LA STORIA. Ecco come Ivanhoe Schiavone per beccare 300mila euro da Mario, Enzo ed Enrico Maria Natale si è fregato con le sue mani
17 Luglio 2025 - 13:43

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I movimenti avvenuti dal 2020, ma soprattutto la compravendita operata dalla testa di legno Pasquale Corvino, risalente al 2021, dei terreni “venduti” da Romolo Corvino a Sandokan, hanno creato le condizioni per la tripla accusa di riciclaggio e impiego illegale dei soldi frutto dello stesso ed estorsione
CASAL DI PRINCIPE (g.g.) – Come è abitudine di questo giornale ci piace raccontare le vicende giudiziarie che promanano da un’ordinanza firmata da un giudice su richiesta di una Procura, in questo caso di un pezzo di quella di Napoli costituito dalla Direzione Distrettuale Antimafia.
E’ un metodo. Potremmo tranquillamente svolazzare di qua e di là, cercando le parti più suggestive che meglio si adattano ad un titolo utile a guadagnare i click. Ma noi siamo fatti così. Scriviamo, prima di tutto, per i nostri lettori più affezionati ed è proprio questo metodo che paga un immeritato dazio a quell’autentica stupidaggine rappresentata dal cosiddetto emendamento Costa che non consente di pubblicare gli stralci di ordinanza, da noi utilizzati sempre solamente quale prova documentale di ciò che noi scrivevamo, riportavamo come chiave interpretativa della lettura dei suddetti stralci.
Vabbè, questa è l’Italia che punisce il giornalismo di qualità, tanto a quelli che arronzano non gliene frega un tubo, visto che buttano 4 parole e neppure prima dell’emendamento Costa si sognavano lontanamente di garantire ai propri lettori elementi documentali e dimostrativi.
IL METODO DELLE TESTE DI LEGNO CHE SOLO SANDOKAN, BIDOGNETTI E & CO. POTEVANO PERMETTERSI
Andiamo avanti. Le accuse formulate ai danni di Ivanhoe Schiavone, 37 anni lo scorso 18 marzo, e di Pasquale Corvino, 55 anni da compiere il prossimo 24 agosto, sono quelle di riciclaggio ai sensi dell’articolo 648 bis del codice penale, e di impiego illegale di quei beni imboscati attraverso il medesimo, ai sensi dell’articolo 649 ter.
Il tutto aggravato dall’articolo 416 bis comma 1 che ha sostituito – lo diciamo per la millesima volta ma è sempre bene ricordarlo – l’antico comma 7 della legge 152 del 1991, ossia azioni compiute nell’interesse di un clan malavitoso, in questo caso del clan dei Casalesi rappresentato ai suoi massimi livelli, visto che Ivanhoe Schiavone è figlio del fondatore e promotore dello stesso clan, ossia di Francesco Schiavone Sandokan.
L’altro capo d’imputazione contestato ai due indagati è quello di estorsione, anche in questo caso com’è successo per i reati di riciclaggio e impiego illegale dei frutti dello stesso, compiuto in concorso (articolo 110 c.p.). L’estorsione, com’è noto ai nostri lettori, è punita dall’articolo 629. Il tutto, anche in questo caso, condito dall’articolo 416 bis, comma 1.
Partiamo dal riciclaggio e dall’impiego illegale di beni. Per una volta, ieri sera, (CLICCA E LEGGI), abbiamo voluto iniziare da due o tre pagine interne dell’ordinanza, ossia la 31, la 32 e la 33. L’abbiamo fatto perché lì è riportata la storia originaria, ossia la decisione di Francesco Schiavone Sandokan di acquistare negli anni Novanta, quando il suo nome incuteva terrore a tutti, 42 moggi di terreno in località Selvalunga in quel di Grazzanise, nel cuore della piana dei Mazzoni, confinanti con i terreni che potremmo definire del sentimento della famiglia Schiavone, quelli in cui Nicola Schiavone, papà di Francesco Schiavone Sandokan, ha svolto per anni la sua attività di allevatore e di coltivatore diretto creando una fattoria, poi sequestrata e confiscata definitivamente
Sandokan ha raccontato alla DDA di aver pagato al proprietario di quei terreni, cioè a Romolo Corvino, la somma di 16 milioni di vecchie lire a moggio. Conto presto fatto pari a 672 milioni di lire, versati, così racconta Sandokan, uno per uno, in contanti, in una certa casa di Casal di Principe, ammettendo che si trattava di proventi di attività criminali. Soldi che appartenevano alla categoria di prelievo che, quando lui era latitante, gli portava mese per mese Mario Caterino, detto Mario a’ botta, 30 milioni sull’unghia ogni fine mese, che negli anni 90 erano una cifra ragguardevolissima.
