IL PUNTO. Marino sindaco, ma il risultato di Gianpiero Zinzi è buono perché, senza più le zavorre dei Del Gaudio e dei Magliocca, il 47% significa la rinascita del centrodestra

18 Ottobre 2021 - 17:53

CASERTA (Gianluigi Guarino) – A botta calda, è difficilissimo ragionare sull’esito del voto che ha consentito a Carlo Marino di confermarsi alla carica di sindaco di Caserta.

Tutto sommato, uno scarto che una volta completato lo spoglio di tutte le 91 sezioni potrà essere di 1000 voti “a mettere e a togliere” è un dato non certo disprezzabile dal punto di vista politico. Inutile dire che la mobilitazione attorno a Carlo Marino dei Luserta, degli Zannini, dei Paolo Marzo, degli Emiliano Casale, dei Francesco e Mario Amato del Bronx di San Clemente, dei vari “culacchiotti” assortiti, ha determinato una rendita di posizione, un vantaggio a monte, che Zinzi poteva scalfire e compensare in un solo modo, cioè raccogliendo il voto di opinione del centro cittadino, degli ambienti più borghesi e moderati che hanno assistito dalle loro finestre – evidentemente senza capirci granché – alla distruzione fisica della legalità e al trionfo della microdelinquenza.
Ebbene, quel voto di opinione non si è registrato, o almeno non si è registrato nella misura in cui Zinzi si aspettava, probabilmente anche perché l’ex sindaco Pio Del Gaudio è servito a ridurre gli scarti nel momento in cui ha votato e fatto votare Marino.
Per cui, dovendo far leva solo sul dato politico e su quello meramente politicista ed elettoralista, non c’è dubbio che i culacchiotti di Marino fossero in netta prevalenza rispetto agli ormai pochi culacchiotti aggregati a Zinzi, come si può ben capire dal voto raccolto da certi candidati del centrodestra al primo turno, ormai ripulitisi di tante scorie che oggi sono tutte attorno alle proposte più spregiudicate del presunto centrosinistra di Caserta.

Siccome questa non è politica ma un’altra cosa, non ci sarà Casertace che tenga, né la pubblicazione dei documenti più inoppugnabili potrà servire a modificare le cose dentro ai comitati di affari da cui si sviluppano le energie materiali per conquistare i culacchiotti.

Questa è un’altra partita, perché dalle nostre parti certi sistemi non si sconfiggono, Guarino o non Guarino, Casertace o non Casertace, senza un intervento deciso e determinato di una magistratura che fondamentalmente, fino ad oggi, ha fatto solamente da spettatrice.

Dunque, quei 1000 e più voti a mettere e a levare, questi scarti troppo esigui registrati nei masochistici quartieri del centro cittadino a favore di Zinzi, valorizzano il dato politico di un centrodestra che in pratica rinasce dalle ceneri di quello che fu.
Rinasce grazie a Gianpiero Zinzi, grazie alla senatrice di Fratelli d’Italia Giovanna Petrenga, grazie agli sforzi generosi e disinteressati del sempre ottimo Nello Spirito.
Rinasce dalle macerie del 2016, quando Riccardo Ventre non aveva dato ad alcuno la sensazione di potersela giocare, facendo sì che tantissimi soggetti, che al centrodestra erano appartenuti, si andassero a collocare con Marino, cioè con un altro centrodestra travestito da centrosinistra.

Il quasi 47% raccolto da Zinzi a Caserta (che se si eccettua il caso di Trieste, unica città per cui gli indubbi sconfitti di questa tornata, cioè Meloni e Salvini, hanno vinto seppur a stento) è il miglior risultato della coalizione registratosi in Italia, di gran lunga il migliore in Campania con l’eccezione di Melito, comune di peso specifico nettamente comunque inferiore, unico luogo in cui il centrodestra si è aggiudicato il ballottaggio di oggi, aggiungendoci anche Afragola, dove però era spaccato in quanto Forza Italia appoggiava Gennaro Giustino, competitor di Pannone, ventriloquo dell’inossidabile Enzo Nespoli.

Con un centrodestra azzerato, con Del Gaudio e Magliocca che hanno votato e fatto votare per Carlo Marino, il risultato raccolto da Zinzi non è buono, bensì ottimo, naturalmente se lo relativizziamo a un dato politico di prospettiva, a una dimensione futuribile di nuovi assetti di una coalizione che non potrà non ripartire dal buon risultato di queste elezioni e da chi questo risultato ha raccolto, cioè da Zinzi, dalla Petrenga e, ripetiamo, dal buon Nello Spirito.

Hanno ereditato un centrodestra accattone e totalmente destrutturato, e se Zinzi non fosse sceso in campo, Marino avrebbe vinto al primo turno, perché tanti candidati che si sentono moderati e vicini alle posizioni di Forza Italia, Fratelli d’Italia e perché no, anche Lega, si sarebbero candidati dall’altra parte, come successe nel 2016, quando non a caso il ballottaggio terminò con un impietoso 63 a 37 a favore di Carlo Marino.

Quantomeno le elezioni appena concluse sono servite a chiudere definitivamente la partita con quelli che ormai sono ex esponenti del centrodestra, visto e considerato che con i tempi che corrono, con gli errori madornali compiuti da Meloni e Salvini nella scelta dei candidati a sindaco delle città più importanti, il lavoro compiuto a Caserta da Gianpiero Zinzi, dalla Petrenga ecc. è tutto grasso che cola, è consenso autentico in un contesto di sconfitte molto pesanti registratesi in tutta Italia con la sola eccezione, dicevamo, di Trieste.

Ora il centrodestra dovrà essere bravo a tenere uniti tutti coloro che hanno contribuito, che hanno speso una fiche su Zinzi, a partire dai Del Rosso, dai Pasquale Napoletano, dai Dello Stritto.
Riuscirci non è semplicissimo, perché si tratta di persone che per definizione appartengono al mondo di mezzo e che puntano molto, in genere, sul rapporto fluido e sereno con chi ha in mano il potere.
Ma non è impossibile, a condizione di coinvolgere realmente queste persone in processi organizzativi che al momento privano i partiti del centrodestra di un effettivo radicamento territoriale e che li danneggiano non poco, perché magari, in partiti organizzati ci si sarebbe resi conto, per esempio, che a Parco degli Aranci (via degli Oleandri, via degli Ulivi, via del Gelsomino) la coalizione era pesantemente scoperta, mentre Marino lì schierava un campionissimo del voto clientelare e assistenzialistico qual è Andrea Boccagna, sua autentica propaggine, il cui destino dipendeva proprio dall’esito del ballottaggio.

Con partiti organizzati, insomma, il dato della sezione numero 43 non sarebbe stato questo: Marino 223 voti e Zinzi 130.
Uno scarto ampio, come quello registratosi in altre periferie, che la prevalenza di una misura troppo stretta del vantaggio inflitto da Zinzi a Carlo Marino nelle sezioni del centro, non è riuscito a colmare.