MARCIANISE. ELEZIONI COMUNALI SOTTO LA LENTE. Un conto logico-aritmetico e uno storico-elettorale sulle differenze tra il consenso ai candidati sindaco e quello alle liste. Velardi si è fatto votare secco sul suo nome. Vi spieghiamo perchè

23 Settembre 2020 - 12:48

Una prima analisi su ciò che è uscito dalle urne e sui punti nevralgici che risulteranno determinanti per l’esito di un ballottaggio, quello del 4 e 5 ottobre, sicuramente più incerto ed equilibrato, stavolta Abbate leggero favorito, rispetto a quello del 2016

 

MARCIANISE(g.g.) Condizione necessaria anche se non sicuramente sufficiente per iniziare un discorso relativo a un ballottaggio e alle prospettive che questo può disegnare per il futuro della politica del comune che si prepara a viverlo, è analizzare bene i voti del primo turno. Intanto diciamo che Dario Abbate, il quale 4 anni e mezzo fa si presentò alla seconda tornata contro Velardi con ben 17 punti percentuali di svantaggio, oggi parte con un vantaggio di un punto virgola 20, frutto del 34,29% raccolto nel voto di domenica e lunedì e che distanzia, comunque di stretta misura, il 32,60% raccolto da Antonello Velardi.

Come abbiamo già scritto ieri, stavolta, dunque, c’è partita e l’esito non è scontato così come successe nel 2016. Sempre come abbiamo scritto ieri, seppur di pochissimo, Dario Abbate è favorito in quanto gli altri competitors che al ballottaggio non parteciperanno, hanno, chi più, chi meno, motivo per non votare Antonello Velardi che certo non li ha trattati con riguardo negli anni scorsi, a partire da Alessandro Tartaglione,

cioè il candidato che più di ogni altro ha beneficiato, in questa tornata, del voto disgiunto, raccogliendo 880 consensi personali in più, per un dato complessivo di 2.584, pari all’11,09%, rispetto ai 1.795 voti pari, invece, all’8,04% delle liste che lo sostenevano.

Alessandro Tartaglione fu epurato da Antonello Velardi che lo trattò, in pratica, come un mentecatto solo perchè osava rivendicare il diritto ad una corretta e rispettosa dialettica interna in quella maggioranza. Dunque, sulla carta, Abbate dovrebbe vincere. Ma in realtà il discorso non è così semplice perchè una cosa è ciò che pensano e che faranno i leader delle coalizioni presentatisi alle urne per le comunali di domenica e lunedì scorso, altra cosa è considerare scontato quello che faranno gli elettori, coloro che hanno appoggiato al primo turno le proposte per la città del citato Alessandro Tartaglione o anche quelle di Antonio Tartaglione, di Anna Arecchia e di Gaetano Marchesiello.

Abbate dovrà, insomma, riuscire a tenere viva la motivazione di quelli che si sono presentati con lui nelle 5 liste e allo stesso tempo dovrà svolgere una funzione motivatrice verso coloro i quali lo hanno affrontato al primo turno, affinché, oltre a garantire il proprio consenso personale, quello delle proprie famiglie, del loro stretto entourage, mobilitino e spieghino ai candidati delle liste che li hanno appoggiati, il motivo per cui sarebbe giusto, utile e serio votare Abbate e non Velardi.

Come si può capire, operazione piuttosto complessa che lascia sperare l’ex sindaco in un ribaltamento del voto del primo turno che parte dal presupposto, peraltro non del tutto campato in aria, che i suoi sostenitori, i suoi candidati, sono più coesi, più disciplinati di quelli che hanno appoggiato Dario Abbate.

 

VOTO DISGIUNTO O VOTO PERSONALE? Dunque, i quasi 880 voti che Alessandro Tartaglione ha conquistato personalmente, al di fuori del tributo garantitogli dalle sue liste, è in pratica speculare ai circa 900 voti che Dario Abbate ha perso rispetto alle sue liste, attestatesi a 8.884 voti, pari al 39,79% a differenza del candidato sindaco che, come già abbiamo scritto, ha raggiunto il 34,29% con un consenso personale di 7.988. La sensazione è che esista un’interrelazione tra i voti in eccedenza di Alessandro Tartaglione e quelli “in deficienza” di Dario Abbate. Ovviamente, si tratta di ipotesi, fondate però su logica ed esperienza, dato che non abbiamo davanti le schede scrutinate.

