OSPEDALE DI CASERTA. Clamoroso: Ferrante e la Infante riammettono, su pressione del Tar, quasi 30 esclusi del concorso per caposala

27 Marzo 2019 - 18:39

CASERTA (G.G.) – Sono i fatti e non una nostra particolare predilezione per l’argomento a indurci ad occuparci ancora una volta di questo benedetto, con ampia possibilità di trasformazione in maledetto, concorso per la selezione di 22 nuovi coordinatori infermieristici categoria D, in poche parole di 22 capisala.

Sull’argomento abbiamo già espresso, a conclusione di un articolo rispettosamente argomentato nei confronti della dignità e della onorabilità della Direzione Strategica, il nostro punto di vista.

Oggi, però, l’attualità chiama e Casertace non può far altro che rispondere presente.

Stamattina, la signora Luigia Infante, direttore dell’Unità Operativa Complessa Gestione delle Risorse Umane ha spedito una raccomandata a mano ai circa 30 richiedenti che hanno inviato la documentazione per partecipare alla selezione e che sono stati respinti con comunicazione recapitata lo scorso 19 marzo dalla stessa Infante, che poi si arrabbia con noi quando diciamo che, pur essendo una bella signora, non esprime (a nostro sommesso avviso, ci potremmo pure sbagliare) una grande valenza professionale.

Oddio, nostro sommesso avviso, meno sommesso, anzi molto meno sommesso, è l’avviso della Quinta Sezione del Tar della Campania, la quale ha sancito, accettando in pieno il ricorso presentato dall’avvocato Renato Labriola, che sarà anche un mio amico, ma che le lodi le prende da questo giornale semplicemente perché è bravo e le cause le vince, per chiedere l’immediata sospensiva, anche applicando la procedura di urgenza estrema della cosiddetta

inaudita altera parte, del provvedimento di uno dei 30 richiedenti che hanno subito la stessa sorte.

Il Tar, dunque, ha riconosciuto come valide tutte le obiezioni e le contestazioni contenute nel ricorso.

A questo punto, il fumus boni iuris è andato da sé, visto e considerato che il danno gravissimo si rileva nel momento in cui il ricorrente si è visto sbarrare la strada immotivatamente in un concorso che avrebbe significato molto per la sua vita professionale.

Allora, come capita sempre in articoli in cui ci occupiamo di procedimenti amministrativi, definiti davanti agli organi della relativa giurisdizione, scriviamo poche righe di sintesi, rimandando, però, tutti quelli che vogliono approfondire la vicenda alla lettura dei documenti che pubblichiamo in calce a questo articolo e, precisamente, il ricorso a firma dell’avvocato Labriola e la decisione, l’ordinanza presidenziale che apre la strada alla Camera di Consiglio del giudizio di merito, fissata per il prossimo 16 aprile, in piena settimana di passione.

In parole povere, allora, il Tar ritiene pienamente valide ragioni che l’avvocato Labriola collega a leggi fondamentali rispetto alle ragioni della trasparenza nella pubblica amministrazione e, più specificamente, nei concorsi che questa bandisce.

Ecco perché, spedendole un bacio sulla fronte, ci permettiamo di dire alla signora Infante, la quale, visto il suo rango professionale, 3.500 euro più accessori al mese se li porta a casa, che probabilmente si deve un minimo resettare.

Perché se l’avvocato Labriola e il Tar con lui la impallina sulla legge 241 del 1990, in pratica l’abbecedario della pubblica amministrazione?

E invece è andata proprio così.

Perché l’avvocato Labriola ha fatto nera l’azienda ospedaliera, purtroppo anche la direzione Generale, sicuramente ispiratrice di tutta l’operazione di questo concorso, sull’articolo 3 e sull’articolo 21 octies dell’abbecedario.

L’articolo 3 disciplina in termini generali la materia della soluzione dei concorsi, sancendo il principio della “motivazione del provvedimento, quale requisito fondamentale di tutti i provvedimenti amministrativi necessario al fine di ricostruire l’iter logico-giuridico seguito per l’emanazione di un determinato provvedimento”.

Al principio enunciato dall’articolo 3 si collega l’effetto tossico individuato dal ricorrente, ovvero la violazione dell’art.21 octies della legge 241/90 “in particolare nel dare atto della mancata ammissione alla prova colloquio, non sono stati chiariti in maniera specifica e trasparente i criteri utilizzati e la valutazione dei titoli e dei requisiti del ricorrente”.

La motivazione per cui l’avvocato Labriola scrive che è mancata totalmente la trasparenza nella illustrazione e nella pubblicazione dei criteri è consultabile nel ricorso pubblicato sotto a questo articolo. La legge parla chiaro e naturalmente ha l’obiettivo, definito ratio da chi parla bene in termini giuridici, di ridurre al minimo la discrezionalità di una commissione giudicatrice, di ridurre al minimo, dando per scontata la buona fede, fino a prova contraria, l’errore umano.

Ecco perché si viene a creare una griglia, così come esplicitamente previsto dal DPR 487 del 1994, pure citato nel ricorso parimenti ad una certificazione tombale della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, dentro alla quale sono riportati questi criteri.

Uno per uno, singolarmente, in modo da chiarire perché, nell’ambito della valutazione sui titoli o nell’ambito del colloquio, ad un concorrente viene assegnato un certo punteggio.

Per cui, signora Infante, se lei ha escluso, come ha escluso, il ricorrente dal concorso affermando solo che questi non ha raggiunto il punteggio di 20, ma non chiarisce quale punteggio abbia raggiunto e in base a quali criteri sono state assegnate queste cifre di valore, il suo atto è illegittimo.

Poi, se dovrà essere annullato in sede di giudizio di merito lo vedremo. Per il momento è sospeso con contestuale riammissione del ricorrente, ordinata dal giudice del Tar.

Ora se capita, come è successo oggi, giusto verbale numero 2, che la Commissione riammette tutti quelli che erano stati esclusi nonostante il fatto che il verbale numero 1 non contenesse quei criteri, vuol dire che lei, motore formale dell’intera procedura amministrativa a cui la Commissione evidentemente si è uniformata, ha preso una topica e forse un periodo di riposo non le farebbe male, con rispetto parlando.

 

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