La Domenica di Don Galeone

30 Ottobre 2022 - 16:54

Il Vangelo ci trasmette, nella storia di Zaccheo, l’arte dell’incontro, la sorpresa e la potenza creativa del Gesù degli incontri.

30 ottobre 2022  ✽ XXXI Domenica tempo ordinario (C)

L’incontro con Dio apre il cuore e le mani!

Prima lettura Signore, hai compassione di tutti, poiché tu ami tutte le cose esistenti (Sap 11, 22) Seconda lettura  Sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui (2Ts 1, 11) Terza lettura Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto (Lc 19, 1).

La domenica “della conversione di Zaccheo”   Su una tela bianca il nostro sguardo nota subito il puntino nero. Per uno strano automatismo i nostri occhi sono immediatamente attirati dal particolare che deturpa. Un difetto, una manchevolezza, una menomazione … divengono spunti per soprannomi, allusioni e battute. Lo sguardo dell’uomo è crudele: si sofferma soprattutto sulle macchie. È così anche lo sguardo di Dio? Dobbiamo avere paura dello sguardo di Dio? Dio ti vede! Ricordiamo questo richiamo usato spesso dagli educatori e dai catechisti del passato, come deterrente per prevenire comportamenti errati. Quel triangolo, con al centro l’occhio scrutatore di Dio, incuteva riverenza e timore. Il desiderio che forse ci ha sfiorato più volte è che avremmo fatto volentieri a meno di questo Dio «poliziotto». È corretto presentare Dio così? Il suo sguardo è quello dell’investigatore o è l’abbraccio tenero del Padre? Lo sguardo di Gesù non fu certo quello di un poliziotto ma di un amico!

Vangelo (Lc 19,1)   Il Vangelo di Luca è pieno di incontri tra Gesù e le persone. Oggi Gesù incontra Zaccheo, capo dei pubblicani e uomo ricco. Siamo di fronte a uno degli episodi più belli nella storia delle conversioni. La conversione è certo un dono di Dio, ma molto dipende anche dall’uomo. Zaccheo, infatti, vuole vedere Gesù, sale su un albero, accoglie Gesù in casa, dona ai poveri. Ogni vero incontro con Gesù trasforma la vita. Zaccheo, da uomo di potere, diventa uomo di servizio. Zaccheo è un potente a servizio dei romani, un peccatore pubblico; egli sfrutta i deboli, lo riconosce dopo la sua conversione; il suo mestiere è la frode legalizzata; egli abita a Gerico, una raffinata e mondana stazione climatica; Gerico significa “la profumata” ma forse non era un profumo di virtù; Zaccheo è odiato da tutti a motivo del suo mestiere; ironia della sorte, il suo nome significa “il puro”; egli stesso dice di essere ricco e come si è arricchito: “Se ho frodato qualcuno…”. È molto sincero con sé stesso!

“Oggi verrò in casa tua”. I farisei, vedendo Gesù avviarsi verso la casa di Zaccheo, avranno di certo sentito invidia e delusione. Non era più conveniente entrare nel santo luogo di una sinagoga, o almeno nella casa di una persona rispettabile? Le vie del Signore non sono le vie dell’uomo. I farisei si scandalizzano: “È andato in casa di un peccatore!”. E se fosse venuto nella mia, nella tua casa, forse avrebbe ricevuto un’accoglienza migliore? Chi è degno di ospitare Dio? Sappiamo quanto erano bravi i farisei nel distinguere i puri dagli impuri. Gesù scavalca tutte le discriminazioni, perdona l’adultera, mangia con i peccatori. Non distingue: ama l’uomo, vede l’uomo al di là delle barriere. Un amore del genere scandalizza soprattutto i buoni credenti, i quali usano anche la fede per discriminare!

“Ecco, do la metà dei beni ai poveri, e restituisco il quadruplo a chi ho frodato”. È il testamento di Zaccheo, che si libera dall’aurea zavorra liberamente, senza essere obbligato dalla paura della morte imminente; il suo testamento è diverso dai nostri, che iniziamo con la formula: “Lascio …”, quando sarebbe più esatto scrivere: “Sono costretto a lasciare …”. Sembra diventato pazzo, ma ha incontrato il Signore, bisogna convertirsi, cioè capovolgere tutto. È l’elogio della pazzia evangelica! Invece noi, una volta incontrato Gesù, mettiamo le pantofole, diventiamo ragionevoli, la nostra massima virtù è la prudenza. L’aurea mediocrità!

