POLICLINICO DI CASERTA. Ora scriviamo noi: ecco la vera situazione, tra dicerie infondate e le fantozziane “boiate pazzesche” di De Luca, che non può commissariare un piffero

28 Luglio 2020 - 13:18

CASERTA – L’incrocio, diciamo così sfortunato, tra il Policlinico, appaltato dalla Seconda Università degli Studi di Napoli, meglio conosciuta con il suo acronimo Sun, e la ImmobilG di Maria Pagano Granata, appartiene a narrazioni del passato di questo e di altri giornali, e siccome l’articolo che scriviamo oggi non è un’esercitazione storicista, evitiamo di tornarci sopra.

Noi vogliamo raccontare, a partire da ora, il percorso, fortunatamente ancora attivo, che dovrebbe portare di qui, si spera ad un paio di anni, all’apertura del grande Policlinico Universitario di Caserta.

Questo, in un’altra città costituirebbe una struttura in grado di imprimere una svolta totale all’economia e alla qualità della vita, mentre da noi è meglio non fare previsioni, perché l’imperante relativismo etico magari determinerà la stessa situazione di quelli che spernacchiavano i colonizzatori del deserto libico e arabo quando sotto ai piedi di questi c’era ciò che ha costituito la più grande ricchezza del ventesimo secolo. Cosa ci faranno i casertani con il Policlinico, dunque, non lo possiamo prevedere.

Nell’attuale condizione, con gli amministratori comunali che ci ritroviamo, il gramsciano pessimismo della ragione prevale nettamente sull’ottimismo della volontà.

Oggi, però, possiamo affermare una cosa ben precisa, che sfata una vulgata disinformata e demagogica, la quale vorrebbe l’Università Luigi Vanvitelli poco disponibile a far completare i lavori e a far partire la struttura in quanto la lobby napoletana che dominerebbe ancora l’Ateneo sarebbe troppo legata agli interessi che si promanano dalla Federico II, dove hanno insegnato tanti genitori, zii e parenti degli attuali docenti dell’Università casertana.

Non è così. La perentorietà di questa affermazione è frutto di informazioni di primissima mano che Casertace ha assunto.

Si parla, da qualche settimana, di una transazione sotto alla quale mancherebbero solamente le firme tra la Vanvitelli e i commissari della società Condotte, nominati dal Tribunale, che seppur tra molti problemi è riuscita, fino al 2018, a realizzare il 30% dei lavori previsti dal progetto.

Ciò avviene dopo il no opposto alla iniziale richiesta di concordato preventivo.

L’attivazione della transazione, a cui ha lavorato con grande dedizione il rettore uscente Giuseppe Paolisso, che il prossimo 1 novembre passerà la mano al suo successore Gianfranco Nicoletti, neo eletto con il 97% dei voti dei suoi colleghi, aprirà una prospettiva entusiasmante.

Quante volte avete letto, negli articoli di questo giornale, aggettivi come quello appena utilizzato?

Non si arriva, probabilmente, nemmeno alle dita di una mano sola. Se lo diciamo è perché abbiamo constatato di persona che questa transazione, che andrà a sostituire il vecchio contratto tra Università e Condotte, prevede espressamente la ripresa dei lavori entro 30 giorni dalla firma.

E qui andiamo a chiarire un nodo compreso da pochi: il cantiere sarà riaperto da Condotte, dall’azienda oggi governata dai commissari, in applicazione della procedura di soccorso alle cosiddette grandi imprese (quella che, per intenderci, fu utilizzata per Parmalat dopo il famoso crack).

Ma Condotte non riprenderà come se nulla fosse successo.

Per usare una formula usuale, in situazioni come queste, quello che per una piccola impresa, fallita e amministrata dal tribunale, può essere la cessione di un suo ramo, per una grande impresa diventa la ripartizione tra cose utili, positive, in grado di produrre reddito aziendale, e cose da buttare via perché tossiche, inadeguate e fondamentalmente responsabili del fallimento.

In poche parole si creano una “new company” e una “bad company”.

Il lavoro del rettore Paolisso e anche l’autorevolezza dell’istituzione che si è presentata al cospetto dei commissari di Condotte, ha fatto sì che il rapporto in essere tra questa impresa e l’Università Vanvitelli non fosse interrotto e finisse, dunque, nella new company.

I commissari hanno valutato come conveniente e redditizia la continuazione dei lavori nel cantiere del Policlinico.

Ovviamente tutto questo è stato possibile grazie ad una specialissima motivazione mostrata dal rettore, dai suoi collaboratori e dalla direzione generale dell’Università, che da due anni combatte per raggiungere un obiettivo divenuto anche una sorta di punto d’onore.

La Luigi Vanvitelli, nel 2018, al momento del fallimento di Condotte, ha avuto a portata di mano la possibilità di chiudere la partita scaricando su altri le responsabilità del fallimento. Ha avuto la possibilità di percorrere il sentiero impossibile di un azzeramento delle procedure e della pubblicazione di una nuova gara d’appalto per la cui aggiudicazione definitiva sarebbe occorso almeno un anno e mezzo.

In poche parole, se la storiella dei napoletani che non vogliono il Policlinico di Caserta avesse avuto un fondamento, il crack di Condotte avrebbe fornito su un piatto d’argento l’occasione dissolutoria.

L’aver intrapreso, invece, la strada della complicata trattativa con i commissari, intravedendo un pertugio nel programma di ridimensionamento e rilancio di quella che è stata una grande impresa di costruzione italiana, racconta una storia completamente opposta: il corpo accademico, rappresentato dal rettore Paolisso, vuole fortissimamente che il Policlinico si faccia.

Ci piace scrivere, quando pubblichiamo pezzi come questi, definirli come “articoli di installazione”, mutuando l’espressione dalla Formula 1 e da quella “installation lap” che tutte le auto fanno all’inizio dei loro test di affidabilità e sviluppo allo scopo di attivare le strutture fondamentali del motore e dell’aerodinamica.

Dunque, è un punto di partenza, nel quale possiamo già affermare le frasi da campagna elettorale tipo quella di De Luca, che in un momento di para-delirio ha parlato addirittura di commissariamento del Policlinico, sono, per dirla alla ragionier Ugo Fantozzi, “delle boiate pazzesche”.

Vi comunichiamo, infatti, un’altra notizia banale, ma sconosciuta, probabilmente, al 99% dei casertani: la struttura giuridica titolare del policlinico è imperniata sull’Università di Caserta, ente attuatore in quanto ente ente nazionale e diramazione diretta del governo. Le quote di partecipazione sono così distribuite: il 60% al Ministero della Salute, azionista di maggioranza, il 35% al Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, il 5% alla Regione.

A De Luca viene consentito tutto. E sul Policlinico, in passato e anche ultimamente, ne ha sparate veramente di grosse.