Parte dal carcere l’ordine di morte: “Uccidete l’educatrice”

9 Ottobre 2023 - 16:16

Gli agenti della penitenziaria e la Procura sammaritana sventano l’omicidio. Oggi la donna è sotto scorta.

CARINOLA/MONDRAGONE. E’ la Procura di Santa Maria Capua Vetere ad indagare sul disegno criminale, ordito da un detenuto del carcere di Carinola, finalizzato all’eliminazione di un’educatrice di quel penitenziario. Educatrice nei cui confronti, evidentemente, il recluso prova rancore.

Il piano è stato, però, mandato a monte dagli agenti della polizia penitenziaria che hanno ascoltato le parole di qualche detenuto venuto a conoscenza delle intenzioni del napoletano 49enne, pare legato al clan Contini, mandante dell’omicidio sventato. Oggi l’educatrice è sotto scorta, mentre il procuratore capo Pierpaolo Bruni ed il sostituto Mariangela Condello hanno avviato l’indagine e ordinato le perquisizioni, svoltesi nei giorni scorsi, nell’abitazione del detenuto napoletano (ma anche nella sua cella), in quella di suo figlio, 32enne già con precedenti penali ed in casa di suo padre 69enne, che solo da poco ha lasciato Poggioreale ed ora si trova ai domiciliari. Insomma, una famigliola “di tutto rispetto” nell’ambiente criminale.

Ma i tre non sono gli unici coinvolti nel piano criminoso: il quarto uomo, ovvero quello che avrebbe dovuto materialmente premere il grilletto, è un pregiudicato di Mondragone, anche lui già finito nelle maglie della giustizia per associazione di stampo camorristico. A contattare il casertano sarebbe stato proprio il padre del detenuto “offeso” dall’educatrice ed il mondragonese avrebbe dovuto procurarsi l’arma con cui sparare.

Insomma, una storia da brividi sulla quale si aspettano gli esiti dell’indagine. Intanto, il segretario generale del S.PP, Aldo Di Giacomo, sottolinea che “è grazie all’impegno della polizia penitenziaria” che si è sventato l’omicidio. “La criminalità nel carcere fa tutto quello che fa fuori senza alcuna limitazione di reati”, per poi aggiungere che è da tempo che “tutto questo, con decine di kg di droga sequestrati, 800 aggressioni ad agenti, 2mila telefonini rinvenuti l’anno, insieme alla fuga del personale sanitario che ha paura per la propria incolumità, non interessa a nessuno” e che “sui giornali fa cronaca solo l’inchiesta contro agenti accusati del reato di tortura che, nell’80% dei casi, si risolve con il proscioglimento dei colleghi imputati”. Beh, Di Giacomo, stavolta, si sbaglia. Gli agenti della penitenziaria, in questo caso, sono stati attenti e solerti nell’informare la Procura. E questo, probabilmente, ha permesso di salvare la vita all’educatrice.