“Oggi la salvezza è giunta in questa casa!”. Non dice: “L’anima di Zaccheo è salvata, andrà in paradiso”. Non un imprecisato futuro, ma un felice presente: “Oggi”. E Zaccheo come risponde? Non dice: “Signore, tu sei il messia!”, ma concretamente: “La metà dei miei beni la do ai poveri; se ho frodato, restituisco il quadruplo!”. Convertirsi, per Zaccheo, significa mettere le mani al portafoglio; non vuol dire proclamare con la lingua “Io amo il Signore”, come fanno tante anime pie, che, lasciano poi intatte le strutture del male.

I pubblicani sono considerati da tutti – e con ragione – dei ladri e Zaccheo non solo è un pubblicano, ma è un capo dei pubblicani. Oltre al nome, l’evangelista nota un altro particolare: era piccolo di statura: così egli appare agli occhi di tutti. Ha avuto tutto dalla vita, eppure è profondamente insoddisfatto. Ha partecipato a tanti banchetti, ma è ancora alla ricerca del cibo che sazia. Vuole vedere Gesù perché – pensa – è forse lui l’unico in grado di capire le sue angosce e, per poterlo vedere, sale su un sicomoro (v.3). Stupisce il fatto che si sia arrampicato su un sicomoro. Perché non è salito sul terrazzo di una delle tante case che si affacciano sulla via principale? Forse perché nessuno ha accettato di ospitarlo. Zaccheo conosce i giudizi pesanti che Gesù ha pronunciato sulla ricchezza, ma sa anche che è «l’amico dei pubblicani e dei peccatori» (Lc 7,34). Gli è stato riferito che egli «non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi» (Lc 5,32), per questo vuole sapere «chi è».

Per i “buoni”, Zaccheo è il pubblicano, il peccatore, lo strozzino, null’altro; non riescono a scoprire in lui nulla di buono e di positivo. Lo rifiutano, ma, non potendolo eliminare fisicamente, lo isolano, lo disprezzano, non gli rivolgono nemmeno la parola. Quando Gesù giunge sul luogo, egli alza lo sguardo e dice: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua!» (v.5). Nessuno della folla ha pronunciato questo nome, perché Zaccheo è «l’impuro». Solo Gesù lo chiama: «Zaccheo-puro!». Per lui egli è «puro», è anch’egli un figlio di Abramo! (v.9). Dall’alto egli cercava di vedere Gesù, ma ora è Gesù che, dal basso, lo vede per primo. Di fronte al peccatore Gesù alza sempre lo sguardo, perché la sua posizione è quella del servo. Anche quando rimane solo con l’adultera, Gesù alza il capo verso di lei (Gv 8,10), la guarda dal basso perché chi ama non si atteggia mai a giudice, si abbassa, si inchina davanti alla persona amata per lavarle i piedi. A Gerico Gesù non si preoccupa delle «convenienze sociali» né delle «sante disposizioni» impartite dai capi religiosi. Sente un bisogno incoercibile di stare con colui che è isolato e disprezzato. «lo devo – dice – fermarmi a casa tua». Devo: è per me una necessità interiore: se questa sera non sto con te, non riuscirò a prendere sonno!

Il racconto si conclude con una cena, in casa del peccatore Zaccheo. Osserviamo chi è dentro e chi è fuori, chi fa festa e chi è triste. Dentro dovrebbero esserci i «giusti», invece essi sono tutti fuori a mormorare, perché non gradiscono quel tipo di invitati. Dentro ci sono i peccatori per i quali Gesù è venuto. A questo punto ecco che l’amore genera altro amore: Zaccheo, amato gratuitamente, si rende conto che esistono altre persone che hanno bisogno di amore. Si ricorda dei poveri. «Signore, – dice a Gesù — io do la metà dei miei beni ai poveri e, se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (v.8). A Zaccheo Gesù non ha chiesto di «vendere tutto e di distribuire i suoi beni ai poveri». Non gli ha rivolto alcun rimprovero, non ha posto alcuna condizione. Gli ha chiesto solo di essere accolto in casa sua. Zaccheo non è stato ammesso al banchetto del regno perché era buono, è diventato buono dopo, quando si è trovato coinvolto nella festa. Si è convertito quando ha scoperto che Dio gli voleva bene, malgrado fosse un piccolo, anzi, proprio perché era piccolo. BUONA VITA !