’Asl Caserta hanno trovato posto nei fascicoli dei ricorsi presentati dagli avvocati di questi centri e che altri avvocati, quelli arruolati dall’Asl, o al limite lo stesso ufficio legale dell’azienda dovrebbero fronteggiare?

E scommettiamo che i giudici, davanti a questa follia, hanno ammesso tanti di questi decreti ingiuntivi motivando il tutto proprio con l’incertezza organizzativa, con l’inefficienza dell’Asl Caserta, plasticamente dimostrate da queste bizzarre comunicazioni?

Se fosse così sarebbe molto grave.

In queste ore si sta muovendo in maniera perentoria il sindacato Aspat, il quale ha diffidato l’Asl affinché non riconosca il pagamento di questi 10 giorni in maniera postume e follemente retroattiva ad alcuni centri di cui adesso vi cominceremo a parlare. Posizione interessante che domani andremo ad approfondire nel dettaglio.

Conclusione: vi immaginate se Benito Mussolini, dal balcone di piazza Venezia, il giorno 10 giugno 1940, avesse detto, in un primo momento, quello che disse realmente, cioè che la dichiarazione di guerra era stata già consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e Francia e poi, nel giugno 1942, a due anni di distanza, ricomparendo sullo stesso balcone, avrebbe detto agli italiani: “Scusate, mi sono sbagliato, quel giorno di due anni fa gli ambasciatori erano usciti a comprare la gratta-checca sul Lungo Tevere e la dichiarazione di guerra l’abbiamo presentata oggi.”

Ad un Mussolini pervaso da un sussulto di tolleranza, il figlio di un soldato morto avrebbe a questo punto domandato: “Duce, ma quindi mio padre e altri 30 mila che sono morti dal 10 giugno ad oggi, resuscitano?”. Risponde il Duce: Vabbé, vai a spaccare il capello”.

Questa storia dell’Asl e delle comunicazioni del signor Suppergiù puzzano da tutte le parti perché, a quanto ci risulta, i centri sanitari privati che presentano i decreti ingiuntivi sono gli stessi che quel cartello di cortesia che avverte i propri pazienti della sospensione della copertura delle prestazioni non l’hanno mai messo. Anzi, al telefono, quelle strutture, quei laboratori rispondono ai pazienti che loro continueranno tranquillamente a far radiografie, risonanze e a fornir prestazioni in maniera totalmente gratuita, tramite convenzione, dato che ci penserà poi mister Pressapoco a creare, non volendo, involontariamente, fino a prova contraria, una situazione che consentirà loro di recuperare a tempo debito, a colpi di decreto ingiuntivo, le prestazioni erogate fuori dal primo termine.

Dire che un fatto del genere lede il principio della concorrenza è poco.

Ecco perché vogliamo fornire uno spunto d’indagine, a noi stessi e a chi di dovere, se lo ritene. Vediamo un po’ quali sono le strutture che presentano decreti ingiuntivi contro l’Asl per recuperare i soldi relativi ai periodi successivi alla sospensione “pressappoco”delle prestazioni in convenzione. E dopo aver verificato la loro identità, chiamiamo un po’ di gente e vediamo se, il 20 maggio, 25 maggio e anche il 4 giugno loro, recandosi a fare una radiografia in uno di questi centri, hanno pagato o meno, perché se non hanno pagato, la notizia di reato, come si suol dire, viene da sé.