OSPEDALE DI CASERTA. I soliti Gubitosa e Nicola Cristiani: vogliono far politica con le posizioni organizzative. Fials e Nursing Up chiedono soldi per tutto il comparto e per protesta se ne vanno

31 Gennaio 2024 - 19:13

Zero trasparenza sul Fondo incarichi, progressioni economiche e indennità professionali e sul Fondo premialità e condizioni di lavoro. Vi dimostriamo come viene sistematicamente violato l’articolo 9 del Contratto collettivo nazionale di lavoro, peraltro scaduto nel 2021, senza che, ad oggi, l’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano abbia garantito una firma lineare e trasparente del Contratto integrativo aziendale.

CASERTA (gianluigi guarino) La contrattazione integrativa aziendale rappresenta uno dei pilastri della relazione tra le cosiddette parti sociali. Una cosa molto seria, sia nel rapporto tra imprenditoria privata e sindacati e, ancor di più, nel momento in cui il ruolo di imprenditore è svolto dallo Stato o dalle sue diramazioni, ossia Regioni, Province, Comuni, direttamente o attraverso i loro enti subordinati o le loro aziende speciali. Non diciamo che si tratta di un momento solenne per non ritualizzare conformisticamente questa definizione, ma sicuramente è un passaggio importante, che caratterizza e qualifica la vita di una democrazia; il momento in cui, da un lato i sindacati svolgono, bene o male, purtroppo più male che bene il più delle volte, la loro alta funzione, così come questa è descritta e garantita dalla Costituzione, dall’altro il momento in cui la cosiddetta controparte svolge, a sua volta, la propria funzione, assumendosi la responsabilità di realizzare una equa mediazione tra i legittimi interessi aziendali e quelli dei cittadini-lavoratori.

Sembra una lezioncina di educazione civica che mai e poi mai, in un posto normale, dovrebbe essere impartita o, addirittura, inflitta ad un alto rappresentante del settore pubblico. E’ come se a un dottore di ricerca, laureato in Lettere moderne o in Lettere antiche tu, giornalista, volessi impartire una lezioncina, un ripasso, una rinfrescata sull’elenco delle cinque vocali e su quello delle 16 consonanti, che, insieme alle prime, costituiscono l’alfabeto. Quando, però, a Caserta ci si infila nelle strutture della burocrazia sanitaria, sei costretto a ricordare questi principi peculiari, queste pietre miliari di un sistema fondato sulla democrazia partecipata e partecipativa, sui pesi e sui contrappesi. Quando poi, restringendo ancor di più il campo di azione, ti trovi a doverti necessariamente occupare delle cose riguardanti l’Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano, non ne parliamo neppure. E se oggi ci limitiamo ad una premessa di sole 10, 12 righe su questo argomento, è perché ormai conosciamo certe situazioni come le nostre tasche e perché, conseguentemente, tanti racconti simili a quello di oggi, abbiamo già erogato intorno alle vicende di chi fa il cane da guardia di Asl e ospedali, in nome e per conto del Governatore De Luca, in una condizione di totale, acefala sudditanza rispetto al potere lottizzatorio che la politica esercita sulla sanità pubblica, riducendone, spesso azzerandone, la qualità a danno dei cittadini.

“E qui comando io, e questa è casa mia, ogni dì voglio sapere chi viene e chi va”. Così recitava il ritornello di una canzone interpretata da una Gigliola Cinquetti che aveva raggiunto l’età per amare e anche per cantare con una postura di donna già fatta, rispetto a quella adolescenziale che la fece trionfare, in Italia e in Europa, nel 1964. Immaginate un po’ come apparirebbe Gaetano Gubitosa, direttore generale dell’Azienda ospedaliera su menzionata, qualora decidesse di cantare questo motivetto, magari insieme ai comici Paolantoni e Cirilli, nel corso di una puntata di Tale e quale show di Carlo Conti, travestito da Gigliola Cinquetti.

