MARCIANISE. Ecco come il sindaco Velardi cercò di controllare gli indagati delle firme false, appiccicandogli avvocati della sua scuderia. La prova in una frase di Onofrio Tartaglione

31 Marzo 2021 - 21:16

MARCIANISE(g.g.) Le donne, o almeno la maggior parte di loro, hanno una marcia in più rispetto a noi maschi. Intellettivamente parlando. Valutiamo a riguardo la telefonata intercettata, tra una dipendente del comune di Marcianise, Foggia, e una certa Anna. Il sottoscritto che sulla vicenda delle firme false della lista” Orgoglio Marcianise” ha scritto non meno di 80 articoli, vivisezionando la questione non possiede la marcia in più che invece in tutta evidenza l’impiegata Foggia e la sua interlocutrice mostrano di avere. In tre minuti di conversazione danno, infatti, un quadro esaustivo della vergognosa vicenda che coinvolgeva la prima delle due, al tempo indagata tra poco imputata, per aver messo una firma che qualcuno le aveva detto, o meglio, ordinato di mettere. E lo raccontano dimostrando di avere il dono della sintesi e cioè l’intelligenza primaria che  per esempio il sottoscritto non possiede avendo bisogno di ragionare a lungo sulle cose per ritenere di averle spiegate bene alle persone che leggono gli articoli di questo giornale.

L’impiegata Foggia e la sua interlocutrice fanno capire in più di un occasione quello che CasertaC’è sostiene da sempre e cioè che una schiera di fessi ha finito per pagare le conseguenze per essersi fatti utilizzare da un gruppetto di furbi. La Foggia lo dice chiaramente  e lo argomenta anche meglio: il sindaco Velardi non poteva non sapere come erano state prese le firme della lista civica a Lui più vicina, a Lui direttamente riconducibile.

E veniamo al passo cruciale. Sempre la signora Foggia afferma testualmente: “Ma quella sarà la linea di difesa. Perciò quando il segretario mi ha risposto così l’ho mandato a fanculo. Ho detto “dottore voi lo state facendo di proposito o veramente? Ma che me ne fotte di Velardi! Fatemi capire. Che me ne importa dell’avvocato Velardi”.

Il segretario comunale di cui  parla è Onofrio Tartaglione; l’avvocato di Velardi è, invece, Gabriele Amodio, oggi assessore comunale al bilancio. A nostro avviso quello che afferma l’impiegata Foggia attesta la piena consapevolezza da parte del sindaco di quello che era successo con le firme.  Ma ancor di più attesta l ‘esistenza di un timore da parte sua che lo induceva a utilizzare il segretario comunale al tempo suo braccio armato per convincere gli indagati, nel caso specifico l’impiegata Foggia, a scegliere per la propria difesa l ‘avvocato di Velardi, cioè Gabriele Amodio o qualcuno da questi indicato.

L’impiegata ha, dunque, capito tutto; ha capito che esiste un piano per controllare e uniformare le linee difensive dei vari indagati. E avendo capito che ciò avrebbe comportato un ulteriore aggravamento della loro posizione giudiziaria, liquida la cosa così come leggete dall’intercettazione.

Velardi non poteva non sapere. Ma a questo punto la famosa deduzione logica che fece inorridire i garantisti al tempo di tangentopoli, viene superata da fatti oggettivi e non deduttivi. Onofrio Tartaglione parlava solo e solamente se Velardi lo autorizzava a farlo. Questo in ogni circostanza e in ogni contesto.

Dunque il regista dell’operazione finalizzata a perequare le linee difensive degli indagati non può che avere il suo nome e il suo cognome.

QUI SOTTO LO STRALCIO DELLE INTERCETTAZIONI