CAPUA. Polizia di Stato sul cantiere della CZeta, impresa rifiuti in odore di camorra che ha vinto (di fatto) l’appalto. Ma non serve a nulla se la Prefettura è in “normale” Lines Notte
7 Gennaio 2024 - 09:20
Sono stati fotografati camion con le serigrafie di CZeta. Per chi vuole saperne di più, può leggere l’articolo diviso in paragrafi pubblicato ieri di CasertaCe
CAPUA (g.g.) – La questura di Caserta, comprensibilmente, vuole vederci chiaro nella vicenda della gara d’appalto per la raccolta dei rifiuti nella città di Capua per i prossimi cinque anni e per un importo da 15 milioni di euro.
Per questo motivo, alcune auto e alcuni poliziotti, in funzione di polizia giudiziaria, si sono affacciati davanti al cantiere che ospita i mezzi della raccolta in un piazzale a pochi metri di distanza alla concessionaria Fiat Amica, lungo la strada che da Capua porta a Vitulazio.
A quanto pare, sono stati fotografati i camion ed è dunque probabile che gli agenti abbiano voluto acquisire la prova ufficiale che si tratti dei mezzi della CZeta spa, la società della valle Caudina, indagata dalla DDA di Napoli, in quanto al centro di un meccanismo governato Nicola Ferraro, allo scopo di garantire alla stessa CZeta – certo non per spirito di gratuità – il maggior numero di appalti possibili in provincia di Caserta e non solo.
Come abbiamo spiegato dettagliatamente nell’articolo pubblicato ieri, che vi preghiamo di leggere, così capite tutto
Sempre nell’articolo di ieri abbiamo rilevato che nella legislazione attuale si registra un clamoroso buco che non permette di associare, sovrapporre, considerare all’interno di una stessa fattispecie, i cosiddetti consorzi non necessari dalle cooperative, come in questo caso partecipate da SpA come la CZeta, nello stesso obbligo di comunicare il soggetto economico che effettivamente svolgerà il servizio.
Una legislazione che sancisce l’obbligo per i consorzi e, già che ci siamo, vale anche per le associazioni temporanee di imprese (ATI), le quali devono indicare nella procedura d’appalto la cosiddetta capofila, mentre si scorda completamente che in Italia ci sono cooperative come questa di Ravenna che incubano decine e decine di società di capitali e che dunque sono la stessa cosa rispetto a un consorzio non necessario quando partecipano ad un appalto.
Un vulnus che colpisce pesantemente, anzi, annulla i diritti degli altri concorrenti alla gara i quali, non conoscendo chi realmente sarà scelto da un concorrente come player del servizio, non potranno muoversi di conseguenza durante l’intera procedura.
Chiudiamo questo articolo con quello che è l’unico aspetto grave della vicenda, almeno secondo noi.
Le indagini in corso da parte della DDA, fondate come loro elemento principale, sul rapporto tra Nicola Ferraro, che la procura antimafia considera, alla luce delle condanne definitive ricevute dall’imprenditore di Casal di Principe, come un esponente del clan dei Casalesi, sono o non sono sufficienti affinché la prefettura di Caserta apra una procedura amministrativa, la quale, come ben sappiamo, non deve essere alimentata da una condanna penale, per sospendere, quantomeno sospendere, l’attività della CZeta?
Si dirà, ma se la CZeta fa giochini come quello di Capua e si nasconde dentro una cooperativa, la quale, forse per un clamoroso buco legislativo, non ha l’obbligo di farne il nome, come si fa? Come si è fatto in altre circostanze: l’interdittiva antimafia va a colpire la cooperativa in quanto un suo socio – cioè la CZeta – è sub judice per delitti di camorra.
Ma siccome un grande pannolone Lines Notte avvolge ormai da tempo palazzo Acquaviva, allora succedono porcherie come quella appena consumatasi a Capua, dalla quale si può uscire solo in un modo, ovvero con provvedimenti amministrativi di interdittiva che, riguardando prima di tutto CZeta spa, vadano a rimbalzare anche sulla coop Ciclat di Ravenna, almeno fino a quando CZeta, essendone socia, potrà realizzare operazioni come quella impressa stamattina sugli smartphone o sulle macchine fotografiche digitali della polizia di Stato.