Maxi frode fiscale da 2 milioni di euro nell’abbigliamento intimo. Società intestate a “teste di legno” CASERTANE

19 Giugno 2020 - 19:43

Dalle indagini sono risultati nullafacenti che percepivano un indennizzo mensile dai faccendieri sotto inchiesta

TREVISO/CASERTA – Una maxi frode fiscale da oltre due milioni di euro nel settore dell’abbigliamento intimo e per bambini è stata smascherata dalla Guardia di Finanza provinciale di Vicenza. Denunciati e indagati due uomini che risiedono nel Trevigiano, un 74enne (S.G.P. le iniziali) di Borso del Grappa e un 47enne (V.M.) residente a Quinto di Treviso. La sede dell’attività sotto la lente d’ingrandimento dei finanzieri era a Bassano del Grappa, prima di disperdere le proprie quote in altre ditte, di fatto farlocche, in diversi luoghi d’Italia, con alle spalle in cabina di regia i due ideatori del circuito illecito.

La coppia di evasori aveva architettato una sistema di società fittizie intestate a vari prestanome messi a libro paga mensile, di fatto nullatenenti, per evadere sistematicamente le tasse e in certi casi per non versare il corrispettivo pattuito con i fornitori. Condotte illecite che permettevano di incamerare illecitamente centinaia di migliaia di euro, danneggiando inoltre la concorrenza nel mercato. La truffa ai danni dell’erario rimbalzava di società in società commerciando vari marchi legati a Calzedonia, Intimissimi e Tezenis i più noti, tutti estranei alla vicenda giudiziaria.

Sequestrati ai due presunti complici beni immobili per un valore stimato in 2,2 milioni di euro. Si tratta di tre appartamenti sigillati a Castelfranco Veneto, due in altrettante località di villeggiatura in Sardegna ed una villa di pregio sita a Quinto di Treviso, residenza di uno dei due complici. Due le società individuate dalle Fiamme Gialle come evasori totali, una attiva dal 2014 al 2018, l’altra istituita nel 2016. Di fatto lasciate decadere con il sistema del “dimenticatoio” trasferendo l’attività su altre

nuove aziende create ad hoc ed intestate a teste di legno residenti a Caserta, tutt’altro che imprenditori, risultati nelle indagini in realtà nullafacenti che percepivano un indennizzo mensile dai faccendieri sotto inchiesta. Le quote societarie venivano fittiziamente cedute in capo ai nuovi amministratori, complici del malaffare senza avere ruoli o incarichi nelle operazioni commerciali dichiarate.