E sì, perché tutto sommato, lo slogan, il modo con cui Gubitosa governa (si fa per dire) l’ospedale di Caserta è proprio questo. “Qui comando io, questa è casa mia e ogni dì voglio sapere, chi viene e chi va”. Uno che ragiona in questo modo, non è biologicamente preparato, attrezzato per esercitare il ruolo di controparte in una trattativa seria, riguardante l’argomento serissimo della contrattazione integrativa aziendale. Uno che dice “questa è casa mia” non ha proprio la consapevolezza di dove si trovi e di quale sia l’identità e la consistenza del proprio ruolo. Da quando sta a Caserta, abbiamo registrato almeno una decina di riunioni, finite sicilianamente “a schifio” con i sindacati, incazzatissimi al punto da lasciare la stanza, l’ufficio di questi pseudo incontri. E così è successo anche di recente, quando Gubitosa ha convocato le sei sigle accreditate, a partire da Nursing Up, il sindacato autonomo che detiene la maggioranza relativa degli iscritti nell’Azienda ospedaliera, proseguendo poi con Nursind, Fials, fino ad arrivare alle tre canoniche sigle dei sindacati confederali, Cgil, Cisl e Uil che qui da noi si possono tranquillamente chiamare Cisl, Cisl e Cisl, visto che la Cgil e la Uil vivono un’esistenza grama, al guinzaglio di Nicola Cristiani, capo della ripartizione Funzione pubblica della citata Cisl. Uno è portato a pensare che, nel momento in cui si deve parlare con i sindacati di quello che si può fare, nel caso specifico con i dipendenti del comparto sanitario, cioè infermieri, operatori socio sanitari, tecnici di laboratorio, tecnici di radiologia, fisioterapisti e ostetriche, si parta da un presupposto irrinunciabile e riassumibile in una semplice domanda: quanti soldi ci sono a disposizione? Quanti soldi sono vincolati ad una destinazione e quanti soldi invece, possono essere frutto di una mediazione tra le esigenze dell’azienda, che sulla carta dovrebbero consistere solamente nell’idea che il dg ha per garantire al meglio la qualità dei servizi offerti ai pazienti-utenti e le esigenze dei sindacati che, pur considerando, anch’essi, la qualità dei servizi la principale ragione, lavorano anche allo scopo e nel rispetto della loro funzione istituzionale, di perequare e di allargare il più possibile i benefici, frutto di una buona contrattazione integrativa aziendale. Ma se tu, Gubitosa, giochi a carte coperte, poi è chiaro che uno di buon senso, con un cervello libero e indipendente, ossia un giornale come il nostro, debba per forza dirti che la ragione che tu difendi non è solo quella relativa alla qualità dei servizi che intendi offrire a chi ti paga, cioè ai cittadini-utenti-pazienti. Se, infatti, non hai nulla da nascondere e la ragione è solo questa, non dovresti avere alcuna difficoltà, anzi, dovresti affiggere dei manifesti, quelli della trasparenza, per comunicare a tutti che nei fondi a disposizione ci sono tot euro, 100 euro, 50mila, un milione, due milioni. E invece non lo fai. E, ovviamente, finiscono per alterarsi e per sospettare, non infondatamente, che dietro ci dia qualcosa di losco, quei sindacati che oggi vogliono evitare che si ripeta lo sperpetuo verificatosi fino a qualche tempo fa, fino al momento in cui, dopo ben 14 anni, ha trovato un minimo di soluzione la tristissima vicenda, di cui ci siamo più volte occupati, del riconoscimento dei 95 euro al mese, relativi a quelle che si chiamavano al tempo fasce e che, nell’ultimo Contratto nazionale di lavoro firmato (2019-2021), si chiamano Differenziali economici di professionalità, ovvero Dep.

