Indagine sulla morte di Massimo Golino, la famiglia accusa: “Dimesso dall’ospedale senza che gli fosse somministrato neppure un calmante”

10 Febbraio 2024 - 11:55

Rimbalzo di responsabilità tra i sanitari del Sant’Anna e San Sebastiano ed i parenti del professionista.

MARCIANISE La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere indaga sul suicidio dell’avvocato e politico Massimo Golino, lanciatosi dal terzo piano dell’abitazione di via Manzoni, a Marcianise, lo scorso 14 gennaio. Si vuol far luce sui precedenti tentativi di togliersi la vita da parte del noto professionista che, proprio il giorno precedente quella drammatica domenica di gennaio, si era procurato delle ferite per le quali era stato necessario il ricovero al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta.

Gli inquirenti hanno già ascoltato un medico del nosocomio casertano che si occupò di Golino al suo arrivo in pronto soccorso. Qui, pare, tranne curargli le ferite che Golino si era autoinflitto, si decise di non attivare il trattamento sanitario obbligatorio. Questo, almeno, quanto riferito dalla famiglia. Ed è proprio su questo punto fondamentale che indagano gli inquirenti: l’azienda ospedaliera si “difende” spiegando che lo stesso Golino pretese di essere dimesso e firmò per lasciare il pronto soccorso. Ma oggi è la famiglia dell’avvocato a voler chiarire la dinamica di quegli eventi.

“Nel tardo pomeriggio del 13 gennaio ho accompagnato personalmente Massimo – ci spiega Emilio

Caterino, cognato di Golino – al pronto soccorso, insieme al medico dell’ambulanza e a un poliziotto. Entrambi, mentre Massimo era in infermeria, mi hanno tranquillizzato sostenendo che in nessun caso avrebbero dimesso Massimo senza attivare prima un regolare protocollo per evitare nuovi tentativi di suicidio. Massimo, infatti, era visibilmente agitato e profondamente scosso ma il medico del ps già dopo un’ora, lo aveva dimesso. Gli aveva solo suturato la ferita molto sanguinante che aveva al collo. Di fronte alle mie ripetute richieste di trattenerlo, di somministrargli almeno un calmante e di sottoporlo a visita psicologica , il medico del ps , visibilmente scocciato, asseriva che si era trattato di un banale gesto dimostrativo e rifiutava ogni mia istanza. Solo aggiungeva al referto un invito a recarsi a visita psichiatrica. Poi guardando l’orologio, ci diceva che probabilmente non ci sarebbe stato neanche il tempo di arrivarci, data oramai l’ora tarda e la chiusura della struttura consigliata. Sgomento per come era stato condotto l’intervento da parte del medico, abbiamo lasciato l’ospedale di Caserta. Mi pare ovvio che non si sia mai reso necessario da parte di mio cognato, pretendere (e meno che mai “con forza”) le dimissioni”.

Dunque, la famiglia di Golino sostiene che siano stati i sanitari dell’ospedale di Caserta a dimettere l’avvocato e non quest’ultimo “a dar di matto” per andarsene via. Un rimbalzo di responsabilità sul quale lavorano, ora, gli inquirenti.