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MARCIANISE. Ecco perchè il sindaco Velardi non può chiudere alle 14 bar, ristoranti e pizzerie. Follia tabacchi. Che coincidenza sulla scorta

22 Marzo 2021 - 13:04

Magari si può riesumare Anonymous. La sgangheratissima esternazione di ieri pomeriggio, probabilmente basata su una raccomandazione, peraltro già demolita e autocensurata, del direttore generale dell’Asl di Caserta Ferdinando Russo, è troppo una boiata per non contenere in sé il significato principale della provocazione anche perché la coincidenza con la notifica dell’inizio della procedura per privarlo di una inutile protezione, fa pensare. IN CALCE ALL’ARTICOLO, IL POST PUBBLICATO IERI DAL SINDACO

 

MARCIANISE (Gianluigi Guarino) – Se il sindaco Antonello Velardi ha un attimo di pazienza e non si agita, gliela apparecchiamo noi la tavola per dare smalto alla sua ennesima rappresentazione di arte varia che, casualmente, si fa per dire, esprime le sue prime manifestazioni nel momento in cui il Ministero degli Interni che s’è pure stufato di buttar via soldi, centinaia e centinaia di migliaia di euro, per finanziare sontuosamente la sua scorta, si avvia a revocargliela ancora una volta dopo il tentativo non andato a buon fine qualche tempo fa, avendo aperto, proprio in questi giorni, una procedura connotata dalla grande attenzione ad evitare gli errori che offrirono il destro a Velardi per presentare un ricorso al Tar, vinto, in effetti, per un difetto di notifica, perchè il Ministero, attraverso la Prefettura, non lo informò ufficialmente sull’innesco della procedura finalizzata alla citata revoca.

Ora, avendo incrociato le prime parole, le prime espressioni di un canovaccio da noi ormai ben conosciuto, diventa anche difficile mettere insieme il naturale atteggiamento verso azioni di questo genere che, dopo gli anni dello sconcerto, dell’indignazione, stampano oggi, a differenza di ieri, sulla nostra bocca un sorriso divertito e sicuramente sardonico, con il fatto, il dato di fatto che il protagonista di questi atteggiamenti, di queste parole, di questi annunci, sia comunque un sindaco di una città importante, la terza per popolazione, la prima della provincia di Caserta per apparato produttivo, per presenza di industrie della manifattura e dei servizi più o meno avanzati.

Eppure è così. Nella storia, tutto sommato, anche recente del nostro paese, ci sono state persone che hanno ricoperto la carica di sindaco, custodendo in sé i geni di una creatività inconsapevolmente legata alla sfera dell’irrazionale.

Ricordiamo ad esempio, negli anni 90, l’allora famosissimo primo cittadino di Taranto Giancarlo Cito, il sindaco dei manganelli consegnati in dotazione ai vigili urbani e delle ronde notturne e diurne da lui stesso comandate; o un altro mito della fascia tricolore, il sindaco di Aulla, Lucio Barani, che divenne anche deputato e che dopo aver posizionato cartelli di benvenuto con scritto “comune dedipietrizzato”, in riferimento all’apripista di Mani Pulite che Barani considerava il persecutore di Craxi, a cui intitolò una piazza del suo comune, amputando piazza Gramsci, e dei Socialisti, cioè del partito a cui Barani apparteneva e a cui ha continuato ad appartenere, candidò il proprio comune in provincia di Massa Carrara, alle Olimpiadi, per poi aprire anche un ufficio comunale contro il malocchio.

Giancarlo Cito, una buonissima fine non l’ha fatta anche se il figlio Mario, qualche anno fa, sfidò al ballottaggio un altro soggettone mica da poco, Stefano Ippazio, che la fascia la indossò sui pantaloni in cui tranquillamente riponeva una pistola contro ogni evenienza in quella Taranto considerata parimenti ad altre consorelle del Meridione, ad altissimo rischio criminalità.

