Sequestrati 300 chili di droga nel centro estetico. Guai per un 32enne

3 Maggio 2018 - 17:55

MADDALONI –  Undici arresti in flagranza, dei 23 totali (di cui 16 in carcere, 6 agli arresti domiciliari ed 1 all’obbligo di presentazione) oltre 300 chili di droga sequestrati, 2 pistole, 2 fucili e oltre 8.000 euro circa in contanti. E’ il bilancio di una complessa operazione dei Carabinieri di Milano, cominciata nel dicembre del 2015 e ancora in itinere, che ha svelato una rete di traffico di stupefacenti al cui vertice c’era Antonio Agresta, già condannato per associazione a delinquere: originario di Platì, nel Reggino, era considerato il capo della societa’ di Volpiano (Torino).

Oltre ai 23 arresti eseguiti dai carabinieri di Milano nell’ambito dell’indagine “The Hole”, è stato disposto il sequestro del centro estetico “Beauty Center” di Cerro Maggiore (Milano), che le intercettazioni e gli appostamenti hanno dimostrato essere la base degli incontri per la gestione degli affari di droga tra i vari trafficanti. Il locale risulta ufficialmente intestato a Mattia Peitavino, ma si tratterebbe di un prestanome per conto di Massimo Rosi, trafficante arrestato il 9 maggio 2016 in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare del tribunale di Busto Arsizio. Lì si sono incontrati in più occasioni i cugini Domenico e Antonio Barbaro (dell’omonimo clan di ‘ndrangheta), attivi soprattutto nella zona di Cesano Boscone. Erano loro il collegamento con Antonio Agresta, 45enne originario di Platì già condannato come capo della Società di ‘ndrangheta di Volpiano (Torino).

I militari del comando provinciale di Milano hanno preso Agresta nel suo appartamento di Volpiano, e attualmente stava scontando una misura alternativa che gli consentiva di restare fuori dal carcere. Questo gli permetteva di gestire con maggiore facilità i suoi traffici di droga con i Barbaro dal Marocco con stoccaggio nei magazzini spagnoli di Durcal. Altro canale di approvvigionamento di droga di Michele Antonino era Giuseppe D’Aiello, trafficante 30enne di Maddaloni che era in contatto con Alan Spada, boss che dal carcere reggeva le fila del campo nomadi di via Negrotto attraverso la madre Teresa Sainovich.