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Sandokan intercettato in carcere. Talmente arrabbiato con Nicola Schiavone “munaciello” da esporre la figlia Angela. IL TESTO INTEGRALE

20 Giugno 2022 - 18:06

Mentre in passato abbiamo letto diversi stralci relativi a Francesco Bidognetti e anche qualcosa di Michele Zagaria, molto raramente sono state mostrate, nei documenti giudiziari, intercettazioni riguardanti il fondatore e capo. Questa risale al 5 marzo 2016, alla vigilia del matrimonio della figlia

 

CASAL DI PRINCIPE – Un’interpretazione largamente plausibile a ciò che Francesco Schiavone Sandokan afferma rivolgendosi alla figlia Angela nel corso di un colloquio avvenuto nel carcere di massima sicurezza di Parma il 5 marzo 2016, viene fornita sicuramente da Nicola Schiavone junior, collaboratore di giustizia, figlio di Francesco Schiavone Sandokan e, naturalmente, fratello di Angela Schiavone.

Junior non conoscenza i contenuti e il tenore di questo colloquio. A mostrarglielo in resoconto sono i magistrati della Dda, che lo ascoltano il 30 luglio 2018, cioè nel corso di uno dei primi interrogatori a cui l’erede del fondatore e capo assoluto del clan dei Casalesi si sottopone, a pochi giorni di distanza dall’ufficializzazione del suo pentimento e della decisione di collaborare con la giustizia.

“Per rivolgersi così a mia sorella – dichiara Schiavone junior – mio padre doveva essere proprio esasperato, anche perché, se così non fosse stato, mai avrebbe esposto in questa maniera la figlia, incaricata di diventare latrice di messaggi da portare all’esterno del carcere”.

In effetti questo colloquio tra Sandokan e Angela rappresenta un fatto di peculiare sostanza. Una decisione, quella del super boss, di chiedere alla figlia di riferire i suoi messaggi ai fratelli Walter e Ivanohe, che certo non fu gradita a Giuseppina Nappa, sua moglie, con la quale aveva una sorta di patto non scritto a non coinvolgere in nessun modo, neppure in maniera indiretta, le due figlie femmine.

Angela è nel carcere di Parma il 5 marzo 2016 anche perché si trova alla vigilia del proprio matrimonio. Un dato, questo, che stimola ulteriormente il disappunto che Sandokan ha nei confronti del suo quasi coetaneo Nicola Schiavone senior, la persona da lui lanciata e da lui sostenuta prima in politica, quando gli fece ricoprire la carica di assessore comunale a Casal di Principe, poi negli affari, rifornendolo di tutti i mezzi sufficienti a far partire e ad alimentare una stabile attività di investimento e di reimpiego dei capitali provento di attività criminale fino a rendere Nicola Schiavone senior e suo fratello Vincenzo degli autentici paperoni, soprattutto con il primo in grado di interloquire con i piani alti, anzi altissimi, della imprenditoria di Stato italiana, con i manager e con i boiardi più potenti che lo hanno fatto diventare un loro interlocutore per i grandi, anzi grandissimi appalti banditi in special modo da Rfi, fondamentale braccio infrastrutturale di Trenitalia.

Secondo i magistrati della Dda che hanno utilizzato il colloquio tra padre e figlia come elemento utile a consolidare le accuse a carico di Nicola e Vincenzo Schiavone, quel giorno Sandokan utilizzava un linguaggio criptico.

Come potete leggere nello stralcio che pubblichiamo integralmente in calce e che contiene uno dei rari documenti giudiziari relativi a colloqui carcerari tra il capo del clan dei Casalesi e i suoi familiari, ovviamente registrati e ripresi così come succede sempre per gli incontri al 41 bis, comunque sempre protetti da un vetro molto spesso di interposizione, in questo colloquio utilizzato come mezzo di prova, Sandokan parla di “tute del Napoli”, accompagnando la richiesta che la figlia Angela, in sua vece, dovrebbe formulare ai fratelli, con il gesto della mano appoggiata al vetro a formare il numero tre.

Secondo gli inquirenti significava che i figli avrebbero dovuto comunicare a Nicola Schiavone senior di pagare ogni mese.

Per cui Francesco Schiavone, che non ha espresso le stesse pretese nei confronti di quelli che sono stati altri suoi interlocutori nei tempi in cui era a piede libero o latitante, ha la consapevolezza, la convinzione, che i fratelli Nicola e Vincenzo Schiavone, quest’ultimo indicato alla figli come quello che “sta al lato di qua” (cioè residente alla via Genova di Casal di Principe, a pochi metri di distanza dalla dimora storica degli Schiavone in via Bologna), abbiano costruito il loro impero economico solo grazie a lui e, in parte, a suo fratello Walter.

E che dunque devono, come si sul dire, “mettersi a squadra”.

Tutto sommato Sandokan sapeva delle premure dei regali e anche dei pagamenti degli onorari all’avvocato Esposito Fariello, ma riteneva che fosse troppo poco, un contributo insignificante rispetto a ciò che lui aveva dato a Nicola e Vincenzo, rendendoli milionari.

Per il resto, l’umore del boss è quello che è.

Ha da ridire nei confronti del fratello Antonio e di tutti quelli che stanno “facendo i signori” mentre lui è stato “torturato per 18 anni”.

Che l’oggetto delle sue parole sia rappresentato soprattutto da Nicola Schiavone senior si capisce nel momento in cui lui chiede notizie sul cognato di quest’ultimo, il maresciallo dei Carabinieri in pensione Nicola Scalzone, ricevendo dalla figlia la notizia della sua dipartita in un incidente ad epilogo del quale era annegato tra le acque del fiume Garigliano.

E ancora, quando chiede informazioni di una donna, la figlia di Nicola Schiavone senior, della quale era a conoscenza del suo fidanzamento con un capitano dei Carabinieri, salvo ricevere, anche in questo caso dalla figlia Angela, significative novità, a partire da quelle relative alla storia definitivamente conclusa con il Carabiniere fino ad arrivare alla decisione di lasciare gli studi in Farmacia e di andare a lavorare in un aeroporto.