TUTTE LE FOTO S. MARIA C.V. Al posto dei capannoni del Consorzio Agrario vogliono costruire supermercati e negozi. Ma a modo loro

9 Febbraio 2019 - 22:33

Santa Maria Capua Vetere. Non c’è niente da fare: anche quando ci sarebbero condizioni formali per realizzare le attività economiche di tipo commerciale, l’Amministrazione Comunale Mirra- Leone fa da sponda alla necessità di questo o quel privato e non vuole o non può percorrere la strada rettilinea prescritta dalle leggi e dalle loro norme.

Zona prospiciente all’ Arco di Capua, facilmente individuabile, perché si tratta, in sostanza, di vecchi corpi di fabbrica che hanno ospitato per decenni i depositi del Consorzio agrario.

Questa zona è classificata  con la consonante “G” e, nella codifica del piano regolatore generale ancora vigente può ospitare attività commerciali.

Che ci fanno allora gli immobili del Consorzio Agrario in un’area classificata come zona commerciale?

Niente di misterioso: semplicemente, quei corpi di fabbrica sono più “anziani” del PRG e hanno conservato, nel tempo, la loro identità di depositi agricoli.

Perché in premessa bisogna subito chiarire che fino a quando un manufatto, edificato prima dell’approvazione di un piano regolatore, vive non subirà alcun processo di assimilazione funzionale alla destinazione d’uso dell’area che lo ospita. In poche parole, ognuno di quei corpi di fabbrica, fino a quando resteranno in piedi, resteranno solo e solamente dei depositi agricoli.

La cornice di premessa è importante perché il privato che, per il momento  si nasconde dietro alle insegne di “Suor Anna Gestione Immobiliare srl”, ha – a nostro avviso – affrontato il percorso, utile alla realizzazione dell’ambizione di edificare nella zona dell’ex Consorzio agrario, dei supermercati, delle strutture commerciali di media grandezza a cui aggiungere anche un negozio di prossimità, in maniera furba, cioè provando ad ottenere il massimo risultato minimizzando i costi che sono fissati in base anche all’ ampiezza dei luoghi che si vogliono occupare impiantando queste attività di business.

E qui dobbiamo tornare indietro di due anni e mezzo o poco più.

Correva l’anno 2016 e il calendario segnava 11 maggio.

La Suor Anna gestione immobiliare srl riceveva dall’Ufficio tecnico Comunale un diniego perentorio ad una SCIA per la demolizione di un corpo di fabbrica per la realizzazione di parcheggi e manutenzione straordinaria dei vari corpi di fabbrica ubicati alla via del Lavoro n. 186 (ex via Appia) identificati nel N.C.E.U. al fg. 3, p.lla 5159, sub 2,3,4,5,6 e 7.

E, lì già si era capito il piano. Nessuna alchimia complicata, al punto che per l’Ufficio tecnico era stato facile opporre un diniego per quello che era, al di là delle formule un po’ ambigue utilizzate dal richiedente, un cambio di destinazione d’uso su un’area, peraltro, molto ampia, la cui modifica di identità non poteva certo essere risolta e realizzata con una o più SCIA, ma che – norme alla mano – necessitava di strumenti attuativi del piano regolatore vigente leggesi  piano urbanistico esecutivo

Il privato ricorreva al Tar e dopo averle buscate, anche al Consiglio di Stato. Inutilmente, perché gli organi della Giurisdizione amministrativa fornivano piena ragione al diniego opposto dal Comune.

Passa un po’ di tempo e quelli della Suor Anna gestione immobiliare, dovrebbero essere ancora loro ma accerteremo , scortati dal loro architetto di fiducia, Gaetano Capitelli, un estimatore, specularmente ricambiato, del super assessore all’Urbanistica e ai lavori pubblici Nicola Leone , ritornano alla carica.

In loro soccorso arriva una “normettina” del recente “decreto del fare” che aggiunge al Testo Unico dell’edilizia l’art 28bis che introduce il permesso a costruire convenzionato utilizzabile nei casi in cui sia possibile semplificare gli interventi di urbanizzazione necessari.

Ed è proprio l’aggettivo che con la solita abilità furbetta, quelli dell’Ufficio tecnico, in pieno rapporto di letizia con il loro assessore Leone, fanno finta di non leggere e di non capire.

Il decreto del fare, infatti, non è che può cambiare l’estensione di un’area che si vuole sottoporre ad un intervento di insediamento commerciale. Il vincolo per quelle superiori agli 8000mq non è semplificabile, nel senso che la semplificazione la puoi impiantare, iniettare in un contesto regolarmente ed ortodossalmente urbanizzato.

Altrimenti, che cosa fai? Costruisci dei supermercati, dei parcheggi a servizio esclusivo degli stessi e per mettere qualcosa, pur che sia,  nella convenzione dici che edificherai una strada che, fortuna vuole, va a finire dalle parti dell’abitazione di residenza del Consigliere Comunale Baldassarre, recentemente “ leonizzato” con tanto di iscrizione , in pompa magna, al gruppo consiliare collegato all’assessore e formato dalla signora o signorina Sepolvere e dal sicuramente signore Carlo Russo, appassionato di utensili in acciaio inox.

Insomma, pure sta schifezza di stradina, messa lì, a carico del privato per far vedere che una convenzione presso il Comune è stata fatta, più che una funzione pubblica svolge , a sua volta, una funzione privata in funzione delle esigenze di mobilità di un esponente della maggioranza.

Riprendendo il discorso e andando verso la conclusione di una storia che abbiamo intenzione di approfondire ulteriormente nei prossimi giorni, quest’area, al di là dei magheggi, per poter diventare luogo di insediamento di nuove attività commerciali, deve essere prima di tutto urbanizzata

Negli approfondimenti che faremo nei prossimi giorni, opereremo una valutazione anche su un’altra subordinata possibile, anche se non certa: che oltre a risparmiare le opere di urbanizzazione primaria si voglia risparmiare anche sugli oneri di urbanizzazioni attraverso una ristrutturazione che in realtà è una vera e propria nuova edificazione.

Bisognerà capire se questi sono già stati calcolati. Ma ammesso e non concesso che il calcolo esiste, questo riguarda solamente il singolo corpo di fabbrica interessato dal primo intervento e non, ovviamente, l’intera area che va considerata nella sua integrità, senza spacchettamenti perché unico è l’insediamento  che si vuol impiantare  da parte di un pur unico committente

Avrebbe detto Totò è la somma che fa il totale : ma qui i conti rischiano di non tornare.

E, come al solito, a rimetterci le penne sono i cittadini- contribuenti