Questo ragionamento, per reggere, deve affrontare anche le strutture aritmetiche del voto espresso a favore di Antonello Velardi. Qui la differenza, lo scarto c’è, ma non certo al livello di quello che ha premiato Alessandro Tartaglione. Mentre infatti le liste dell’ex sindaco toccano quota 7.011 voti pari al 31,40%, la cifra personale di Velardi si fissa a 7.594 in pratica circa 550 voti in più, precisamente 394 voti, pari ad un 1,2% di scarto, rispetto alla consistenza delle liste a suo sostegno.

Ora, andiamo a dare un’occhiata più veloce a questi numeri, anche relativamente agli altri candidati: Antonio Tartaglione conquista 2.110 pari al 9,06%; le sue liste si attestano, invece, a 1.764 pari al 7,90%.

Anna Arecchia incamera 1.633 voti personali pari al 7,01%, mentre le sue liste “prendono” 1.725 preferenze pari al 7,73% quindi, nel caso specifico della candidata dell’area di Gianpiero Zinzi, siamo in una situazione di sostanziale sovrapponibilità dei due dati.

Infine Gaetano Marchesiello che conquista 1.388 voti cioè il 5,96%, a fronte della sua unica lista di sostegno che arriva a 1.150 voti pari al 5,15%. C’è un po’ di differenza, ma non è granché.

Tutto ciò per dire che escluso Abbate e la Arecchia, la quale fa pari e patta con le proprie liste, chi più e chi meno, gli altri candidati guadagnano voti. Per cui, se Marchesiello guadagna un poco, se Antonio Tartaglione guadagna “molto più” di un poco, cioè circa 800 voti, se Alessandro Tartaglione guadagna 800 voti, se Abbate ne perde circa 900 e se Velardi fissa uno scarto di 394 voti, vuol dire che in questa struttura numerica, non ha inciso solo il voto disgiunto (questo anche un bambino bravino in aritmetica alle elementari lo comprende) ma anche il voto dato direttamente al candidato sindaco e non accompagnato da alcuna indicazione per una delle liste schierate in suo appoggio.

La relazionabilità politica dell’elettorato di Dario Abbate con quello di Alessandro Tartaglione (entrambi provenienti e ancora militanti in un’area limpidamente di sinistra), il fatto che la presenza, a nostro avviso, devastante da un punto di vista della condizione socio economica della città, di Velardi, ha spaccato in due Marcianise, creando una linea di demarcazione profondissima tra chi sostiene ancora l’ex sindaco e chi, gli è contro, ci fa pensare, alla fine di questo ragionamento, che merita rispetto non perchè sia necessariamente esatto, ma perchè è basato su uno sforzo argomentativo pieno di relazioni numerico-razionali e storico-politiche, metodo che non appartiene, ad esempio, alla forma mentis del pensiero debolissimo del Velardi, che quest’ultimo, personaggio a cui non fa certo difetto il cinismo, ha fatto votare i suoi sostenitori con la modalità del voto personale. In poche parole, hanno impresso la croce sul nome di Antonello Velardi, senza votare alcuna lista.

Ciò se da una parte conferma che il Velardi può contare su un gruppo di soldati che si tura le orecchie, si copre gli occhi ed è pronto all’obbedienza acritica, militaresca, senza ascoltare neppure le tesi di chi spiega perché il loro leader non è il personaggio che racconta di essere, è anche vero che le sue liste hanno dovuto soffrire questa scelta particolarissima, peraltro e tutto sommato scaltramente egocentrica, che tende ad accreditare una situazione di popolarità personale che, invece, non esiste almeno nella misura in cui la si vuol far passare con quei 394 voti di scarto (probabilmente Velardi sperava in qualcosa di più) registrati tra il candidato sindaco e le sue liste.

In pratica, una sorta di effetto psicologico da utilizzare nelle due settimane di campagna per il ballottaggio. Della serie: io sono un vincente, Dario Abbate un perdente, come se questo fosse il problema del cittadino di Marcianise, come se da questo venisse fuori una capacità di governo che Velardi ha dimostrato di non avere, ma che resta un fattore non valutato da chi si lascia trascinare dal rumore delle parole e non, come dovrebbe essere, dal loro significato. 

Questa è una prima analisi a cui poi ne seguiranno altre che partiranno soprattutto da simulazioni, relazionate a scenari diversi rispetto a quello che potrebbe essere l’esito del ballottaggio ma anche rispetto ad altri fattori secondari, ma non insignificanti, che vanno letti in controluce nell’esito elettorale di domenica e lunedì e che quel risultato del 4 e 5 ottobre, potrebbero contribuire pesantemente a determinare.