Revocata dopo quasi 18 anni la scorta a Vincenzo Schiavone, patron della clinica Pineta Grande. Il Tar respinge il suo ricorso

15 Aprile 2021 - 13:12

Lo scorso giugno era stata accolta la sospensiva del provvedimento assunta dalla Prefettura sulla scorta di una univoca valutazione di non esistenza di un pericolo attuale, formulata dalla Dda e dalla Procura di S.Maria C.V., dai Carabinieri, dalla Finanza e, successivamente, anche dalla Questura di Caserta

 

 

CASTEL VOLTURNO (G.G.) – Il tar della Campania ha emesso la sentenza di merito sul ricorso presentato dal noto imprenditore della sanità Vincenzo Schiavone, patron della clinica Pineta Grande di Castel Volturno, avverso al provvedimento della Prefettura di Caserta che non ha prorogato ulteriormente, revocandola di fatto, la scorta di cui Schiavone godeva dal 200, cioè da 18 anni.

Il verdetto è arrivato dopo che alcuni mesi fa nel giugno scorso lo stesso Tar aveva invece accolto la richiesta di sospensiva del provvedimento della Prefettura, ravvisando evidentemente la sussistenza dei due elementi costitutivi della decisione cautelare: il cosiddetto fumus boni iuris, ma soprattutto il periculum in mora.

In poche parole, il Tar, avendo davanti a sé la prospettiva di una valutazione più approfondita delle posizioni della parte opponente, cioè di Vincenzo Schiavone, e di chi di fronte a questa opposizione si andava a costituire, cioè la Prefettura di Caserta attraverso il Ministero degli interni, ha voluto congelare tutto per esaminare con attenzione gli aspetti e le ragioni di una vicenda sicuramente molto delicata, anche in considerazione del peso specifico che, a vario titolo, Vincenzo Schiavone – tra le altre cose padre del neo-presidente dell’Unione Industriali di Caserta, Beniamino Schiavone – indubbiamente possiede.

La Prima Sezione Ter del Tar Campania si è riunita un mese fa e la sua decisione può essere conosciuta, nel dettaglio, cliccando in calce a questo articolo il link contenente la copia integrale della sentenza.

Non leggerete il nome di Vincenzo Schiavone, né quello della clinica Pineta Grande. Abbiamo lavorato per ricostruire i fatti in modo da avere l’assoluta certezza che la vicenda giudiziaria riguardi proprio il titolare della clinica.

Come facciamo ultimamente con le sentenze degli organismi della giurisdizione amministrativa, proviamo a sintetizzare i motivi della decisione dei giudici (stante la possibilità che offriamo sempre di rendersi conto de visu consultando il testo giudiziario in copia originale).

In poche parole, la Prefettura, nella revisione ordinaria dei requisiti e dei motivi che rendono necessaria l’adozione di una scorta armata a carico dello Stato, ha attivato tutte le autorità preposte.

Sia il Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta, che il Comando Provinciale della Guardia di Finanza, e poi ancora le Procure della Repubblica di Napoli (area Dda) e Santa Maria Capua Vetere, hanno formalmente dichiarato all’autorità di governo che attualmente non esistono motivi segnali, indicatori, che facciano ritenere ancora esistente e attuale un pericolo per l’incolumità dell’imprenditore, che la scorta ottenne nel 2003 dopo aver testimoniato contro alcuni boss del clan dei Casalesi e che si è giovato di un’ultima proroga durata quattro anni, durata fino all’inizio del 2020, quando la Prefettura di Caserta ha attivato la procedura di verifica appena illustrata.

Al contrario, Vincenzo Schiavone ha sostenuto, nel suo ricorso, che si trovano a piede libero persone vicine a quelle che lui accusò a suo tempo.

Circostanza, questo, che renderebbe ancora esistente ed attuale un pericolo per la sua vita.

Oltre a ciò, sempre Vincenzo Schiavone ha depositato come ulteriori elementi che, a suo dire, integrano l’esistenza e l’attualità del pericolo, una denuncia a suo carico presentata da un dipendente o ex dipendente della clinica ed un esposto, riteniamo anche in questo caso scritto da altri nei suoi confronti, ancor meno identificabile dell’appena citata denuncia del dipendente.

Il discorso con cui il Tar motiva la sua decisione di respingere il ricorso di Schiavone, considerando valido ed esecutivo lo status ed esecutivo lo status di persona non più scortata, ma che comunque viene seguita da un più blanda “vigilanza radiocollegata”, è fondamentalmente questo: la certificazione dell’esistenza o della non esistenza di indicatori di pericolo si trova pacificamente in capo all’autorità amministrativa, che svolge questa ricognizione anche utilizzando informazioni riservate che giustificherebbero, sempre secondo il Tar, anche la decisione assunta dalla Prefettura e contestata dal ricorrente di negare a questi l’accesso agli atti di verifica, che comunque poi la Prefettura ha depositato nella memoria difensiva di costituzione.

C’è solo un caso in cui l’attività di indagine finalizzata a verificare se esistano o meno le condizioni per concedere una scorta armata possa essere revocata a causa del suo contenuto. Al riguardo il Tar cita una sentenza del Consiglio di Stato, il quale dice espressamente che solo nell’eccezionale caso di una “non ragionevolezza” delle conclusioni, delle conseguenze di questa attività, i medesimi esiti possono essere posti in discussione ed eventualmente revocati.

Ma il Tar della Campania non ritiene, anche in relazione all’univocità di ciò che Carabinieri, Gdf, Dda e Procura della Repubblica di S. Maria C.V. affermano, che possa ricorrere il caso della irragionevolezza.

In effetti, c’è una autorità che si è espressa in una maniera formalmente, ma non sostanzialmente, diversa: la Questura di Caserta, la quale però non ha detto nulla di differente rispetto a quanto asserito dalle altre istituzioni interpellate, ma si è semplicemente limitata a chiedere una brevissima proroga della misura in attesa di verificare bene il segno e il senso della già citata denuncia presentata ai danni di Schiavone da un suo dipendente.

Nelle more della procedura, poi, la Questura ha completato questo accertamento e ha allineato il suo giudizio a quello degli altri: non esistono indicatori o anche sintomi che facciano ritenere ancora attuale un pericolo per l’incolumità di Vincenzo Schiavone, il quale – fa notare ancora il Tar – dal 2003 ad oggi non ha subito alcuna minaccia e alcun atto di intimidazione.

Come abbiamo già scritto prima, l’imprenditore perde la scorta armata e la protezione di 4° livello, quella che ai sensi dell’ex art. 8 del D.M. 28/05/2003 è la più alta possibile, mancando ad essa solo la concessione di un’auto blindata.

Lo Stato, però, un’occhiata la darà attraverso la vigilanza generica radiocollegata, considerata insufficiente da Schiavone. Da qualche giorno l’imprenditore non ha più una scorta pagata dallo Stato. Naturalmente, può ancora adire all’ultimo grado del giudizio amministrativo, presentando un ricorso al Consiglio di Stato comprendente, in via preliminare, una istanza di sospensiva, stavolta non direttamente rispetto all’atto della Prefettura, ma rispetto alla sentenza pronunciata dal