MARCIANISE. MATTINO STYLE: “Delinquenti, mosche sulla cacca, imbecilli”. Così Velardi valuta il nostro lavoro

20 Dicembre 2018 - 13:43

MARCIANISE – Sentivamo un po’ la mancanza del Velardi-pensiero, che esprime concetti profondi sugli articoli di giornale che non gli garbano.

Va detto che stavolta è tornato in piena forma, a partire dalla viltà, che è un suo marchio di fabbrica, che lo porta a ritenere che il sottoscritto vada perdendo tempo a querelarlo qualora declinasse il mio nome, come se io avessi bisogno di andare a piangere come i bambini da un giudice per farmi difendere e non possedessi strumenti logici, cognitivi, culturali (peraltro non bisogna impegnarsi granché di fronte all’alato pensiero del sindaco) per rispondere al nulla totale, che dobbiamo rendere oggetto di una nostra trattazione solo perché, a coronamento, a sublimazione del precipizio morale di questa terra, a questo qua lo hanno fatto, pardon eletto, sindaco.

“Mi stanno infastidendo come mosche sulla cacca”/”ciucci matricolati”/”imbecilli”/”ogni tanto qualcuno di questi delinquenti si alza e si erge pure a paladino della legalità!”

Questa bella insalata russa natalizia, naturalmente alimenta estri che mettono sotto stress “lo sciacquone” che dovremmo tirarci, in una acrobazia da veri contorsionisti mentre teniamo la testa nel water.

Questa serie di parole va liquidata con due sillabe: perché?

A differenza di Velardi noi non soffriamo particolarmente l’insulto perché facciamo un giornalismo vero, del tutto estraneo alla vita, all’educazione che l’ha ispirata, alla visione di questa professione definitasi nella testa di Velardi quale strumento per raggiungere obiettivi esclusivamente materiali e antitetici a quelli di chi “si erge a paladino della legalità”.

Dunque, se ora ci mettiamo a rimbeccare l’insulto con altri insulti, perdiamo solo tempo, perché l’insulto, tutto sommato, è l’espressione di un’emozione veloce, usa e getta, effimera.

Inutile.

I nostri articoli, a partire dai due che abbiamo scritto sulla vicenda del concorso a cui ha partecipato il figlio di Biagino Tartaglione, partono sempre dalla costruzione concettuale posta al servizio di una valutazione finale.

Non vogliamo certamente metterci a discutere con uno che queste cose non le sa dell’origine storico-culturale della nostra espressione di pensiero.

Un pensiero, appunto, un opinione contestabile e confutabile con altri pensieri e altre opinioni esposte, però, con lo stesso approccio, attraverso uno sforzo di contestazione logica, strutturale, di quello che Casertace scrive e che non si condivide.

Questa si chiama civiltà, democrazia. Questo si è chiamato Illuminismo, si è chiamato Umanesimo. Ciò ha rappresentato il cemento degli ordinamenti istituzionali, dei pesi e dei contrappesi.

Il problema, dunque, è uno solo. Cosa c’entra la contestazione, del tutto legittima, di un articolo pubblicato da Casertace e, ci dispiace per Velardi, letto da migliaia di persone, con le mosche sulla cacca, con lo sciacquone, con i ciucci e con l’imbecillità?

Se Velardi ci dimostra con gli argomenti della civiltà del pensiero umano che noi siamo delle merde, che dovremmo mettere “a capa dint’o cesso”, che siamo dei non-giornalisti mentre lui invece lo è, che siamo dei delinquenti, allora formuliamo una promessa solenne: siamo pronti a riconoscere l’inconfutabilità delle motivazioni di tutti questi complimenti, facendoci carico noi della responsabilità di un insulto meritato e strutturalmente dimostrato.

Però aspettiamo da due anni e mezzo e finora non abbiamo letto una sillaba di autentica confutazione se non un linguaggio che i benpensanti definirebbero da Suburra e qualche comica esternazione come quella di oggi sul “mi stanno dando fastidio”, qualcosa che mette insieme Nerone, Amin Dada, Hitler, un sultano dell’Impero Ottomano e un cowboy incazzato delle praterie dell’occidente americano.

Risponda, sindaco, se ne ha le capacità e la qualità.

 

G.G.