CAMORRA E SERVIZI SOCIALI. Anche la funzionaria del comune di MONDRAGONE coinvolta dalla Dda per la gara macchietta revocata pro-Capriglione. Un paio di paroline a Zannini

20 Dicembre 2021 - 13:49

Nel decreto di perquisizione, il nome della dipendente viene inserito nell’elenco dei dirigenti e dei funzionari che si sono messi a disposizione del citato Capriglione per realizzare tutti i suoi obiettivi. E qui vi riportiamo ad una serie di nostri articoli, pubblicati tra il dicembre 2012 e il settembre 2017

 

MONDRAGONE – (Gianluigi Guarino)  Esiste una differenza tra le modalità con le quali Pasquale Capriglione, imprenditore semi monopolista dei servizi sociali in provincia di Caserta, da qualche giorno perquisito e indagato anche per reati di camorra, ha lavorato con le sue cooperative nel comune di Mondragone ai tempi dell’amministrazione comunale di Giovanni

Schiappa, e quelle che hanno connotato la sua comoda residenza negli anni dell’amministrazione comunale, nominalmente appartenente al sindaco Virgilio Pacifico, in sostanza dominata in tutto e per tutto dal consigliere regionale Giovanni Zannini.

Tanto possiamo consentirci di cogliere questo particolare aspetto della questione che per il momento lambisce solamente ciò che è emerso dal decreto di perquisizione, eseguito una decina di giorni fa, perchè questo giornale è stato protagonista attivo del racconto relativo alla vita e alle opere dell’amministrazione guidata da Schiappa. Nei nostri archivi social, abbiamo infatti, individuato almeno una decina di articoli che, tra il 2012 e il 2014, sviluppavano ricostruzioni da cui conseguivano analisi critiche sugli affidamenti di cui Capriglione godeva a Mondragone, in un comune confinante con quello di Falciano del Massico, dove l’imprenditore, nativo di Carinola, risiede.

Tutte le informazioni, nessuna esclusa, non una sì e una no, ma proprio tutte, ce le forniva Giovanni Zannini, al tempo solo avvocato e neppure quotatissimo, che si affidò a CasertaCe per quella che lui furbescamente ci rifilò come una battaglia di legalità. Non c’era un giorno che non fornisse al sottoscritto e ad altri collaboratori, notizie, documentazione amministrativa, trovando ovviamente terreno fertile in persone come noi, le quali ritengono che la vita sociale, civile e democratica, debba essere collocata nell’area regolata dalle leggi, dalle norme, dal diritto, considerando allo stesso tempo, quale alternativa, quale contraltare della medesima, l’area dell’illegalità.

Quelle procedure adottate dal comune di Mondragone, ai tempi dell’amministrazione Schiappa, ci sembravano discutibilissime, realizzate in modo da collegarsi impropriamente agli interessi e alle necessità di Capriglione.

Quando, nel dicembre 2012, il Consorzio Nestore fu colpito, come abbiamo anche ricordato in questi giorni, da un’interdittiva antimafia atipica, conseguenza del fatto che la magistratura inquirente della Dda non aveva mai creduto (e la storia le sta dando ragione), ad una separazione vera tra tutto quello che il consorzio Agape, “impaccato” di “camorristi era stato, e i nuovi soggetti imprenditoriali, nati successivamente, proprio a partire da Nestore che, avendo in Capriglione, cioè in uno dei protagonisti, insieme al sanciprianese Luigi Lagravanese, di consorzio Agape, il suo punto di riferimento, non poteva non essere attinto dal provvedimento di interdittiva.

Quando successe, Giovanni Schiappa si mosse in maniera decisa. E finanche noi, che avevamo ormai considerato Giovanni Zannini un’alternativa di legalità a quel sindaco, dovemmo riconoscere le ragioni dell’amministrazione comunale allora in carica nel contenzioso che nacque tra questa e il consorzio Nestore. In poche parole, quando di mezzo ci si mise l’alone della camorra, Schiappa fece un passo indietro.

Nel giugno 2017, Giovanni Zannini diventò consigliere regionale, grazie a un discreto colpo di fortuna. Per questo, ma anche per effetto della nostra difesa, della nostra ricostruzione della sua immagine, su cui non arretrammo quando il Pd non volle candidarlo nella sua lista a quelle elezioni, perchè la senatrice Rosaria Capacchione, autentica autorità e memoria storica in fatto di camorra della provincia di Caserta, ben ricordava qualche situazione un pò complicata che Zannini aveva attraversato al tempo in cui, del clan La Torre di Mondragone, si occupava, quale sostituto procuratore della Dda di Napoli, Raffaele Cantone, divenuto poi presidente dell’Authority Nazionale Anticorruzione e oggi procuratore della Repubblica di Perugia. Quindi, avete letto bene: ci schierammo a favore di Zannini e contro le tesi del Pd che al tempo si riconosceva autorevolmente nella struttura morale di Rosaria Capacchione.