Nursing Up, Nursind e Fials, sindacato quest’ultimo a cui, evidentemente, qualche lezione di vita ha fatto bene, dato che ultimamente, Salvatore Stabile, dopo averle buscate anche da noi in tribunale, dove ci ha comicamente portati, ritenendo di poterci intimidire, ottenendo, invece, l’effetto contrario, con una stupida querela, sembra avere imboccato un sentiero corretto di rivendicazione, vorrebbero spendere la maggior parte dei soldi, diciamo tutti i soldi possibilmente spendibili, per premiare il numero più alto possibile di infermieri, di Oss, di Ostetriche, di fisioterapisti, di tecnici di laboratorio e di radiologia, garantendo loro questi 1200 euro all’anno, che peraltro, sono anche poco rispetto agli sforzi compiuti da queste categorie professionali durante il periodo terribile del Covid e per tutto il tempo in cui hanno tappato e continuano a tappare buchi, a sopportare l’afflizione di turni massacranti, a causa di una carenza di personale che non è solo frutto della carenza di quattrini, ma anche dei traccheggiamenti, delle manovre e delle manovrine di chi, come Gubitosa, non ha l’obiettivo – e qui ritorniamo al punto di prima – di garantire il raggiungimento di certi standard di efficienza e di qualità, ma guarda costantemente, così come abbiamo dimostrato in decine e decine di articoli, alle ragioni della sedicente politica locale, che a volte lo portano a tenersi in mano possibilità non sfruttate, concorsi che si potrebbero bandire e che, invece, non si bandiscono e che poi, quando si bandiscono, vengono banditi (questo verbo ci piace proprio, ecco perché lo abbiamo ripetuto quattro volte) offrendo possibilità a certe province, tipo Salerno, Avellino e Napoli, in cui gli interessi politici del Governatore sono molto, ma molto più attivi di quanto non lo siano a Caserta, di sfogare tutte le istanze clientelari non evase in loco.

Torniamo all’attualità, formulando a noi stessi una domanda a cui cercheremo di dare una risposta: come è finita la riunione, alcuni giorni fa? Naturalmente “a schifio”. E non è finita a schifio perché certi sindacati, ovviamente gli autonomi, non certo la Cisl con cui Gubitosa da anni fa consociazione, con cui Gubitosa “si mette d’accordo”, si sono limitati a chiedere una contrattazione integrativa aziendale che si sviluppi attraverso i requisiti e le regole previsti dal Contratto nazionale di lavoro del comparto, all’articolo 9, comma 5 e all’articolo 10, comma 3.

Dunque, diventa argomento di rottura, ciò che dovrebbe rappresentare un dato scontato e scontatamente accettato da tutte le parti che si siedono attorno ad un tavolo della Repubblica italiana, fondata sulle leggi e sul lavoro. Articolo 9, comma 5, ci limitiamo solo alla lettera a: “Sono oggetto di contrattazione integrativa aziendale: i criteri di ripartizione delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa tra le diverse modalità di utilizzo all’interno di ciascuno dei due fondi di cui agli artt. 102 (Fondo incarichi, progressioni economiche e indennità professionali) e 103 (Fondo premialità e condizioni di lavoro)”. Andiamo ora all’art. 10, comma 3: “L’Azienda o Ente convoca i soggetti sindacali di cui all’art. 9 (Contrattazione collettiva integrativa: soggetti e materie), per l’avvio del negoziato del contratto integrativo triennale, entro trenta giorni dalla presentazione delle piattaforme e comunque non prima di aver costituito, entro il termine di cui al comma 2, la propria delegazione. L’avvio del negoziato per le materie oggetto di contrattazione integrativa annuale avviene entro il 31 gennaio dell’anno di riferimento”.

