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L’ASL DELLE VERGOGNE. Il direttore generale Mario De Biasio revocò l’incarico solo dopo che i Nas entrarono in azione negli uffici DSM di Carizzone, il quale voleva “sistemare” anche la figlia

7 Aprile 2021 - 12:34

Quando il 5 dicembre del 2019 la Procura di Aversa mandò i carabinieri, questo giornale scriveva già da due anni intorno alle malefatte del Dipartimento della Salute Mentale. Eppure il dg non aveva fatto una piega. E allora come non riflettere sull’analisi eccellente compiuta dal gip sulle motivazioni che tenevano insieme l’intera catena del malaffare in un’azienda che a nostro avviso, lo diremo altre 100 volte, andrebbe commissariata o quantomeno rivoltata come un calzino da una commissione d’accesso

 

AVERSA(g.g.) Questo piccolo stralcio dell’ordinanza Asl che pubblichiamo in calce all’articolo, è, a nostro avviso, di fondamentale importanza per la valutazione degli uomini, dei soggetti che hanno gestito per anni e anni la sanità in questa sventuratissima provincia e anche delle dinamiche socio antropologiche che rendono solidissime infrastrutture su cui si regge l’attività del malaffare e della malavita.

Il giorno 5 dicembre 2019, i Nas dei carabinieri, delegati con poteri di polizia giudiziaria, dal pubblico ministero della Procura presso il tribunale di Aversa- Napoli nord Giovanni Corona, si recano in forze negli uffici del Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl di Caserta e probabilmente anche in quelli delle direzioni generali, sanitarie e amministrative. A quel tempo, CasertaCe si occupa già da più di un anno, degli infiniti maneggi di

Luigi Carizzone, direttore del Dipartimento DSM. In proposito, questo giornale aveva già pubblicato fino ad allora almeno una trentina di articoli.

Il signor Mario De Biasio, direttore generale, questi articoli li ha letti. Tutti ma proprio tutti. Ma è uno che appartiene ad una storia, ad una mentalità, ad un’attitudine che non può essere attenta ed effettivamente attiva sui problemi di legalità sollevati da CasertaCe. De Biasio, ma soprattutto quello che rappresenta, è la summa della modalità nefanda con cui è stata amministrata (si fa per dire) la sanità a Caserta e provincia.

Beninteso, non è l’unico. Chi l’aveva preceduto, cioè i vari Menduni, Bottino, Ciccio Testa e chi più ne ha, più ne metta, appartenevano alla stessa corrente di pensiero. Per cui De Biasio liquida sempre con una scrollata di spalle i nostri articoli, confidando fondatamente sul fatto che nel 99% dei casi le inchieste giornalistiche di CasertaCe non hanno prodotto conseguenze per chi ne era toccato. Però, qualche giro dell’impunità può andare pure male e va riconosciuto al pubblico ministero Giovanni Corona e ai Nas dei carabinieri di aver dato un minimo di senso alla nostra azione giornalistica e di aver provocato quantomeno il disappunto in persone come De Biasio che dentro di sè, nella tranquilla e remuneratissima pensione dorata in cui vive oggi, deve quantomeno rimuginare sul fatto che per una volta, almeno per una volta, CasertaCe non gliel’ha fatta buona. A lui e a tutti i discepoli della stessa scuola di pensiero.

Il 5 dicembre, dunque, i protagonisti del malaffare della sanità casertana venivano a conoscenza del fatto che una pesante indagine della procura della repubblica era in atto e per di più, connotata con il segno marcato di una già evidente cognizione di causa.

Tenete presente quel proverbio sui topi che scappano quando la neve affonda? La metafora non è abusata per descrivere quello che succede in quei giorni all’Asl. Luigi Carizzone che già aveva utilizzato tutte le proroghe del mondo per rimanere in servizio anche al di la dei 65 anni già varcati da un pezzo, visto che all’alba del 2020 andava per i 69, fa domanda per andare in pensione il giorno 3 gennaio. Il signor De Biasio, il furbo, quello che insieme alle Iene di Italia uno dovemmo inseguire per giorni e giorni perchè si sottraeva ad un’intervista, a delle domande, come fanno solo quelli che hanno qualcosa da nascondere, scriveva 2 gennaio, cioè 24 ore prima della richiesta di pensionamento formulata da Carizzone, una lettera formale in cui gli revocato l’incarico di capo di Dipartimento, “alla luce – così scriveva De Biasio – delle numerose contestazioni rilevate a suo carico.

