MADDALONI. Giovanni Sergio, dal “lapariello” di una famiglia laboriosa del mercato, al traffico internazionale di stupefacenti insieme ai Manzi e ai Lo Russo
11 Dicembre 2018 - 09:52
MADDALONI – Giovanni Sergio, coinvolto e arrestato nella clamorosa operazione anti droga, realizzata dalla Dia e che ha portato al sequestro di più di 3 quintali di hashish nascosti in un’intercapedine-doppio fondo di un tir vicino al serbatoio, è un maddalonese che ha operato, personalmente, soprattutto nel nolano, avvicinandosi ad un’area imprenditoriale, quella dei Manzi, titolare del famoso ristorante sequestrato nell’operazione di ieri e svolgendo un ruolo importante nel traffico internazionale di stupefacenti, cocaina e hashish, messo a fuoco e sgominato nell’ordinanza di ieri.
Giovanni Sergio non è un maddalonese sconosciuto. Da qualche tempo in carcere per altri reati sempre connessi al traffico di droga, ha una famiglia che opera nel settore del commercio agroalimentare, nel nucleo di quel mercato della frutta e della verdura che ancora oggi rappresenta, nonostante tutto, uno dei punti più fiorenti dell’economia locale.
Anche Giovanni Sergio aveva tentato di associarsi alla filiera familiare. O meglio sarebbe dire che i familiari avevano tentato di farlo lavorare con loro. Ma il miraggio dei facili e cospicui guadagni, garantiti dalla droga, lo ha portato a compiere scelte diverse, che ora paga con una detenzione, la quale, anche in considerazione dell’ordinanza di ieri, nella quale c’è la contestazione dell’articolo 7, potrebbe allungarsi e non di poco, già nella sua esplicitazione cautelare.
QUI SOTTO IL COMUNICATO DELLA DIA
In data odierna militari della Sezione Mobile del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Avellino, unitamente alla Direzione Investigativa Antimafia di Napoli, hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere – emessa dal GIP presso il Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia napoletana – a carico di 17 persone in ordine ai reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti e di importazione di quantità anche ingenti di sostanze del tipo cocaina ed hashish.
Secondo la ricostruzione accusatoria accolta dal GIP, a capo del sodalizio criminale è posto l’imprenditore nolano MANZI Armando, attivo nel settore della ristorazione finalizzata alla celebrazione di cerimonie, affiancato dal figlio Oreste e da una schiera di collaboratori, in grado di importare dalla Spagna considerevoli partite di stupefacente destinate al mercato delle province di Napoli e Avellino.
Con riguardo al traffico di stupefacenti nel corso delle indagini era stato operato il sequestro complessivo di kg 323,00 di hashish, per un valore pari ad €uro 3.230.000,00, abilmente occultato in apposito doppio-fondo creato ad hoc all’interno di uno dei serbatoi di carburante di un autoarticolato.
L’attività di indagine ha permesso di accertare altresì che i membri apicali del sodalizio hanno intrattenuto per alcuni anni legami con esponenti di vertice del clan metropolitano dei LO RUSSO, in particolare agevolando fra il 2012 ed il 2014 la latitanza del capo clan – ora collaboratore di giustizia – LO RUSSO Antonio, ed in particolare ospitando LO RUSSO nelle zone di Roccarainola, Comiziano e Sperone e gestendo unitamente ad appartenenti del predetto clan importazioni di stupefacente dell’estero.
In data odierna è stata data altresì esecuzione ad un decreto, emesso dal medesimo GIP e sempre su richiesta della DDA, di sequestro preventivo della struttura ricettiva per cerimonie denominata VILLA MANZI, sita in Roccarainola, e delle quote della società proprietaria della stessa, tuttora riconducibili alla titolarità e gestione effettiva del MANZI pur se formalmente intestate, in virtù della ricostruzione accusatoria recepita dal Giudice, attraverso alcune operazioni negoziali fittizie, a soggetti prestanome; si tratta della medesima struttura ricettiva che, nel corso delle indagini, era emersa come utilizzata come base per alcune operazioni di ricezione e stoccaggio di partite ingenti di stupefacenti, per lo svolgimento di riunioni fra gli associati ed anche per appoggio logistico alla latitanza del capo clan LO RUSSO Antonio.