In verità un po’ diversa è la versione racconta agli inquirenti da Giuseppina Nappa, moglie di Francesco Schiavone Sandokan, con cui ha rotto i ponti in maniera anche molto rude al punto da essere additata pesantemente, con parole non certo gentili, nel colloquio intercettato lo scorso ottobre nel carcere in cui è recluso il boss dei boss, dal fratello Antonio e dalla sorella Angela. La Nappa afferma che effettivamente fu pagata una somma, ma di entità che lei non conosce.
Comunque, solo gente come Sandokan o Cicciotto Bidognetti o Antonio Iovine o Michele Zagaria, criminali della loro cifra, potevano consentirsi una formula non scritta di proprietà effettiva di quei terreni, protetta con una blindatura apparentemente inviolabile. Nel caso che stiamo esaminando, infatti non si andò da nessun notaio. Non venne esteso e firmato alcun documento. Nemmeno uno straccio di scrittura privata. Sandokan disse a Romolo Corvino di conservare la proprietà formale di quei 42 moggi che però gli appartenevano di fatto e a tutti gli effetti
LE ACCUSE A IVANHOE A PASQUALE CORVINO E IL LORO PERCHE’
Da quella storia di circa 30 anni fa arriviamo ad oggi e agli eredi di Francesco Schiavone Sandokan e di Romolo Corvino, cioè Ivanhoe Schiavone e Pasquale Corvino
Quel fondo di Grazzanise non è rimasto abbandonato. Ivanhoe Schiavone e Pasquale Corvino hanno mantenuto l’elemento originario. Per cui, da un lato Pasquale Corvino ha continuato ad essere, in quanto erede di Romolo, il proprietario formale; dall’altro lato Ivanhoe Schiavone, in quanto figlio di Francesco Schiavone Sandokan, unico rimasto a piede libero fino a ieri, era il proprietario effettivo.
Siccome di anni ne sono passati tanti e questa storia è venuta fuori addirittura nelle dichiarazioni fatte dal diretto interessato, ossia Sandokan, da sua moglie, dal loro figlio Nicola, divenuto collaboratore di giustizia ,si è potuto lavorare sui reati di riciclaggio e di utilizzo illegale dei proventi di riciclaggio ovviamente di danaro sporco, trasponendoli anche in età contemporanea.
IL GIOCO CON MARIO ED ENZO NATALE CHE HA ESPOSTO IVANHOE CON LA DDA
Affinché questo potesse accadere si sono dovuti sviluppare dei movimenti immobiliari, perché le sole dichiarazioni di Sandokan e della moglie potevano al massimo determinare un’imputazione di riciclaggio per Francesco Schiavone e non per Ivanhoe.
Se abbiamo capito bene, il punto di svolta è stato rappresentato da quell’azione che poi ha portato alla contestazione del reato di estorsione ai danni di Ivanhoe Schiavone e di Pasquale Corvino
Quest’ultimo, a partire dal febbraio 2012 fino al 30 novembre 2020, ha concesso in affitto ad Antonio Corvino tutti i 42 moggi o un pezzo di questi, una circostanza che dalle prime righe dell’ordinanza non è possibile precisare. Diventa difficile ritenere che il prezzo statuito in contratto, ossia i 3 mila euro complessivi per tutto il periodo di otto anni, sia quello effettivamente versato da Antonio Corvino a Pasquale Corvino e attraverso questi alla famiglia Schiavone. E’ possibile che siano girati soldi in nero, ma ciò ugualmente non è questione affrontata nel documento giudiziario della DDA. Nel 2020 le cose cambiano.