Barani, invece, è la dimostrazione che il fatto di dire e fare scemenze, di dire e fare stupidaggini, di diventare un comico travestito da politico, non ti porta in Italia a dover abbandonare le funzioni istituzionali, naturalmente in via democratica, ma può addirittura segnare il tuo successo, nel momento in cui riesci a interpretare sentimenti della cosiddetta pancia dei tuoi concittadini, che magari uno che ha studiato seriamente almeno fino alla terza media (seriamente, ripetiamo) non riesce a capire ed è portato a sottovalutare, come spesso rischiamo di fare noi, insieme ad altri, con le uscite, apparentemente assurde, di Antonello Velardi.

Cosa scrive questi ieri sera? Scrive che lui è pronto ad una stretta solo marcianisana. E’ pronto a chiudere tutti i bar, le pasticcerie, i ristoranti, le pizzerie e i tabacchi alle 14. Per i negozi di alimentari “stiamo valutando cosa fare”. Allora, uno che segue mediamente, ma anche in maniera non approfondita i telegiornali, le breaking news e il loro profluvio su covid e dintorni, sa bene che un sindaco non può assolutamente incidere sui tratti fondamentali dei protocolli che connotano la ripartizione delle aree del paese attraverso il discrimine, indicato dal colore, del livello di criticità dell’emergenza sanitaria.

Ovviamente,  siccome la provincia di Caserta accoglie tutti gli amministrativamente incapaci come vero e proprio refugium peccatorum, Velardi ha pensato di fare ciò che scelleratamente ha già fatto il sindaco di Macerata Campania Cioffi, il quale ha varato il provvedimento di chiusura anticipata, basandosi – roba da pazzi – su una “raccomandazione” (sic!) del direttore generale dell’Asl che il 2 marzo scorso si svegliò una mattina e disse che 27 comuni della provincia erano diventati zona rossa, altri 2 zona arancione scuro, guadagnandosi lo spernacchiamento di tanti, dopo che noi avevamo aperto la strada qualche minuto dopo la pubblicazione di questa notizia, accolta tra il serio e il faceto da qualche sindaco un po’ più avveduto, subito affrettatosi a dire che quella roba lì non produceva alcuna conseguenza giuridica.

In realtà, i sindaci potevano sovrapporre le loro chiusure alle restrizioni del governo prima, cioè quando la struttura delle regole e dei divieti scaturiva soprattutto da Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o da ordinanze del Ministero della Salute, entrambi atti amministrativi e non legislativi, e non lo possono, né lo potranno fare, a maggior ragione, oggi, nel momento in cui il nuovo governo è rientrato nella legalità costituzionale, ridefinendo e riordinando il quadro delle misure all’interno di un decreto legge, quello varato la settimana scorsa, e che dovrà essere convertito in legge dello Stato dal Parlamento entro 60 giorni dalla sua firma, pena la sua decadenza.

Al momento, l’unica deroga reale alla potestà esclusiva del governo e del Parlamento in materia di misure anti covid, è rappresentata dalla possibilità, offerta già un anno fa, in sede di prima ondata dell’epidemia, ai presidenti delle Regioni, la possibilità di varare delle misure più severe, rispetto a quelle strutturate dal governo nei cluster definiti zona rossa, zona arancione, zona arancione scuro, zona gialla e zona bianca.

Questo potere lo sta ancora oggi utilizzando Vincenzo De Luca nel momento in cui ordina e, ordinando, lo vieta, ogni forma di passeggio, di circolazione pedonale nei lungomare, nelle ville comunali, nei giardini e nelle piazze. La Regione Campania, dunque, va ad incidere sul regime instaurato dal governo nazionale, inibendo, ad esempio, la possibilità per un napoletano, di fare jogging in via Caracciolo e in via Partenope.

De Luca utilizzò la stessa deroga, come d’altronde si capisce facilmente leggendo la narrativa di premessa di ogni sua ordinanza, anche quando, di fronte ai dati del contagio, elaborati dalle Asl, ordinò l’instaurazione di zone rosse comunali, che nel caso della nostra provincia, riguardarono proprio il comune di Marcianise e anche quello di Orta di Atella.

