Processo d’Appello per Alessandro Zagaria, Di Muro ed altri. La Procura Generale chiede che tre pentiti siano riascoltati in aula

15 Gennaio 2021 - 11:32

In primo grado, le condanne furono molto più lievi delle richieste, in quanto il tribunale di Santa Maria Capua Vetere assolse gli imputati per i reati di camorra o comunque in connessione agli interessi del clan dei casalesi

 

CASAPESENNA/SANTA MARIA CAPUA VETERE – (g.g.) Si è svolta ieri mattina davanti ai giudici della Corte di Appello di Napoli, l’udienza del processo a carico di Alessandro Zagaria, Biagio Di Muro e altri. La Procura Generale cioè la pubblica accusa, ha chiesto in pratica di riaprire una fase processuale tipica del primo grado di giudizio, riascoltando cioè, nella veste di testimoni, i due collaboratori di giustizia Massimiliano Caterino, per anni uomo di estrema fiducia del boss Michele Zagaria e Benito Natale di Grazzanise il quale, fino ad ora non è che abbia offerto, nei suoi racconti, un grande saggio di precisione ricostruttiva e coerenza logica che possano indurre a ritenere che si tratti di un collaboratore di giustizia totalmente genuino, realmente associato a un concetto di “verità terza”.

Sempre la Procura Generale ha chiesto di ascoltare ex novo Francesco Zagaria, detto Ciccio ‘e Brezza, anche lui collaboratore di giustizia e anche lui in una condizione che, a nostro modestissimo avviso, deve ancora dimostrare un approccio, rispetto alle domande che gli vengono poste, non condizionato da riserve mentali.

La sezione della Corte di Appello di Napoli davanti alla quale si sta tenendo questo processo, si è riservata di decidere e ha fissato la prossima udienza per maggio.

In primo grado, a fronte di una richiesta di ben 20 anni di reclusione, Alessandro Zagaria fu condannato a 4 anni di reclusione, in conseguenza dell’esclusione, da parte del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, del reato di camorra cioè l’associazione e delle aggravanti degli articoli 7. Stesso discorso per Biagio Di Muro che al tempo dei presunti reati era sindaco di Santa Maria Capua Vetere e per il quale i giudici di primo grado esclusero ogni aggravante camorristica, facendo sopravvivere il reato ordinario di corruzione. Per l’ingegnere-faccendiere napoletano Guglielmo La Regina 6 anni di reclusione a fronte degli 8 chiesti dai magistrati della Dda. Un anno con pena sospesa fu la condanna per Roberto Di Tommaso, ingegnere della città di Foro che sempre al tempo dei presunti reati contestati era dirigente dell’ufficio tecnico del comune di Santa Maria Capua Vetere. Infine Vincenzo Manocchio, docente universitario e componente della commissione aggiudicatrice dell’appalto per la ristrutturazione di Palazzo Teti Maffuccini di Santa Maria Capua Vetere fu condannato a 4 anni e 6 mesi.