MARCIANISE. Fulvio Tartaglione, ma la vuoi piantare con le cofecchie? Vuol far deliberare al commissario, con i poteri del consiglio, la privatizzazione della gestione dell’intero patrimonio comunale

19 Giugno 2020 - 18:28

Le critiche di Carmen Ventrone, il like galeotto della dirigente e il nostro punto di vista sulla faccenda

 

MARCIANISE – Fulvio Tartaglione, ogni tanto, si lamenta per il trattamento che gli riserviamo.

Ci sorprende che lo faccia perché lui non fa nulla per dimostrare di essere cambiato e di svolgere l’attività di dirigente dell’Ufficio Tecnico comunale di Marcianise in maniera differente da come l’ha svolta in tanti anni, cioè fino a quando l’allora sindaco Antonello Velardi ha deciso che esisteva finanche un modo peggiore per farlo e, conseguentemente nominato, l’altro campione Gennaro Spasiano.

Tutto questo a meno che non ritenga che l’essere stato martirizzato da Velardi costituisca una benemerenza a prescindere. In questo caso, lo dobbiamo deludere, perché se fosse così, significherebbe che la nostra battaglia di questi anni sarebbe stata ispirata da problemi di ordine personale, da un’antipatia biologica e non invece, come è effettivamente stato, da una considerazione espressa sempre con rispetto e fatica, la fatica di un duro lavoro di documentazione, sul modo vergognoso con il quale l’ultima amministrazione ha governato questa città.

Fulvio Tartaglione, rispetto a questo atto amministrativo sorprendente, tirato fuori negli ultimi giorni, potrebbe fare tre cose diverse l’una dall’altra: scendere in politica, candidarsi a sindaco o puntare alla carica di super assessore a Lavori Pubblici, Urbanistica e Patrimonio; la seconda cosa che potrebbe fare sarebbe quella di mettersi finalmente in pensione, chiudendo la sua lunga carriera, con qualche luce, ma densa anche di molte ombre, nella stanza dei potenti del Comune; la terza cosa che potrebbe fare sarebbe quella di lasciare l’Ufficio Tecnico, il Suap, il patrimonio, completando il suo percorso professionale in settori diversi, nei quali non ha impresso, in passato, la sua orma profonda e ingombrante, che porta noi, ma anche tanti altri, a guardare con sospetto e diffidenza qualsiasi sua iniziativa, anche se questa consistesse nell’innaffiare i gerani su un davanzale.

La quarta cosa, invece, non la può fare.

Non può pensare di sporcare la modalità sorprendentemente positiva, dignitosa, istituzionale, con cui Michele Lastella ha riscattato, in questi mesi, la figura del commissario prefettizio intesa come categoria di intoccabili, intesa come consorteria di viceprefetti affratellati che in provincia di Caserta si sono macchiati delle peggiori turpitudini. Lastella si è comportato bene perché ha usato con estrema parsimonia la sua potestà, dimostrando di essere consapevole del fatto che un commissario è sicuramente una necessità, ma è, allo stesso tempo, la rappresentazione della sconfitta della democrazia, essendo sospensione improvvisa della sovranità popolare.

Lastella, che ovviamente non abbiamo voluto conoscere personalmente, perché così devono fare i giornalisti seri, si è guadagnato la nostra stima limitandosi all’utilizzo minimo delle funzioni di potestà esercitate nell’adempimento degli obblighi che gli discendono quale espressione del potere di un sindaco, di una giunta comunale e, ancor di più, del consiglio comunale.

Un commissario è bravo quando firma al massimo quattro o cinque delibere di consiglio, cioè solo quelle relative agli atti dovuti e ineludibili quali sono, sicuramente, l’approvazione dei bilanci e dei documenti di indirizzo a questi legali, com’è per esempio un Piano Triennale delle Opere Pubbliche.

Queste delibere un commissario prefettizio le deve fare per forza.

Tutte le altre, no.

Perché se abusa del potere del consiglio comunale, va ad intaccare materie delicatissime, che poi sono quelle regolate dall’articolo 42 del Tuel.

Materie che hanno a che fare con i grandi processi di sviluppo, con i supremi strumenti di programmazione territoriale da cui possono discendere grandi fortune o grandi sfortune economiche per questo o quell’altro imprenditore. Mai, questo lo dovrebbe stabilire la legge, che invece che in un Paese poco serio come il nostro non fa, un commissario deve toccare materie che solo un consiglio comunale in carne ed ossa, massima espressione rappresentativa di ogni sezione del popolo sovrano, ha il diritto-dovere di approvare.

Per cui, non vogliamo entrare neppure nel merito di questo cataclisma, del quadro apocalittico che Fulvio Tartaglione descrive in questo suo atto di indirizzo, con il quale chiede al commissario Lastella di firmare una delibera di consiglio comunale per promuovere la nascita di un sistema di gestione dell’intero patrimonio comunale, dalla A alla Z, dall’attività di advisor a quella riguardante la ristrutturazione degli immobili o l’alienazione degli stessi, imperniato su un’impresa privata.

A Marcianise già si fanno tante dietrologie su questa mossa di Fulvio Tartaglione.

Qualcuno ha notato, per esempio, il post polemico scritto dalla ex consigliera comunale della maggioranza Carmen Ventrone, che reduce dalla riunione a cui ha partecipato con Marchesiello e compagnia, di cui abbiamo scritto nei giorni scorsi, ha stroncato l’atto di Fulvio Tartaglione, assimilandolo a quello dell’Interporto, facendo finta di non sapere che quella porta (aperto a sua volta dall’allora commissario ) è proprio quella che il suo sindaco Velardi ha attraversato con la famosa delibera di giunta – su cui la Ventrone non ha mai obiettato nulla – da cui poi è scaturita la famosa indagine che ha portato all’arresto di Giuseppe Barletta e all’iscrizione sul registro degli indagati Velardi, per il quale è stato chiesto anche il divieto di dimora a Marcianise, e del resto degli assessori comunali.

Sotto al post della Ventrone è stato notato il like apposto dalla responsabile del settore legale del Comune di Marcianise, dottoressa Capasso, a dimostrazione del fatto che Lastella è stato molto bravo a tenere divise le due fazioni, essendo evidentemente la Capasso una velardiana al pari di Carmen Ventrone.

Noi, invece, ribadiamo che costituirebbe un errore grave entrare nel merito di ciò che Fulvio Tartaglione ha scritto e di ciò che ha chiesto al commissario prefettizio, il quale prima di andare via gli dovrebbe firmare una sorta di delega in bianco per gestire l’operazione.

Il problema non è quello che c’è scritto dentro a questo documento, che pubblichiamo in calce, visto che, come abbiamo scritto prima, Tartaglione indurrebbe alla diffidenza anche se parafrasasse il metodo Montessori, ma che il dirigente non doveva permettersi assolutamente di invitare il commissario prefettizio Lastella ad entrare, così pesantemente a gamba tesa, in una situazione delicatissima, dentro alla quale abitano interessi per centinaia di milioni di euro e che sarebbe pesante e delicata anche se fosse trattata da un consiglio comunale regolarmente eletto dal popolo.

È un blitz, il solito tentativo di portare a casa un’operazione che interessa agli affari e non al bene comune.

Quindi, niente di nuovo sotto al cielo: Fulvio Tartaglione, Velardi, Spasiano, Pino Riccio, Marchesiello, Fecondo. Il problema di Marcianise è rappresentato da una esplicitazione ancora più estrema rispetto a quella che si registra negli altri 103 comuni di questa provincia, di una prevalenza quasi ontologica degli affari rispetto alla politica.