Per quanto riguarda l’articolo 9, questo stabilisce che è assolutamente cogente il fatto che dentro alla contrattazione integrativa, ci sia la determinazione dei criteri di ripartizione dei soldi, delle risorse contenute nel Fondo incarichi, progressioni economiche e indennità professionali e nel Fondo premialità e condizioni di lavoro. Nel momento in cui Gubitosa si rifiuta di presentare l’estratto conto, cioè la fotografia dei soldi a disposizione e di quelli eventualmente, anzi, sicuramente già spesi, con modalità a dir poco discutibili, nega e viola un diritto sindacale sacrosanto sancito dal Contratto nazionale di lavoro, strumento che, forse, nella piazza della ridente Montemiletto, paese natale del dg, non è ancora una Fonte del Diritto, ma nel resto d’Italia è tale, inserita nella gerarchia delle norme che ogni cittadino deve rispettare, non facoltativamente, ma obbligatoriamente. Solo che, ogni volta che ci si siede, Gubitosa trasforma la contrattazione sindacale in una barzelletta, in una sorta di gioco delle tre carte. Non solo: ma alza anche la voce. Il che, ci potrebbe anche stare. Ma la voce si alza da alto dirigente di un ente pubblico, per difendere l’integrità del diritto, di cui si dovrebbe essere tutori, non, invece, per intimidire gli interlocutori, le altre parti sociali, in modo da girarci attorno a quel diritto di cui si dovrebbe essere custodi. Per quanto riguarda poi l’articolo 10, questo stabilisce una tempistica precisa, ma ampiamente disattesa dal direttore generale, almeno stando alla posizione espressa dai sindacati, di quei sindacati che, non a caso, il richiamo all’articolo 10 hanno fatto mettere nel verbale della riunione di cui stiamo scrivendo.

Ma cosa c’è dietro a questa omertà? Naturalmente c’è, imperante, quella parte di possibile utilizzo delle risorse integrative, destinate alla cosiddetta politica, cioè quel potere discrezionale che le direzioni strategiche, insieme ai sindacati amici e consociativi – parliamo sempre della Cisl -, utilizzano per costruire la platea ristretta di quelle che fino al tempo del vecchio contratto si chiamavano Posizioni organizzative e che oggi si chiamano Funzioni professionali e Funzioni organizzative. E’ lì che la politica mette becco ed è quella la parte che interessa alla Cisl in questo momento. Gli altri sindacati non hanno un elenco di nomi e di cognomi, ma dicono che il Dep, ex fascia, vada riconosciuto a tutti i componenti del comparto sanitario. Questa è la differenza e non da poco tra la rivendicazione, la piattaforma dei sindacati che fanno il mestiere dei sindacati e l’idea coltivata dal Gubitosa con la sponda non espressa, ma esistente di fatto, della Cisl di Nicola Cristiani. Anche perché gli incarichi di coordinamento esistono e sono in vigore, in forza di concorsi effettuati 3 anni fa e non 50 anni fa. Nel momento in cui Gubitosa spinge per fare oggi nuovamente i concorsi per questi incarichi di coordinamento, per quelle che una volta erano definite Posizioni organizzative, getta la maschera, perché in tanti altri contesti dell’ospedale, ha, invece, bloccato i concorsi, allungando a dismisura i tempi degli incarichi. Il suo zelo, relativamente ai coordinamenti del comparto è, quantomeno, sospetto, per non dire altro. Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni e se questo tavolo della contrattazione si ricomporrà, almeno per una volta, nel rispetto delle norme, perché di norme con forza di legge si tratta, sancite dal Contratto nazionale di lavoro. Al momento, l’aria che tira non è buona, visto che i tre sindacati Nursing Up, Nursind e Fials hanno già annunciato che il giorno 7 febbraio, data fissata dal dg per la nuova convocazione, non si presenteranno affatto, ritenendosi, a quel punto, liberi di denunciare e di impugnare in ogni sede, eventuali decisioni assunte e solo spacciate come conseguenza di un formale tavolo di contrattazione integrativa aziendale che in realtà non esiste, che in realtà costituirebbe solo una mistificazione. Ciò a due anni e più dalla scadenza del Contratto collettivo nazionale di lavoro.