L’EDITORIALE. De Cristofaro si consegna a Stabile. La città che ha lo stesso sangue di Federico II sarà governata da Giggino “la polpetta”

26 Aprile 2019 - 10:55

di Gianluigi Guarino

E’ finita come doveva finire. Probabilmente Enrico De Cristofaro si illude anche di aver deciso lui di piegarsi ai voleri di Giggino a purpetta, al secolo Luigi Cesaro, vero candidato sindaco ombra della coalizione che fa capo a Peppe Stabile.

In realtà, non è così. Quei pochi che gli erano rimasti, tipo Di Grazia, hanno detto chiaro e tondo a De Cristofaro che non l’avrebbero seguito eventualmente quest’ultimo avesse mantenuto il proposito di candidarsi a sindaco, perchè loro (e quando mai hanno detto e fatto il contrario) non corrono per perdere; perchè loro, aggiungiamo noi, la politica la fanno per raggiungere ogni giorno piccoli e grandi tornaconti personali, altrimenti non vedrebbero, come invece vedono, come il fumo negli occhi, l’ipotesi di girare, per una volta, anche nei banchi dell’opposizione, dove, se vuoi avere visibilità, devi combattere per la città, per la comunità.

Nelle foto, da sx, Stefano Di Grazia, Armando Cesaro e Massimo Grimaldi

E dunque alla fine De Cristofaro ha dovuto abbozzare, ricevendo la promessa della nomina a vice sindaco del figlio Orlando. Beninteso, questo accordo dovrebbe essere formalmente sancito (almeno questo pensiamo che i due Decri l’abbiano chiesto) da una dichiarazione ufficiale o da una conferenza stampa di Stabile. Naturalmente finirà che Di Grazia e gli altri che con Stabile sarebbero passati qualora De Cristofaro non si fosse accordato, entreranno in consiglio e stando lì faranno i fatti loro ben guardandosi dall’esprimere un appoggio vincolante, estremo, reale al figlio di De Cristofaro, nel caso in cui questi ricevesse, veramente, la nomina a vice sindaco, con la conseguenza che junior perderà la sua poltrona al primo stormir di foglie.

Comunque, candidati a sindaco dell’area del centrodestra pessimi e fondamentalmente sotto tutela. Il Gianluca Golia (CLICCA QUI PER LEGGERE IL NOSTRO ARTICOLO) sembra Alice nel paese delle meraviglie e non ha ancora capito bene dove si trova e a che funzione si è candidato. Con la seconda coalizione pseudo moderata, Aversa rischia veramente grosso, perchè i Cesaro, nonostante due fratelli in galera per anni e oggi ai domiciliari fuori regione, sembrano, incredibilmente (ma non per noi, come tra poco vi spiegheremo), aver acquisito, proprio nel bel mezzo della tempesta giudiziaria, un rinnovato vigore e allungano i loro tentacoli, in maniera che mai in passato era stata così diretta ed esplicita, sulla politica della provincia di Caserta e, in particolare su quella di Aversa, luogo dove i Cesaro hanno sempre sviluppato, come dimostra il processo per il Pip di Lusciano, le loro attività, diciamo così, imprenditoriali.

Ma questi qua non hanno paura della legge, della magistratura che sta processando due volte Aniello e Raffaele e una volta lo stesso Giggino e suo figlio Armandone per voto di scambio, in due casi su tre, proprio nelle aule del tribunale di Aversa?

Il discorso sarebbe lungo e investirebbe categorie di valutazione anche delicate, che hanno a che fare con il senso della vita così come avvertito da certe persone che non saprebbero costruirsi un’esistenza diversa. Giggino la polpetta e il figlio Armando, se non saranno, infatti, costretti manu militari a lasciare la politica, non lo faranno mai, nemmeno con i carabinieri che bussano ripetutamente alla loro porta. Questo atteggiamento, di tipo antropologico, rende estraneo, impalpabile a Luigi e ad Armando Cesaro, quell’interrogativo sullo sprezzo nutrito di fronte alla incombenza giudiziaria. Un quesito, una preoccupazione, che sarebbero normali invece se si ragiona su una categoria di persone con una mentalità minimamente votata alla legalità.

Per cui, politicamente parlando, il sistema dei Cesaro tenta un colpo di coda clamoroso, perchè, come già accennato prima, mai in passato era successo, come sta, invece, capitando in questa occasione, che Giggino la polpetta mettesse a disposizione la sua influenza, pretendendo e ottenendo un preciso candidato a sindaco, il quale, come scrivevamo un mese fa (CLICCA QUI PER LEGGERE IL NOSTRO ARTICOLO) aveva osservato l’ortodossia di un rito, certo non solo politico, di recarsi a Sant’Antimo e, mettendosi a disposizione, chiedere a Cesaro la candidatura a sindaco ad Aversa.

Il dente affilato dei Cesaro si unisce a quello costituito da un formidabile sistema clientelare che fa perno su Salvatore Stabile, fratello del candidato sindaco e sulla Fials, di cui è dominus assoluto, strutturata come una vera e propria organizzazione feudale, con figli, nuore, cognati, nipoti tutti assunti in quella stessa asl che la Fials condiziona e sindacalmente ricatta ai tavoli delle trattative.

Capite bene quale piano inesorabilmente inclinato abbia imboccato Aversa in questi giorni. Inesorabile perchè purtroppo le alternative sono pressoché inesistenti. Di Gianluca Golia, abbiamo già detto e scritto. Dall’altra parte, il centrosinistra presenta un altro Golia, cioè Alfonso, il quale, forse, preso singolarmente sarebbe il meno peggio di tutti ma è comunque frutto di un compromesso tra i maggiorenti del Pd, tra cui va annoverato il nome di quello Stefano Graziano che, attraverso l’Asi e attraverso tanti meccanismi di cui poi scriveremo nei prossimi giorni, non si mostra lontano dal modello politico promosso da Giggino la polpetta, il quale, d’altronde è stato suo decisivo partner nel patto scellerato che ha condotto, a suo tempo, all’ascesa, ai vertici Asi, di Raffaela Pignetti, in pratica, una controfigura politica e imprenditoriale di Graziano e di Rino Della Gatta, alla presidenza del consorzio delle aree industriali.

Insomma, dalla padella alla brace. Anche se, va detto, la candidatura di Stabile è un padellone che somiglia alle graticole con cui venivano arrostiti vivi i cristiani, come, per giunta, ben sanno ad Aversa, dove la venerazione di San Lorenzo Martire è viva e sentita. La candidatura di Stabile rappresenta insomma, il punto di massima caduta culturale (e fin qui, anche le altre non scherzano) ma soprattutto morale dell’identità di una città, che umilia la sua storia, la sua derivazione normanna, la quale ricordiamo, per metà, attraverso uno spettacolare parto pubblico nella piazza di Jesi, dette vita alla grande, forse immensa esperienza politica e culturale di Federico II.

Aversa, in una sorta di nemesi storica, di vendetta reazionaria di tipo contro culturale, si consegnando a soggetti, che non solo sono estranei al tessuto genetico aversano, ma che attraverso questo tentativo di colonizzazione (Aversa frazione di Sant’Antimo), vogliono reimpiantare un sistema che soprattutto l’ultimo Sagliocco, non a caso odiato da Giggino la polpetta, aveva cominciato a sbrecciare.