Con poco più di 2mila voti di preferenza, Zannini diventò consigliere regionale. Ce la ricordiamo bene quella notte in cui fu proprio il sottoscritto, dopo aver fatto 4 conti, ad informarlo dell’incredibile elezione, impattando nell’incredulità di chi ha appena vinto una grossa cifra ad una lotteria.

In realtà, Zannini, proprio in quel momento, giurò a se stesso che mai e poi mai si sarebbe più affidato alla fortuna; giurò a se stesso che quei 2mila voti sarebbero diventati 20mila o più di 20mila, come sarebbe successo puntualmente e anche un pò inquietantemente 5 anni dopo. Quella notte rappresentò il trampolino di lancio per tutto ciò che poi sarebbe successo nel 2017, quando un Giovanni Schiappa autenticamente stremato dal nostro lavoro giornalistico, dalle nostre inchieste sempre pronte a trovare il pelo in ogni uovo, sempre ispirate da Giovanni Zannini, perse le elezioni sin dal primo turno, visto che dall’altra parte il consigliere regionale che cominciava a interpretare, da vero campione, una politica di tipo clientelare che trovava terreno fertile nel tessuto sociale e culturale della sua città e della provincia di Caserta, unì tutto e il contrario di tutto.

Un vero e proprio fronte anti-Schiappa, ovviamente sostenuto a viso aperto da CasertaCe, perchè noi le cose le abbiamo sempre dette in faccia e mai siamo stati tanto vili da non fare il nome e il cognome delle persone a cui ci riferivamo. 

Uno dei primi atti della nuova amministrazione di Giovanni Zannini fu rappresentato da una super gara da 465mila euro per un progetto Inps-Home Care Premium 2017.

Siccome il fatto che Zannini avesse conquistato tutto il potere che aveva desiderato e che noi avevamo contribuito a dargli, perchè ritenevamo che potesse essere un uomo di legalità, non ci aveva certo cambiati nel modo con il quale andavamo a controllare sempre le procedure amministrative. In quell’agosto, trasecolammo letteralmente. Una gara di queste dimensioni, con commissione presieduta dalla signora Marfisa Varone, diventava una vera e propria barzelletta. Oggi, Marfisa Varone è citata, non certo in termini elogiativi, nel corpo del decreto di perquisizione, insieme ad altri funzionari e dirigenti dei comuni coinvolti nell’indagine della Dda. Si tratta di 9 nomi: 6 sono sicuramente indagati, di cui 5 oggetto di perquisizione, di cui una Marcella Lancia non perquisita mentre altri 3 cioè la citata Marfisa Varone di Mondragone, Luca Carofano e Antonio Cleopatra sono additati dalla Dda degli stessi modelli comportamentali dei 6 indagati ma nell’elenco, almeno in questo elenco non ci sono. Anche se non è improbabile che siano indagati, visto e considerato che nel caso di Cleopatra c’è anche un altro passaggio in cui viene specificato il suo ruolo attivo in una turbativa d’asta al comune di Pomigliano d’Arco.

Ora, non sappiamo se il motivo per cui la Varone è chiamata in causa dalla Dda sia legato a quella gara dell’estate 2017. Fatto sta che la funzionaria comunale ne fu direttamente protagonista da presidente della commissione. Roba che finanche il generale Noriega, dittatore di Panama e narcotrafficante, che proprio nella giornata di oggi, 32 anni fa, fu deposto da un intervento militare degli Stati Uniti, ordinato dall’allora presidente George Bush senior, si sarebbe indignato.

Pubblicammo tutto: gli atti contenenti la descrizione della procedura, con il solito bla bla bla, le 15 aziende da invitare in Mepa, e tutte queste cose che ormai gli uffici del dirigenti gestiscono con grande disinvoltura, garantendo nelle parole, nelle formulazioni, una regolarità che poi si dimostra tutt’altra cosa.

Si dimostra tutt’altra cosa agli occhi di chi vuol capire. Con una gara di 460mila euro, con almeno 15 imprese invitate, sapete quante furono quelle che risposero? Due, il consorzio Nestore di Capriglione e Assel, che sta per assistenza e lavoro, con sede ad Avellino. E già qui, cominciammo a nutrire dei sospetti. Giusto per non far vedere che si era presentato il solo Capriglione, entrò in campo anche questa cooperativa irpina. Ma quei fresconi del comune di Mondragone, evidentemente dovettero sbagliare qualcosa. Fatto sta che risultò vincitrice proprio la Assel, a scapito di consorzio Nestore.

