Processo ad Alessandro Zagaria e Francesco Madonna. La Procura si gioca la solita carta: la Corte di Appello ammette il pentito Francesco Zagaria Ciccio e Brezza

18 Maggio 2021 - 17:27

GRAZZANISE – (Gianluigi Guarino) E’ il prezzemolino della cronaca giudiziaria casertana. Nel senso che sta bene dappertutto ed è applicabile a quasi tutti i processi in cui viene sviluppato il dibattimento su accuse di camorra, diversamente graduate caso per caso, situazione per situazione, imputato per imputato. Se l’apporto che Ciccio e Brezza, al secolo Francesco Zagaria, originario di Casapesenna, ma trapiantato per moltissimi anni a Capua potrà essere utile alle tesi della pubblica accusa della Dda ce lo potranno dire solamente le sentenze, successive alle chiamate testimoniali che lo riguardano e che vengono attivate, direttamente, nei processi di primo grado col rito ordinario, indirettamente, attraverso la Procura Generale, nei processi in Corte di Appello. Certo è che la Dda ha puntato tantissimo su Ciccio e Brezza sin dal momento successivo al suo pentimento, avvenuto, in pratica, repentinamente mezz’ora dopo il suo arresto nell’ambito della nota inchiesta sulla presunta tangentopoli capuana e sull’ultimo lembo dell’omicidio di Sebastiano Caterino, del quale, inopinatamente e dopo tre gradi di processo, e milioni di righe testimoniali di collaboratori di giustizia Ciccio e Brezza fu accusato a sua volta per aver svolto un ruolo a supporto del commando di morte che agì a Santa Maria Capua Vetere, in via dei Romani, all’imbocco del sottopasso che conduce alla non certo luminescente area Iacp. Un arresto a sorpresa visto che i giornali, partendo dal nostro, avevano scritto centinaia di articoli su quell’omicidio avvenuto nell’anno 2003 e in relazione al quale mai e poi mai era emerso, anche di striscio, il nome di Francesco Zagaria.

Oggi la Corte di Appello di Napoli che sta giudicando in secondo grado gli imputati divenuti tali dopo l’inchiesta dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia, Alessandro D’Alessio e Maurizio Giordano, ha ammesso a testimoniare lo Zagaria, integrando la decisione già presa sin dalle prime battute, dalle prime schermaglie processuali, di attribuire al giudizio di secondo grado, che di solito si gioca sui ricorsi scritti e sulla loro illustrazione in aula, un format dibattimentale tipico dei processi di primo grado. Questo, la Corte di Appello non lo fa certo sempre, ma in taluni casi lo concede alle parti. Francesco Zagaria testimonierà solamente per la parte relativa all’appalto, aggiudicato dal comune di Grazzanise ai fratelli  Francesco e Nicola Madonna, quest’ultimo, recentemente scomparso a causa del Covid, noti  imprenditori di Casal di Principe, che avrebbero beneficiato, a suo tempo, dei buoni uffici offerti da Alessandro Zagaria, il principale protagonista di questa indagine, uno che ha già vissuto diversi anni di carcerazione preventiva ma che in primo grado è stato condannato solamente a 4 anni per i reati ordinari e dunque con la totale esclusione delle aggravanti legate alla sua partecipazione e ad un ruolo importante che avrebbe svolto nel clan dei casalesi, fazione di Michele Zagaria, per aprire le strada alla concessione di appalti pubblici a ditte di fiducia del citato clan dei casalesi. Per Alessandro Zagaria, la pubblica accusa con la Dda aveva chiesto ben 20 anni di reclusione. Ad epilogo di quel processo nel quale anche l’altro imputato eccellente, cioè l’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere, Biagio Di Muro, rimediò una condanna relativa al solo reato ordinario in quel caso 4 anni e qualcosa se non ricordiamo male, la procura di Napoli in quel caso attraverso la Dda presentò appello rispetto ad alcuni verdetti. Non tutti. Ad esempio, l’assoluzione di Biagio di Muro per quanto riguarda il reato di camorra, formalizzato  attraverso la contestazione dell’articolo 7 non fu appellata. Per cui, Di muro, in questo processo di secondo grado è imputato per effetto del ricorso presentato dal suo avvocato difensore, Giuseppe Stellato, e finalizzato ad ottenere l’assoluzione anche per il reato di corruzione per il quale invece è scattata la condanna di primo grado.

Nel caso del filone grazzanisano di quest’indagine, la Dda ha presentato appello per chiedere la riforma della sentenza che ha escluso l’aggravante camorristica per Alessandro Zagaria. In questa chiave va valutata la citazione nel processo di Ciccio e Brezza che dovrebbe consentire alla Procura Generale, che ha raccolto il testimone dalla Dda, di rafforzare argomentazioni ed elementi processuali in modo da convincere i giudici della Corte di Appello a produrre una condanna molto più dura rispetto a quella emessa a suo tempo dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di Alessandro Zagaria, riconoscendo, dunque, come fondate le ragioni-cardine di quest’inchiesta costruite proprio sulla figura di Alessandro Zagaria, in pratica un giovane boss che avrebbe preso le redini della camorra degli affari.

Si tratta, come scrivevamo all’inizio, di un test importante, di tutt’altro spessore rispetto ai primi parziali insuccessi, incassati dalla Dda dopo aver inserito Francesco Zagaria in procedimenti pendenti oppure come attore, come propulsore di nuovi procedimenti come quello che ha portato alla richiesta presentata dalla Dda, rigettata seccamente da un gip del tribunale di Napoli, di arrestare Michele Zagaria e il suo luogotenente Salvatore Nobis per un omicidio finanche più datato di quello di Sebastiano Caterino, cioè l’uccisione, da parte di un commando del clan dei casalesi, di Raffaele Lubrano, geometra di Pignataro ma soprattutto figlio di “don Vincenzo Lubrano”, storico boss con relazioni solide anche con cosa nostra e genero di Lorenzo Nuvoletta, avendo sposato, Rosa Nuvoletta, figlia di quest’ultimo. Un matrimonio non casuale in quanto andò a rinsaldare i rapporti tra due famiglie malavitose che poi erano le uniche che in Campania avevano continuato a intrattenere i rapporti con i Corleonesi al punto che si è sempre detto, anche se la notizia non ha mai avuto conferma, che Totò Riina in persona avrebbe partecipato a uno dei matrimoni riguardanti componenti del nucleo familiare Lubrano-Nuvoletta. Ma una cosa è una richiesta cautelare, altra cosa è il verdetto di un processo che si occupa di camorra e di politica. Per cui, già vi annunciamo che seguiremo l’esame a cui Francesco Zagaria si sottoporrà, rispondendo alle domande del procuratore generale che lo ha citato, e naturalmente anche il controesame in cui il pentito dovrà rispondere anche alle domande che gli saranno formulate dagli avvocati difensori degli imputati.