MARCIANISE. Interdittiva antimafia tombale per Salvatore Bizzarro. Ecco cosa ha deciso il Consiglio di Stato e soprattutto come lo spiega

24 Maggio 2024 - 18:09

In 15 pagine vengono frustrati definitivamente i tentativi del patron della Autotrasporti Bizzarro di far rientrare la sua impresa tra quelle che non corrono alcun rischio di contaminazione camorristica. Ci sono sostanziali differenze tra le ragioni di un procedimento amministrativo e quelle di un procedimento penale. Ma quello che è scritto a pagina 11 è fondamentale non solo per quanto riguarda il caso specifico, ma per tante altre imprese che si beano per non essere state coinvolte in processi o per aver ottenuto proscioglimenti e assoluzioni

MARCIANISE (g.g.) – Il Consiglio di Stato ha definitivamente rigettato i ricorsi, riuniti in uno solo all’apice della procedura amministrativa giurisdizionale, presentati dalla Autotrasporti Bizzarro, società di cui Salvatore Bizzarro, in passato anche politico e presidente del consiglio comunale di Marcianise, è unico socio.

In pratica l’esclusione dalla white list della Prefettura di Caserta, decisa nel 2021, sostanzialmente una interdittiva antimafia dato che le conseguenze sono le medesime, diventa tombale, definitiva, inappellabile.

Abbiamo letto con molta attenzione le 15 pagine con cui la III Sezione del Consiglio di Stato ha motivato la sua decisione.

Inutile entrare, come abbiamo inutilmente fatto in passato, costringendo la magna pars dei lettori – che di applicarsi su queste cose non hanno alcuna voglia – a capirci poco, nel nostro vano tentativo di proporre qualche argomento culturalmente evoluto a una platea molto poco sensibile al concetto tout court di cultura generale.

Vi diciamo solo che il Consiglio di Statto svolge il proprio ragionamento spiegando quelle che sono le differenze tra un procedimento amministrativo che conduce, eventualmente, ad un’esclusione dalla white list e/o all’emissione di un’interdittiva antimafia, e un procedimento penale, attraverso cui la pubblica accusa che opera in forza di una Procura prova, nel momento in cui le fasi dibattimentali e predibattimentali la convincano, a ottenere la condanna di un presunto reo.

I nostri lettori, quei pochi interessati ad approfondire certe tematiche, sanno bene che queste cose le abbiamo spiegate decine di volte.

Tra le tante argomentazioni esposte dal Consiglio di Stato per respingere l’ultimo ricorso presentato da Salvatore Bizzarro, ne abbiamo scelte un paio che a nostro avviso sono quelle più fruibili e comprensibili dentro a un meccanismo che deve accertare la cifra di probabilità della permeabilità di un’azienda rispetto ai tentativi di ingerenza da parte della criminalità organizzata.


A suo tempo la Prefettura di Caserta, prendendo spunto dai racconti di un collaboratore di giustizia (Bruno Buttone, ndd) che riferiva sul conto del pregiudicato Raffaele Bellopede, ritenne che questo grado di probabilità avesse superato il livello di guardia, diciamo quel 50% sotto al quale anche il procedimento amministrativo deve considerate non sufficienti gli elementi per sospendere di fatto l’attività di un’azienda, almeno per quel che riguarda il suo rapporto con la pubblica amministrazione.
Un rapporto tra Salvatore Bizzarro e il clan Belforte che nella Autotrasporti Bizzarro ha inserito personale e che dalla stessa ha acquisito sistematiche dazioni estorsive.


Veniamo ai due punti che citiamo testualmente e che la III Sezione del Consiglio di Stato cita a sua volta testualmente da due sentenze della Corte Costituzionale, la n.24 del 27 febbraio 2019 e la n.195 del 24 luglio 2019.
Abbiamo scelto questi passi in quanto la polpa dei ricorsi presentati da Bizzarro è stata sempre costituta dal riferimento al suo status di incensurato, mai coinvolto in processi penali.

“La Corte Costituzionale ha fatto riferimento alle situazioni indiziari – così scrive il Consiglio di Stato a pagina 11 della sua sentenza – che sviluppano e completano le indicazioni legislative, costruendo un sistema di tassatività sostanziale, individuate da questa Sezione. Tra queste i provvedimenti “sfavorevoli” del giudice penale”.

E fin qui è un dato scontato, in quanto si crea una relazione di corrispondenza tra diritto amministrativo e diritto penale.
Ma la parte interessante è quella successiva: “(…) le sentenze di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, sono però sintomatici della contaminazione mafiosa; i rapporti di parentela o coniugio, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia clanica (…)”.

A ognuno le sue soddisfazioni. C’è chi si soddisfa facendo una barca di soldi e chi, come noi, è soddisfatto nel momento in cui si rende conto che concetti sfornati da una nostra visione logica delle cose e restituiti da anni con sistematicità ai lettori, trovano pressoché pedissequo riscontro in pronunciamenti di altissimi organismi dello Stato, da parte addirittura della Corte Costituzionale.
Con questi presupposti Salvatore Bizzarro ha buttato via i soldi, visto e considerato che, stando agli elementi prognostici presentati a suo tempo, nei suoi confronti, dalla Prefettura di Caserta, non aveva alcuna possibilità di vedersi accolto un giudizio di merito.


Poi, per carità, l’attività della magistratura penale va sempre rispettata e accettata, ma in un paese democratico può essere anche criticata. Francamente, dopo aver letto questa sentenza del Consiglio di Stato e dopo aver ripassato i contenuti del provvedimento della Prefettura di Caserta nei confronti di Salvatore Bizzarro, le nostre perplessità sul fatto che questo imprenditore, come altri soggetti rimasti sorprendentemente intonsi nelle dinamiche investigative della Dda di Napoli, sono ulteriormente accresciute.