MONNEZZA E CAMORRA. Ricordate il blind trust di Berlusconi? Carlo Savoia ci ha provato (invano) con Xeco. A proposito, Caterina De Rosa che ha deciso di fare?

28 Marzo 2022 - 12:52

Le motivazioni per cui il gip ha respinto la richiesta, sicuramente molto creativa, presentata dall’avvocato difensore Raffaele Costanzo. Per quanto riguarda la commercialista di Casapulla, vicina a Luigi Bosco, ci auguriamo che sia lei stessa a rimuovere quello che, rappresenterebbe, in caso contrario, un conflitto di interessi imbarazzante soprattutto per il tribunale che l’ha nominata

 

SANT’ARPINO – (g.g.) Carlo Savoia, com’è noto, si trova ancora recluso agli arresti domiciliari. Ultimamente, come abbiamo già scritto in un paio di articoli, un gip del tribunale di Napoli ha firmato l’ordinanza di sequestro preventivo dei suoi beni societari, nel dettaglio la Xeco srl che al tempo dei fatti contestati era direttamente controllata, con una quota del 90% dallo stesso Savoia, e la Esi società che, secondo la ricostruzione della Dda di Napoli, Carlo Savoia controllava lo stesso, visto che delle quote erano titolari la moglie Lucia Iorio e il suo fedelissimo dipendente Gennaro Cardone.

Va riconosciuto a Raffaele Costanzo, avvocato difensore di Carlo Savoia, il grande impegno che sta profondendo per assolvere con grande serietà alla sua funzione. Il suo non è un lavoro di routine, visto e considerato che seppur in una condizione di grande difficoltà, legata all’esistenza di gravi indizi di colpevolezza, peraltro confermati dal pronunciamento pre-natalizio del tribunale del Riesame di Napoli, sta tentando di migliorare la condizione di vita del suo cliente, che proprio in occasione dell’appena citato pronunciamento del tribunale delle libertà, lasciò il carcere per raggiungere la propria abitazione di Sant’Arpino, dove si trova ora, e anche per tutelare la condizione patrimoniale rispetto ad uno stato delle cose che ricordiamo è comunque quella di un indagato, nemmeno di un imputato perchè ad oggi siamo arrivati alla chiusura delle indagini e forse alla vigilia di una richiesta di rinvio a giudizio che solo allora farebbe mutare lo status giuridico e giudiziario di Carlo Savoia, ma non solo, visto che per i vari Carlo

Marino, Pippo D’Auria, Marcello Iovino, Paolo Galluccio, Raffaele Serpico, per l’altra dipendente Xeco Anna Scognamiglio e per il pure citato Gennaro Cardone, da quello di indagato a quello di imputato.

E’ chiaro che un sequestro preventivo chiesto dalla Dda per affari relativi a presunti illeciti arricchimenti, derivati da un’attività svolta all’interno del problematicissimo e spesso turpe settore dei rifiuti, rappresenta una montagna difficile di scalare per la difesa di colui che è comunque il principale indagato di questa inchiesta. Per cui, ci ha sorpreso favorevolmente, l’idea, indubbiamente creativa, trasformatasi nell’istanza, formulata dall’avvocato Raffaele Costanzo al gip del tribunale di Napoli, sulla cui scrivania è arrivata la richiesta del sequestro preventivo della Dda, per sventare il sequestro in questione, sostituendolo con l’adozione di un blind trust, istituto del diritto anglosassone o di common law, entrato anche nel nostro corpo giuridico e che diventò notissimo ai tempi del conflitto di interessi che veniva contestato, non senza qualche ragioni, ma anche con troppo spirito fazioso, a Silvio Berlusconi quando questi diventò presidente del consiglio, in persistenza delle sue proprietà di azioni e quote nelle società della holding che al tempo si chiamava Fininvest e che al tempo inglobava tantissime cose tra cui naturalmente le televisioni.

Il blind trust significa versare il proprio patrimonio in un fondo fiduciario che sarà amministrato da un trustee, cioè un organo direttivo che diventerà titolare e unico artefice dell’attività aziendale senza avere nessun obbligo di riferire al proprietario, anzi subendo un divieto perentorio a consultarsi con questi. L’attività del trustee è totalmente libera e non deve limitarsi alla ordinaria amministrazione, ma consiste nella piena potestà sul patrimonio e sui mezzi della produzione disponibili nella società iniettata nel trust.

E’ la prima volta che incrociamo una richiesta del genere. L’avvocato Raffaele Costanzo l’ha finalizzata per la società Xeco, cioè quella in cui Carlo Savoia ha posseduto ed evidentemente possiede ancora una significativa titolarità di quote, cioè di beni mobili. Ma il giudice, nonostante lo sforzo compiuto dal legale, ha respinto la sua istanza, andando diritto verso il sequestro preventivo, poi firmato nel provvedimento di cui stiamo scrivendo in questi giorni.

Per la difesa di Carlo Savoia, Xeco avrebbe avuto un ruolo non fondamentale nelle vicende divenute oggetto dell’iniziativa giudiziaria in quanto questa società sarebbe coinvolta solo nel primo capo di imputazione, in verità quello più grave che ipotizza il reato di associazione a delinquere a carico del Savoia, dei suoi dipendenti Scognamiglio e Cardone, per il faccendiere casertano Pasquale Vitale, Pasqualino per gli amici ed Ernesto Scamardella.

Un capo di imputazione che riconosce nella Xeco il luogo fisico dove era in attività una vera e propria fabbrica del taroccamento dei bandi di gara, in servizio permanente effettivo. Il gip, però, nell’esporre le motivazioni per le quali respinge la richiesta del difensore di Carlo Savoia, spiega che la Xeco “è risultata aggiudicataria anche di altri bandi di gara, oggetto di turbativa“.

Sempre il giudice ritiene che l’utilizzo dell’istituto del blind trust potrebbe diventare pregiudizievole per l’integrità del patrimonio di Xeco. E su questo, in punto di diritto non ha torto, proprio perchè anche l’individuazione di un trustee al di sopra di ogni sospetto di potersi relazionare anche segretamente a Savoia, implicherebbe il pieno esercizio di un’attività imprenditoriale, fatta di atti e di conseguenze in grado potenzialmente di alterare lo stato attuale del patrimonio di Xeco.

Queste sono le principali ragioni addotte dal gip che ne sviluppa anche altre più tecniche e su cui eventualmente ritorneremo se o riterremo necessario.

Mentre sicuramente torneremo sulla nomina fatta al 100% in buonissima fede dal tribunale di Napoli, della commercialista di Casapulla Caterina De Rosa ad amministratrice giudiziaria di Xeco ed Esi. Al momento, non sappiamo se la brava professionista, che l’ex consigliere regionale oggi segretario campano del nuovo movimento di Mastella Noi di centro, ha voluto nel consiglio di amministrazione della Gisec, società che si occupa solo e solamente di rifiuti in provincia di Caserta, abbia rinunciato a questa carica oppure all’affidamento della funzione di amministratore giudiziario di società che si sono occupate e potrebbero occuparsi ancora di rifiuti in provincia di Caserta, cioè in un perimetro territoriale in cui la Gisec nella quale la De Rosa svolge una funzione amministrativa, sviluppa il 100% delle attività previste dal suo oggetto sociale.

E qui, il conflitto di interessi è talmente mastodontico che speriamo di ricevere, di qui a poco, la notizia che la stessa De Rossa abbia, nel rispetto del tribunale di Napoli e nel rispetto della stessa Gisec, rinunciato ad uno dei due incarichi.