La dinamica delicatissima del tessuto produttivo, cioè dei bar, dei ristoranti, eccetera, è stata toccata da De Luca in un paio di occasioni. Successe a San Silvestro, quando, irrigidendo, sempre in funzione della possibilità normativa di farlo, le misure nazionali che avrebbero consentito l’asporto fino alle 18, sancì che dalle 11 del mattino in poi, nei bar si potesse vendere solamente acqua e nessun’altra bevanda, nè analcolica, nè alcolica. 

Ma finanche De Luca non andò oltre, sancendo una chiusura dei locali anticipata rispetto a quella prevista dal dispositivo nazionale di zona rossa. Nei bar si potè, infatti, comprare e “asportare”  pasticceria, dolci e altro fino alle 6 del pomeriggio.

Ora, arriva “questo qua” (come lo dobbiamo chiamare, noi vorremmo anche rispettarlo come persona e come istituzione, ma di fronte a robe del genere non si può essere indulgenti), dicevamo arriva questo e afferma che lui ha deciso di chiudere i bar, i ristoranti, alle 2 di pomeriggio, poggiandosi su quello che il sindaco di Macerata ha già fatto in base ad uno scherzo di Carnevale, peraltro rinnegato dopo pochi minuti, dal direttore generale Russo.

E, addirittura, va a toccare un punto cruciale di ogni provvedimento ministeriale. Finanche durante l’unico vero lockdown effettuato nel nostro Paese, quello dell’anno scorso, nessuno mai si è sognato di mettere in discussione la possibilità dei cittadini di approvvigionarsi del cibo, degli alimenti, in un arco temporale che andasse dalle 8 alle 6 di sera. 

Sappiamo bene quale sia il livello di ignoranza (nel senso letterale del termine, cioè di non conoscenza) del primo cittadino di Marcianise. Si tratta di un lettore superficiale di cose, di un bignamino vivente ben acchittato, che non conosce però il rigore e l’effettività valoriale dello studio approfondito, della lettura intensa. Però riteniamo che almeno a questo ci arrivi. Ci arrivi e sappia bene comunque che nessun sindaco d’Italia ha potuto fare ciò che lui dice di poter e voler fare.

Si è arrivati al massimo ad una chiusura parziale e temporanea di scuole cittadine, per la necessità di igienizzarle o anche a interventi mirato su qualche attività sempre legando il proprio agire ad un ambito di contenuto circoscritto e alla funzione di responsabile della sanità comunale che, però, per quanto riguarda il covid, è tutta assorbita da un superiore interesse nazionale il quale non che essere interpretato dal governo, che ha lasciato comunque alle Regioni e solo a loro uno spazio entro il quale possono intervenire, avendo le stesse ravvisato delle criticità non perfettamente visibili e leggibili dai palazzi romani.

Dunque, l’unica cosa che Velardi potrebbe fare, sarebbe quella di andare da De Luca, esporre dettagliatamente i motivi ispiratori dei suoi propositi. Soprattutto la particolare, originale, specifica situazione di emergenza che starebbe vivendo Marcianise, rispetto alle cifre percentuali e alle situazioni degli altri 103 comuni della provincia di Caserta, e, alla luce di dati evidenti, inconfutabili, indiscutibili, solo, ripetiamo, esistendo queste specificità emergenziali pacificamente ravvisabili, chiedere al governatore della Campania, un provvedimento ad hoc che utilizzi quel potere di assumere misure più restrittive rispetto a quelle varate a livello nazionale.

Ma il sindaco Velardi non è interessato a un processo fondato sulla responsabilità istituzionale. Lui ha dimostrato di non conoscere neppure vagamente la struttura valoriale che collega “il senso istituzionale” ad un interesse che può essere solo collettivo, altrimenti semplicemente non è. 

Lui ricorda bene, e se non lo ricorda lui, lo ricordiamo noi e anche la maggior parte dei marcianisani, quando, per l’imprudenza scellerata manifestata durante le feste post ballottaggio, consumate in una euforia irresponsabile, sempre al netto delle mascherine e nella costante violazione delle regole di distanziamento sociale, fu costretto per diversi giorni a stare a casa in quarantena, essendo risultato positivo al covid.

