MARCIANISE. Impiegata soffia 80mila euro alle casse di Metanosud. Condannata dal giudice
14 Giugno 2022 - 20:49
Si è concluso il procedimento davanti alla Sezione Lavoro del Tribunale di S.Maria C.V. Accolte le tesi del legale dell’azienda, l’avvocato Delia Orsillo
MARCIANISE (g.g.) – Riteneva di aver compiuto la truffa perfetta. L’uso della parola truffa è una necessità cronistica, legata all’esigenza di spiegare cosa sia successo, negli uffici della Metanosud di Marcianise, in poco più di un anno, considerando allo stesso tempo che a pronunnciarsi, su questi fatti, sia stato, fino ad ora, un giudice civile che amministra il diritto del Lavoro e non uno della giurisdizione penale.
E allora, giusto e per capirci, ricorriamo a questa semplificazione, ritenendo, comunque, che si tratti di una storia che, a quanto ci risulta, non segue, al momento, anche una traccia penale, a meno che l’azienda, cioè la Metanosud non abbia voluto percorrere anche questa strada, non accontentandosi di recuperare solamente il maltolto, perché di maltolto si è trattato.
I nostri lettori non incrociano certo tanti articoli riguardanti quella parte della cronaca giudiziaria che si sviluppa nei tribunali civili. Per questo, potrebbero rimanere un po’ disorientati nel non consumare il pane quotidiano della nostra tipica informazione nel non trovare, nella sentenza pronunciata, nei giorni scorsi, dalla sezione Lavoro del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta dal giudice Roberto Pellecchia riferimenti a fatti che esplicitamente, assertivamente. possono integrare, comportamenti penalmente rilevanti, la cui esplorazione il giudice civile demandi, una volta fatto il proprio lavoro dentro al suo ambito di competenza, alla Procura della Repubblica
Difficilmente questa sentenza sarà trasmessa, infatti al procuratore della Repubblica, come pur potrebbe fare un giudice del Lavoro qualora ravvisasse l’esistenza di una notitia criminis.
Ecco perché possiamo andare per arrotondamento, parlando di una truffa non ulteriormente collocata in una dimensione penale e non solo regolata dal Diritto civile.
Veniamo allora ai fatti: una impiegata di Metanosud è stata licenziata dopo che la società di revisione, che controlla i conti dell’azienda marcianisana, è incocciata in qualche numero non congruo. Non un fatto di contabilità corrente, perché questa, almeno in apparenza, risultava a posto. L’incongruenza si registrava, invece, tra i numeri, ripetiamo, apparentemente in regola, delle operazioni di riscossione agli sportelli e la documentazione, che viene inviata normalmente ai clienti, raffigurata come somma dei ruoli notificati da Metanosud Spa, a seguito della fornitura di gas ed elettricità
Insomma, agli occhi della società di revisione i numeri non tornavano. Un evento spia, all’inizio nulla di più, di cui ovviamente il consulente ha informato la proprietà.
Non è stato facile trovare la ragione di queste discrasie, di queste incongruenze. . Ciò perché, come si diceva, tutto invece sembrava tornare alla fine di ogni giornata, quando gli operatori degli sportelli di esazione consegnavano, individualmente, all’azienda, come del resto ci risulta facciano ancora oggi, un formulario, una distinta, contenente diverse voci, diverse declinazioni di merito, a partire dall’esplicitazione precise di quanti soldi il singolo operatore abbia incassato nel corso del proprio turno di lavoro.
E ancora, rispetto a questa somma aggregata, l’esplicitazione di quali e quanti siano stati i pagamenti effettuati attraverso pos, quanti e quali siano stati quelli operati attraverso assegni e, infine, quanti e quali siano stati quelli n contante, con le banconote, più l’eventuale metallo degli euro riparati e consegnati in busta chiusa, applicando un metodo applicato anche per la consegna degli assegni.
Un’attività che, durante il periodo incriminato. non ha mai segnalato casi sospetti, visto e considerato che tutte le voci, cioè carte di credito, assegni e anche contanti erano perfettamente in linea con quello che veniva certificato nelle distinte.
Eppure, quelle cifre, i numeri dei flussi di cassa continuavano ad essere distonici.e i conti reali, frutto del confronto tra gli importi dei ruoli e quelli dei corrispettivi realmente incassati, a non tornare.
C’é voluto, a quanto pare, un intervento molto impegnativo di un esperto di software, il quale, insieme al presidente del collegio sindacale, è entrato nel sistema e si è imbattuto in una serie di distinte digitali, che nulla c’entravano con quelle descritte prima, e la cui esistenza era sconosciuta alla governance di Metanosud. Quelle distinte contenevano la contabilità connessa a molteplici somme in danaro, che mai e poi mai erano passate per la routine ordinaria delle dichiarazioni di cassa.