COME L’ULTIMO RAMPOLLO DI SANDOKAN SI E’ DATO LA ZAPPA SUI PIEDI
Cominciano delle dinamiche che mettono in evidenza l’attività di Ivanhoe Schiavone che si sente a tutti gli effetti proprietario reale, con contestuale riconoscimento di questo status di Pasquale Corvino, erede di Romolo Corvino. Ed è proprio l’ultimogenito di Sandokan a chiedere (chiedere si fa per dire secondo gli inquirenti, dato che a loro avviso si tratta di imposizione estorsiva) che il contratto di fitto, stipulato a suo tempo tra Pasquale Corvino e Antonio Corvino venga risolto in anticipo, precisamente il 13 aprile 2020. Ciò perché il rampollo ha in tasca un affare più redditizio: il contatto con una famiglia storicamente facoltosa, quella imperniata sulle figure dei fratelli Mario ed Enzo Natale, che non hanno bisogno di presentazioni a Casal di Principe, ma anche a Santa Maria Capua Vetere, Casagiove eccetera. Si parte con un fitto e si arriva ad una remunerativa vendita
Pasquale Corvino e lvanhoe Schiavone concedono in fitto il 15 aprile 2020, attenzione, due giorni dopo dalla risoluzione anticipata del contratto con Antonio Corvino, e fino al 31 dicembre 2020, alla società agricola L’AURORA, rappresentata da Enrico Maria Natale, politico di Casal di Principe, figlio di Mario Natale, il terreno di cui al foglio 44, particella 16, al canone di locazione complessivo dì euro 2.400.
Si tratta di un pezzo di quei 42 moggi originari acquistati da Sandokan. E’ chiaro che siamo di fronte ad un’operazione graduale, perchè 8 mesi e mezzo e 2 mila e 400 euro sono bazzecole per Ivanhoe Schiavone, uno afflitto dal vizio del gioco, come dice la zia Angela Schiavone, rivolgendosi al papà, Francesco, durante il colloquio carcerario dell’ottobre 2024..
In questo contesto va letto anche il secondo contratto di fitto pressoché contemporaneo, dato che si estende dal il 15 maggio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, il terreno agricolo di cui al foglio 45, particella 5014, a Marco Natale, figlio di Vincenzo Natale detto Enzo e cugino di Enrico Maria Natale. E’ lui ad affittare la seconda particella del terreno, come si può leggere dalle cifre catastali. Stavolta per il prezzo di 400 euro, che non è poi una cifra logica perché per un solo mese in meno si passa da 2 mila 400 euro versati almeno ufficialmente da Enrico Maria Natale ai 400 di Marco Natale.
LA VENDITA AI NATALE PER PIU’ DI 300MILA EURO
Scorriamo la clessidra della storia e ci portiamo al 31 marzo 2021, quando dall’affitto si passa alla vendita di tutte e due le particelle appena citate per 315mila euro. Francamente, con un’operazione, che secondo il nostro punto di vista era stata preordinata sin dall’inizio e che aveva indotto Schiavone a dare il brusco benservito all’affittuario Antonio Corvino.
Un’operazione avvenuta con una modalità che da un lato lo ha fatto entrare dentro alla storia di questo terreno in prima persona, giustificando quindi la contestazione dei reati di riciclaggio e di impiego illegale dei proventi arrivati dallo stesso; dall’altro lato ha creato le condizioni affinché la DDA lo indagasse, sempre in concorso con Pasquale Corvino, suo docile prestanome come Romolo Corvino fu di suo padre, anche il reato di estorsione
ECCO PERCHE’ IL DECRETO COSTA E’ LEGGE STUPIDA E LIBERTICIDA
Mo’, di fronte a un articolo del genere sarebbe stato gratuito, offensivo, rispetto alla normale sensibilità che bisogna avere per gli indagati, pubblicare lo stralcio dell’ordinanza? E’ giusto vietarlo per chi arronza tre righe e poi ci marcia pubblicando l’atto giudiziario riguardante un semplice indagato. Ma non pensiamo sia giusto farlo con chi argomenta o almeno tenta di argomentare come noi facciamo