Sicuramente ricorda bene quella manifestazione dei commercianti che andarono sotto casa sua e, indubbiamente consapevoli che rischiavano di essere strumentalizzati a scopo vittimistico, pesarono le parole, evitando accuratamente ogni eccesso verbale nel momento in cui gli chiedevano un incontro, una interlocuzione diretta, rispetto alle necessità delle loro aziende, costrette alla chiusura completa a causa di quella zona rossa dichiarata da De Luca e di cui abbiamo già scritto prima.

Sa dunque, Velardi che quello è un nervo scoperto. Sa che, al tempo, i commercianti andarono sotto casa sua per protestare contro alcune dichiarazioni formulate dal sindaco, che comunque quei blocchi, quei divieti, li aveva assorbiti passivamente, non essendone responsabile e non potendo fare altrimenti, da un’ordinanza del presidente della Regione.

Figuriamoci adesso che, in pariglia con il sindaco di Macerata Campania, “questo qua” decide un orario suo per i locali, neanche se Marcianise fosse Stato Sovrano, e, all’estremo del parossismo provocatorio, mette addirittura in discussione anche l’orario dei supermercati, dei negozi di generi alimentari e, incredibile ma vero, dei tabacchi che sin dal 9 marzo 2020 hanno rappresentato una sorta di variabile indipendente, di zona protetta, di elemento che per natura, per la natura delle cose che lì si comprano, rientra indiscutibilmente sotto l’ombrello di potestà dello Stato e del suo Monopolio, ed è dunque intangibile ad opera di altri livelli istituzionali.

Ma perché prendersela sempre con i più deboli, perché far leva cinicamente sulle difficoltà economiche, sulle preoccupazioni di tante famiglie, letteralmente spossate dalla crisi economica e dalle chiusure prolungate? Perché produrre queste esternazioni proprio nei giorni in cui il Ministero degli Interni gli ha notificato, questa volta regolarmente, l’atto di innesco della procedura finalizzata alla revoca della scorta? La speranza è che i commercianti di Marcianise sappiano ben comprendere che questa è solo una trappola, una provocazione e non reagiscano come Velardi vuole che reagiscano.

Se scriverà l’ordinanza, si rifiutino senza fare polemiche e resistendo passivamente. Nel caso in cui, nei loro locali, arrivino i Vigili Urbani, si rivolgano immediatamente ai Carabinieri, alla Polizia di Stato, alla Guardia di Finanza o direttamente alla Prefettura.

Per quanto ci riguarda, ritornando all’offerta che abbiamo formulato al sindaco, all’inizio di questo articolo, gli proponiamo un patto: lui evita di provocare i commercianti e le loro famiglie che vedono sempre più nero il futuro, noi gli mettiamo in piedi una decina di profili social rigorosamente fake che diventino i fratellini minori di quel “famoso Anonymous” (l’ossimoro è puramente causale) che fu da lui utilizzato pesantemente per ottenere la scorta e che prodigiosamente scomparì dal web, una volta che al Ministero degli Interni, anche per intercessione dell’allora Capo di Gabinetto, il casertano Piantedosi, divenuto poi prefetto della Capitale (a nostro avviso, sia detto con rispetto, al di là dei suoi meriti e delle sue capacità), gli fu concessa la protezione dopo che il Viminale aveva assimilato acriticamente ogni sua narrazione su una presunta lotta o sulla presunta assunzione di paladinato anticamorra in realtà del tutto sedicente, Anonymous compreso.

Assorbimento acritico, ma non solo: il Ministero degli Interni di Piantedosi Capo di Gabinetto, arrivò a dissentire, caso più unico che raro, su quanto aveva stabilito, a Caserta, il comitato di coordinamento per l’ordine pubblico della Prefettura.

Calma, allora. Il sindaco scriva pure la sua ordinanza e poi sarà buono e giusto che questa venga impugnata in ogni sede e davanti ad ogni autorità, fermo restando la resistenza non violenta e l’interpello dei Carabinieri e della Prefettura, qualora il primo cittadino spedisse i vigili a sanzionare quelli che sono nella sua testa diventerebbero dei trasgressori.

QUI SOTTO IL POST PUBBLICATO IERI DAL SINDACO ANTONELLO VELARDI