CAMORRA E GRANDI APPALTI. Non tornano tra di loro le dichiarazioni di Nicola Schiavone e di Francesco Barbato su Peppe Iannone ù commendatore: complice o vittima?

14 Settembre 2021 - 13:36

In calce all’articolo, abbiamo pubblicato uno stralcio di un’ordinanza che speriamo di poter leggere nella sua interezza al più presto. Si parla di un’attività estorsiva, realizzata dallo stesso Barbato insieme a Sigismondo Sergio Di Puorto, cioè da due camorristi, autentici fedelissimi e luogotenenti del figlio di Francesco Schiavone Sandokan

 

SAN CIPRIANO D’AVERSA – Attendiamo ancora di poter leggere l’ordinanza nella sua interezza, in modo da esporre le nostre valutazioni sulla vicenda che ha portato, prima all’arresto del noto imprenditore di San Cipriano Giuseppe Iannone, detto Peppe ù commendatore, di suo figlio Mario e di Mario Pellegrino, e poi alla loro scarcerazione che, particolare tutt’altro che irrilevante, è stata decisa dai giudici del tribunale di Napoli, sezione Riesame, per “assenza

di gravi indizi di colpevolezza“.

Nei pochi stralci che si sono resi disponibili, ce n’è uno che, almeno in apparenza, sembra rappresentare un elemento abbastanza importante, se non addirittura decisivo su cui la difesa ha sicuramente svolto la sua funzione in sede di Riesame.

Nei giorni scorsi (CLIKKA QUI PER LEGGERE

) abbiamo sintetizzato le dichiarazioni, divenute parte integrante della citata ordinanza, del collaboratore di giustizia Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan. Questi ha descritto Giuseppe Iannone come un imprenditore non appartenente in un primo tempo alla area di relazione diretta con la famiglia Schiavone, essendo lui collegato ai sanciprianesi, Giuseppe Caterino e Raffaele Diana. Successivamente, su richiesta dello stesso Iannone, questa congiunzione più organica con Nicola Schiavone sarebbe stata attuata, ciò sempre secondo le dichiarazioni rese da quest’ultimo.

In poche parole Giuseppe Iannone sarebbe diventato un socio di fatto del figlio di Sandokan che avrebbe agevolato la concessione degli appalti a cui Iannone era interessato, a partire da quelli di Telecom relativi alla posa dei cavi della fibra ottica (CLIKKA QUI PER LEGGERE). Una comunione d’affari conferma, in linea di massima, dall’altro pentito Giuseppe Misso.

Nella stessa ordinanza, però, è contenuto un altro interrogatorio, reso stavolta dall’ugualmente pentito Francesco Barbato che, in quanto a fedeltà a Nicola Schiavone, ha pochi eguali essendo stato, per un periodo, anche il suo autista. Ebbene, Francesco Barbato sostiene che nell’anno 2009, cioè quando Nicola Schiavone era ancora a piede libero, lui si era recato presso gli uffici di Giuseppe Iannone, chiedendogli di pagare il pizzo estorsivo. Quella di Barbato non è una narrazione generica, dato che contiene particolari precisi, a partire dalla risposta ricevuta: Iannone si era reso disponibile, ma solo per la metà della cifra richiesta, mentre per l’altra metà aveva detto a Barbato di chiederla al suo socio i lavori che probabilmente si stavano svolgendo nell’alto casertano, si parla di Pietravairano e di Vairano.

Socio con il quale sarebbero sorti dei dissidi. E così Francesco Barbato fece, servendosi anche dell’aiuto di Sigismondo Di Puorto, detto Sergio, altro pezzo da 90 del clan dei casalesi e della famiglia Schiavone in particolare, al punto che dopo l’arresto di Nicola Schiavone, avvenuto il 15 giugno del 2010, sarebbe stato proprio Sigismondo Sergio Di Puorto ad ereditare la reggenza del gruppo criminale degli Schiavone, cioè della parte più importante, più significativa del clan dei casalesi.

Barbato sciorina anche le cifre: a Giuseppe Iannone furono chiesti, dunque, 22mila 500 euro l’anno, suddivisi in tre rate da 7.500 euro, presumibilmente collocate nelle canoniche scadenze di Pasqua, Ferragosto e Natale. La stessa cifra fu chiesta al socio di Iannone e riteniamo ottenuta. Non vi abbiamo comunicato il nome di quest’ultima persona, in quanto, almeno nello stralcio dell’ordinanza che pubblichiamo in calce non viene menzionata. Dunque, complessivamente da quel cantiere Barbato e Di Puorto, intendevano ricavare 45mila euro in un anno.

Domanda: come mettere insieme le dichiarazioni di Nicola Schiavone, il quale afferma che già da prima del 2009 lui aveva stipulato un patto di affari con Giuseppe Iannone, con le richieste estorsive, a quanto pare coronate da successo di Francesco Barbato e Sigismondo Sergio Di Puorto, due autentici luogotenenti del figlio di Sandokan, al punto che il primo, ma anche il secondo, furono coinvolti nel triplice omicidio Buonanno, Minutolo e Papa, avvenuto a Villa di Briano nel maggio 2009 e ordinato direttamente da Nicola Schiavone, il quale nel 2016 incassò una condanna all’ergastolo eguagliata da una contestuale condanna al carcere a vita, inflitta proprio a Barbato, alla fine di un processo di primo grado che lasciava già da allora poche speranze ai due imputati rispetto alla prospettiva che quegli ergastoli diventassero definitivi.

Una condizione, questa, che, con ogni probabilità, ha rappresentato la spinta decisiva che ha indotto Schiavone e anche Francesco Barbato a diventare collaboratori di giustizia.

Precisiamo: non possiamo già affermare oggi che le dichiarazioni di Barbato smentiscono quelle di Nicola Schiavone. Non possiamo farlo perchè ci serve leggere l’intera ordinanza. Però c’è sembrato piuttosto interessante segnalare, per il momento, quella che in apparenza si configura, quantomeno, come una incongruenza.