Allora, noi non sappiamo se i carabinieri dei Nas che acquisirono la documentazione, si presentarono anche con un decreto di perquisizione a carico di Carizzone. Non sappiamo se il suo ufficio fu dunque visitato con questi poteri che implicano, com’è noto ai nostri lettori, da noi molto ben abituati nell’esplicazione dei fondamenti della procedura penale, come informazione di garanzia. Non lo sappiamo e quindi non possiamo neppure valutare su qualche base De Biasio facesse riferimento alle “numerose contestazioni rilevate a suo carico“.

Di quali contestazioni parlava il Direttore generale? Fino a prova contraria, quella era solamente una acquisizione di atti amministrativi, come tante altre ce n’erano state all’Asl. Comunque, al di la di questo, due anni di lavoro di CasertaCe e i reiterati appelli da noi formulati all’indirizzo del signor De Biasio, non avevano determinato, fino ad allora, nulla, nemmeno una seria inchiesta interna. Dunque, ritenere che De Biasio fosse in qualche modo spettatore inerme, per motivi ignoti o anche qualcosa di più di spettatore inerme, non rappresenta un abuso valutativo di fatti e circostanze evidenti nella loro forte portata di oggettività.

Perchè ad esempio De Biasio non ha prodotto la revoca di Carizzone il 15 dicembre o il 20 dicembre, ma ha aspettato il primo giorno lavorativo (si fa per dire) dell’anno manco a dirlo antecedente di sole 24 ore quello in cui Carizzone ha chiesto l’immediato pensionamento. Dal 5 dicembre era trascorso un mese. Perchè, allora, dobbiamo porci il problema di un eccesso di interpretazione se riteniamo che questo processo di tipo amministrativo sia stato concordato tra i due ma anche in funzione della necessità del Carizzone di andare in pensione nell’anno 2020 e non nel 2019?

Comunque, la sua azione del 2 gennaio, ritornando alla valutazione generale, è solo frutto dell’arrivo dei Nas del 5 dicembre. In quel momento preciso, capì, in sincrono con Carizzone, che il verminaio del DSM era stato scoperchiato. Prima, pur assistendo a tutto quello a cui aveva assistito sull’appalto alla Misericordia, frutto di una consistente presenza nel meccanismo di Francesco Della Ventura, uomo del DSM a cui lui aveva stretto anche la mano, proprio nelle giornate in cui quell’appalto si stava chiudendo, e poi anche i tanti altri affidamenti diretti per lavori di ogni genere, nulla aveva mai fatto.

Al riguardo ricordiamo che in questa ordinanza la gip Maria Gabriella Iagulli ha declinato il senso più profondo delle relazioni criminali tra i vari anelli di una catena, tenuti uniti, non dalla fraternità, non dall’amicizia, ma da un vincolo di reciproca e cointeressata omertà. Ognuno, scrive la gip, rubava nel suo settore; ognuno sapeva delle ruberie degli altri come gli altri sapevano delle proprie ruberie. Ed era questo a tenere insieme i rapporti tra persone che, essendo quello che erano, non appartenevano certo alla categoria degli individui emotivamente portati ai rapporti disinteressati o addirittura di tipo spirituale.

E se questo meccanismo esisteva, come effettivamente esisteva, nell’ambito del super dipartimento della Salute Mentale, perchè ora, proprio in funzione dell’illuminante interpretazione offerta dal gip, dobbiamo escludere a priori che questo sistema criminal-omertoso continuasse anche al di fuori del perimetro DSM, andando ad investire, a coinvolgere anche le aree della direzione strategica, unica depositaria dei poteri di controllo e di determinazione su affari importantissimi, qual era ad esempio la gara per il 118 e diciamocela tutta, anche i rapporti con un Michele Schiavone, non un pinco palla qualsiasi ma uno che grazie alle convenzioni e allo stabile, duraturo e fertile rapporto impuro con il settore pubblico, con la Regione Campania e le sue derivate, aveva costruito un impero economico, tale da rendere poco credibile che potesse essere il solo Carizzone ad interloquire con lui?

Detto questo, un ultimo passaggio: non c’eravamo accorti fino ad oggi che il Carizzone aveva, a sua volta (c’era una delle prime telenovelas della storia della tv, si chiamava “Anche i ricchi piangono“), una figlia da “sistemare”. Manco a dirlo, un psicologa. Naturalmente, Carizzone non si accontentava di una chiamata, ovviamente taroccata come tantissime altre, da parte dell’Asl, per sua figlia. Voleva anche collocarla in un posto tranquillo.

Per cui chiedeva al telefono, ad un interlocutore rimasto sconosciuto, che non fosse inviata all’interno di un carcere, non accontentandosi delle parole della persona con cui parlava, il quale gli spiegava la circostanza che “sul territorio nessun direttore fa la richiesta per psichiatri e psicologi (negli uffici, n.d.r.), tutti nel carcere..”.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA