SAN FELICE A CANCELLO. Secondo Clemente Carfora, il patrimonio sequestrato era frutto dei soldi per l’ingiusta detenzione del padre

3 Ottobre 2018 - 16:35

SAN FELICE A CANCELLO (TI.PA.) – Questa mattina, presso la sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, è stato ascoltato Giuseppe Carfora, figlio di Clemente Carfora, in relazione ad un grosso sequestro di beni al boss Michele Pesce di cui loro (padre e figlio) erano considerati i prestanome.

Lo scorso anno le Fiamme Gialle hanno posto i sigilli su questo patrimonio da ben 3 milioni di euro. Tredici le persone sotto accusa ritenute prestanome del clan camorristico Massaro-Di Paolo che gestisce, secondo le accuse gli affari illeciti tra Marcianise, Maddaloni e comuni limitrofi.

Complessivamente furono sequestrate 5 abitazioni, tra cui figura anche una villa di 10 vani, 7 locali commerciali, tra cui un bar di San Felice a Cancello, 11 terreni per complessivi 17mila metri quadrati, 5 autovetture, 3 quote societarie e 2 diamanti del valore di 20mila euro. Sequestrati, infine, 65 rapporti finanziari per 1 milione 150mila euro di euro.

Molto importante la testimonianza di questa mattina. Giuseppe Carfora è stato esaminato dal pm D’Alessio: “Si tratta di soldi che avevamo nella disponibilità di mio padre Clemente che prese una bella somma di denaro per la ingiusta detenzione dopo la scarcerazione per la strage di Acerra”.

E’ quello che ha spiegato al Pm Carfora, dall’avvocato Vittorio

Giaquinto. Il padre effettivamente fu assolto e scarcerato dopo sei anni di ingiusta detenzione per una delle stragi di camorra più gravi mai avvenute in Campania. In quella brutta storia c’entrava anche Mario Di Paolo, il boss di cui si sono perse le tracce dal 1992, ovvero proprio da quel grave fatto di sangue.

Sul destino misterioso del boss Di Paolo si pronunciò, a suo tempo, il collaboratore di giustizia Dario De Simone: “A quanto mi risulta, posso dire che Mario Di Paolo è morto. La cosa mi fu riferita una volta da Clemente ‘o pecuraro (Clemente Massaro, condannato all’epoca all’ergastolo sempre relativamente al processo sulla strage di Acerra, ndr)”.

La morte di Di Paolo, visto il personaggio di cui si parla, potrebbe essere legata ad un’esecuzione, ma più probabilmente, visto che il corpo non si è mai trovato, a una lupara bianca. Circostanza, quest’ultima, tra l’altro emersa anni fa quando si parlò, negli ambienti camorristici e attorno agli stessi, di un “cadavere dato in pasto ai porci”.