A questo punto, i dirigenti dell’azienda marcianisana hanno impugnato la calcolatrice e, sommando una volta mille, una volta 500, una volta 2mila, hanno estratto un dato complessivo di circa 80mila euro, totalmente sfuggiti alla contabilità ufficiale.
Ad epilogo di questa indagine interna, è scattato il licenziamento della dipendente e la contestuale firma di mandato all’avvocato del lavoro Delia Orsillo che ha condotto con mano sicura tutta la procedura giudiziaria, fino ad ottenere l’affermazione totale delle ragioni dell’azienda, al punto che il giudice Pellecchia, non solo ha considerato il licenziamento legittimo e valido, ma ha anche condannato la lavoratrice ad un risarcimento di 63mila euro per le somme di cui indebitamente si è appropriata.
La strategia processuale dell’avvocato Orsillo ha dovuto svilupparsi in modo tale da tenere sotto controllo, fino a smontarle, le ricostruzioni della controparte cioè della dipendente, contenute nel ricorso, finalizzato ad ottenere dal giudice l’annullamento del suo licenziamento.
La lavoratrice, peraltro, di lunga lena all’interno di Metanosud, ha puntato la sua difesa sulle presunte difficolta da essa incontrate nella tenuta della contabilità relativa alle operazioni di cassa Difficoltà e affanni conseguenza di errori, di una cattiva gestione delle dinamiche gestionali interne, escludendo categoricamente ogni intento doloso.
Questo tentativo dell’impiegata di scavare per trincee della propria difesa sul terreno delle difficoltà contabili, della narrazione su errori, registratisi soprattutto nella sincronizzazione tra il tempo in cui il pagamento avveniva e quello in cui questo veniva registrato, non ha fatto, però, pendere la bilancia di questo procedimento dalla parte della lavoratrice.
L’avvocato Orsillo ha mantenuto la barra ferma, avendo capito che la tecnica della divagazione, dell’allargamento del perimetro delle cose da valutare rappresentava l’unica risorsa a disposizione della ricorrente.
Di conseguenza, ha scritto e ribadito, anche durante la sua discussione, i fatti cruciali di questa vicenda..
Fatti che possiamo riassumere rispondendo a un paio di quesiti.
Andiamo col primo: i soldi versati nei forzieri di Metanosud, come rimesse delle attività di riscossione allo sportello, venivano consegnati alla direzione dalla lavoratrice in questione? Sì, sicuramente, al di là di ogni ragionevole dubbio e per diretta ammissione della stessa impiegata.
Seconda domanda con conseguente risposta: quei soldi, saltati fuori dalla contabilità parallela e sconosciuta, erano mai stati consegnati all’azienda nel modo previsto, cioè nel modo a cui ogni dipendente si era sempre dovuto attere? No, non erano stati consegnati all’azienda e né sono saltati fuori da qualche cassetto, dove, magari distrattamente, erano stati riposti.
Al contrario, sono scomparsi, si sono volatilizzati. Per cui, l’ingegnoso piano di una lavoratrice, evidentemente esperta dei meccanismi interni di gestione basato proprio sulla capacità di nascondere, creando una contabilità segreta, si è trasformata in un boomerang, perché quest’abilità dell’impiegata ha consentito all’avvocato di Metanosud, fortunata nel trovare, un giudice in grado di focalizzare e di non farsi certo impressionare dalle decine e decine di pagine, che hanno dato corpo al ricorso presentato dalla dipendente.
La condanna al pagamento dei 63mila euro come corrispettivo di somme indebitamente acquisite dalla lavoratrice, ma soprattutto i motivi illustrati dal giudice nella sua sentenza, potrebberi far sussistere, come si diceva all’inizio, le condizioni per una coda di diritto penale.
A proposito, dimenticavamo una cosa importante: ma questa lavoratrice per quale cavolo di motivo contabilizzava i soldi di cui si appropriava? Questo è stato un altro punto debole, una falla nella sua attività di riscossione parallela. Se la donna si fosse, infatti, messa in tasca, volta per volta, le somme incassate allo sportello dei pagamenti senza nessuna registrazione, il cliente che aveva pagato sarebbe diventato per il sistema di controllo informatico interno , inadempiente, moroso, con conseguente aggravamento, per mora, di un importo, che a Metanosud risultato.mai incassato e dunque mai corrisposto?
In poche parole, gli sportelli di Metanosud sarebbero stati presi d’assalto da clienti- contribuenti inferociti e tutto l’inghippo sarebbe saltato fuori pressoché immediatamente. Di qui la necessità di muoversi con un sistema di registrazione di quelle somme incassate, mai consegnate all’azienda, ma collocate in un circuito di trasmissione sufficiente per evitare contestazioni ai clienti per mancati pagamenti.
Amen.