Evasione fiscale dell’imprenditore della sanità Paolo Morrone, condannata la sua donna di fiducia

22 Dicembre 2024 - 11:22

CASERTA – Aveva presentato ricorso in Cassazione Carolina De Cicco contro la decisione della Corte di Appello di Napoli, che aveva riformato in parte la sentenza assolutoria emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dichiarando la responsabilità della De Cicco per il reato di riciclaggio.

Si tratta della vicenda del dicembre 2018, che portò al sequestro, poi revocato, dell’enorme villa di Paolo Morrone, fondatore ma da anni non più titolare del centro di Radiologia, passato in mano a figli e parenti.

L’immobile da 2 milioni di euro sarebbe stata intestata formalmente all’impresa di pulizie rappresentata dalla signora De Cicco. Paolo Morrone fu accusato di aver riciclato 2 milioni di euro, provento di reati tributari, in pratica di una maxi evasione fiscale, andando proprio a costruire la villa di Castel Morrone.

La Corte di Appello di Napoli aveva messo nero su bianco che la De Cicco aveva ricevuto una somma di denaro (670.450,00 euro), frutto di reati fiscali commessi da Paolo Morrone, sul conto della società “La Gardenia S.r.l.” di cui lei era legale rappresentante, attraverso un contratto preliminare fittizio.

La pena inflitta è stata di tre anni di reclusione e una multa di 5.000 euro, con l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.

La difesa ha presentato due ricorsi distinti, nei quali vengono sollevate varie eccezioni in merito alla procedura e alla motivazione della sentenza. Il primo motivo riguarda l’inammissibilità dell’appello del Pubblico Ministero per difetto di specificità, contestando che l’atto di impugnazione non fosse adeguatamente argomentato.

Il secondo motivo riguarda la mancanza di motivazione “rafforzata” nel merito del riciclaggio e la violazione delle norme relative all’elemento soggettivo del reato, in quanto il giudice di primo grado aveva escluso la consapevolezza dell’imputata sull’origine illecita del denaro, e la Corte di Appello non ha adeguatamente confutato questa valutazione.

La Cassazione ha respinto il ricorso della difesa, dichiarando infondati i motivi sollevati, confermando, quindi, la decisione della Corte di Appello.