CLAN DEI CASALESI Bloccata la semilibertà del capozona Luigi Costanzo: “Collegamenti mai superati”

19 Ottobre 2025 - 10:30

Attualmente detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo per omicidi aggravati da finalità mafiose

LUSCIANO – La Corte di Cassazione ha annullato, con rinvio, la decisione del Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila che aveva concesso la semilibertà a Luigi Costanzo, 58enne capozona di Lusciano per conto del clan dei Casalesi, fazione Schiavone, attualmente detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo per omicidi aggravati da finalità mafiose.


La decisione dei giudici supremi è arrivata a seguito del ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di L’Aquila, che ha evidenziato una violazione di legge e carenze motivazionali nella valutazione della pericolosità sociale e dei collegamenti del detenuto con la criminalità organizzata. SeNon esclusi i legami con la camorra


Il nodo centrale della decisione riguarda il mancato superamento della presunzione relativa di collegamento con il sodalizio camorristico, prevista dalla normativa antimafia (art. 4-bis ord. pen. e art. 3 D.L. 162/2022).
Secondo la Cassazione, il Tribunale ha dato eccessivo peso al percorso rieducativo e agli esiti del progetto di giustizia riparativa, senza però valutare con sufficiente rigore i pareri negativi della Direzione Distrettuale Antimafia (Napoli), della Direzione Nazionale Antimafia, della Questura di Caserta e dei Carabinieri, che hanno tutti evidenziato la persistenza dell’attività del clan Casalesi e nessun elemento concreto che dimostri il distacco effettivo di Costanzo dalla criminalità organizzata.
Tra gli indizi trascurati: la mancata collaborazione con la giustizia, l’assenza di prove di dissociazione effettiva, la mancanza di riparazione ai familiari delle vittime, e la situazione reddituale poco trasparente del nucleo familiare, che secondo la DDA sarebbe ancora “sostenuto” dal clan.


La Corte: valutazione superficiale, serve nuovo giudizio


I giudici di legittimità hanno osservato che la motivazione dell’ordinanza impugnata non si confronta adeguatamente con i dati allarmanti forniti dagli organi investigativi, e che si è basata su elementi soggettivi e insufficienti – come la regolare condotta in carcere, l’esito positivo del progetto RI.ME. e la partecipazione a corsi – senza fornire prove oggettive della cessazione dei legami mafiosi.
Inoltre,

non è stato valutato con rigore neppure il contesto lavorativo indicato per la fase di semilibertà: una società di ristorazione a Fiano Romano, dove – secondo la DDA – operano soggetti con precedenti penali e legami territoriali con aree di influenza del clan Casalesi.

Con la sentenza n. 33186/2025, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza e rinviato gli atti al Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila, che dovrà procedere a nuovo esame, sulla base di criteri di maggiore rigore e tenendo conto dei poteri istruttori ampliati dalla recente riforma dell’Ordinamento Penitenziari