Il 21 agosto 2017, il dirigente comunale Elio Caterino ritenne di autotutelarsi (veramente c’è da scompisciarsi dalle risate) compiendo un atto di una importanza enorme. Delicatissimo: revocò la gara perchè, leggete bene, citiamo dal documento originale: “risulta che, nel corso dei lavori, prima dell’apertura delle buste dell’Offerta Tecnica, si procedeva ad un cambiamento dei componenti della stessa Commissione nel Sistema Mepa dopo un consulto con l’Help Desk stesso per consentire il proseguimento dei lavori altrimenti bloccati dalle funzionalità Mepa“.

Altro che repubblica delle banane. Naturalmente, sapete come andò a finire? Se l’aggiudicò Nestore e quindi Pasquale Capriglione. Il 7 settembre, così titolavamo, ovviamente utilizzando il registro retorico dell’ironia: “MONDRAGONE. Vuoi vedere che stavolta Capriglione ha ragione? Gara per i servizi sociali revocata e chi ha vinto non protesta“. Eh già, chi aveva vinto, cioè la Assel, non si oppose alla decisione del dirigente Caterino. E questo ci convinse definitivamente sulle modalità con cui quella gara si era svolta.

Possiamo dire che da allora in poi, gradualmente, i rapporti di questo giornale con Giovanni Zannini sono peggiorati e tenuti in vita solamente da un atteggiamento ponderato del soggetto in questione che essendo un furbo, ha sempre utilizzato la mozione degli affetti con il sottoscritto, affermando che il rapporto creatosi (ne potrò raccontare a centinaia di storie al riguardo) era tale da non poter essere paragonato a quello che un giornalista o un direttore di giornale può avere con un qualsiasi politico. Una condizione attraverso la quale lui giustificava anche la volontà, quasi leonina, di dare una mano anche materiale a CasertaCe, di cui effettivamente era stato parte importante sin dai suoi primissimi mesi di vita, come vi abbiamo raccontato all’inizio.

La mozione degli affetti ha funzionato per tenere in piedi un rapporto deteriorato dalla chiara consapevolezza che, giorno per giorno, prima con grande dispiacere, poi con un disappunto che ci sembra sia stato definito “cieca cattiveria”, Zannini fosse veramente il peggio del peggio della politica locale. Ma il sottoscritto qualche errore lo ha fatto proprio perchè lo ha considerato un amico e non un interlocutore, non un politico, non dunque un soggetto con identità pubblica che non solo non devono neppure pensare lontanamente a sostenere questo giornale, ma devono rispettarci fino a dover prendere un appuntamento con giorni di anticipo per incontrarci nell’unico posto in cui incontriamo i nostri interlocutori: in redazione.

Questo è un articolo che incardina una fase nuova. Alla luce di una iniziativa assunta dal consigliere regionale, nei miei confronti, andava ribadito il racconto, con qualche particolare aggiuntivo di un rapporto che, da parte mia, da parte di un fesso sognatore e disadattato, indubbiamente e orgogliosamente disadattato (rispetto al sistema-Caserta), non poteva non essere fondato su valori morali.

Detto ciò, agli insulti sono abituato. D’altronde, passare dal “magister” con cui entrava quando gli pareva e piaceva perchè era sempre ben accetto da tutti, in redazione, al giornalista corrotto e pagato da due non meglio precisati dinosauri della politica locale, costituirebbe un grande cambiamento se di fronte non ci fosse una persona che ha con i sentimenti un manipolo di piragna sempre in agguato.

Zannini, del rapporto tra gli insulti e la vita morigeratissima, a differenza della sua, del sottoscritto, sa e sa anche tanto, per quanti (di insulti) me ne ha fatti prendere con gli articoli fondati sulle sue notizie. E’ una ruota che gira, non solo insulti, ma anche querele da cui mi sono dovuto difendere e, incredibile a dirsi, che ho affrontato, ovviamente solo quelle mondragonesi, con il suo patrocinio legale.  Sono abituato e quindi gli insulti non cambieranno l’idea che io ho di questa professione: qui non si tratta di Guarino, di Zannini. Si tratta del modo con cui i politici, titolari della potestà democratica, interpretano il proprio ruolo.

Se Zannini, come io ritengo, lo interpreta senza rettitudine, lo scriverò assumendomi le responsabilità. Ma starò parlando sempre del politico, del titolare di una funzione, non certo della persona. Su questo terreno, Zannini è chiamato a rispondere nel merito delle cose che questo giornale scrive o meglio sarebbe pubblicato. Ma siccome non può perchè i fatti sono talmente evidenti da non poter essere smentiti, preferisce l’insulto molto poco “magistrale”.

 

QUI SOTTO GLI STRALCI TRATTI DAL VERBALE DI PERQUISIZIONE