Controllore dei pullman litiga con il collega e finisce a cazzotti. Licenziato da Angelino: la storia finisce in tribunale

11 Agosto 2025 - 18:10

CASERTA – Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla società DAV S.p.A., confermando la decisione della Corte d’Appello di Napoli che aveva annullato il licenziamento disciplinare di un dipendente coinvolto in uno scontro fisico con un collega.

Il caso riguardava un episodio avvenuto nel settembre 2015 presso il capolinea ferroviario di Caserta, dove un dipendente, Salvatore E., al termine del proprio turno di lavoro, era stato protagonista di un alterco, sfociato in una colluttazione, con un altro lavoratore. La società, ritenendo il comportamento lesivo del vincolo fiduciario, aveva adottato nei suoi confronti la sanzione espulsiva. Dopo un primo passaggio in Cassazione, la Corte d’Appello – in sede di rinvio – aveva stabilito che l’accaduto, pur rilevante sul piano disciplinare, non fosse tale da giustificare un licenziamento, disponendo la reintegra del lavoratore e il pagamento di un’indennità pari a 12 mensilità.

Secondo i giudici di legittimità, il ricorso dell’azienda è risultato infondato su tutti i punti. La Suprema Corte ha chiarito che la contestazione disciplinare deve restare circoscritta ai fatti indicati nella prima comunicazione, senza poter essere estesa sulla base delle successive difese del dipendente. In questo caso, non era stata offerta al lavoratore la possibilità di difendersi rispetto ad alcuni elementi poi richiamati nella lettera di licenziamento, violando così le garanzie previste dallo Statuto dei Lavoratori.

La Cassazione ha inoltre ribadito che, quando il comportamento contestato rientra tra quelli previsti dalla normativa speciale per gli autoferrotranvieri come punibili con una sanzione conservativa (nel caso specifico, l’art. 42 del R.D. 148/1931), il giudice non può elevarne arbitrariamente la gravità per giustificare un recesso. Secondo una giurisprudenza consolidata, in presenza di previsioni collettive o normative che indicano in modo espresso una sanzione meno grave, il licenziamento risulta sproporzionato.

Respinte infine anche le eccezioni di legittimità costituzionale sollevate dalla società: secondo i giudici, la norma applicata non esclude la rilevanza disciplinare dei fatti, ma delimita semplicemente il tipo di sanzione ammessa in casi simili. La Corte ha dunque confermato la sentenza di secondo grado e condannato DAV S.p.A. al pagamento delle spese processuali, oltre al contributo unificato dovuto per legge.