La DOMENICA di don Franco: “Il lavoro, la rettitudine, il disinteresse, la forza muovono la vita e creano progresso. Ma vengono sempre dai “nessuno”
26 Gennaio 2020 - 12:20
26 gennaio 2020 – III Domenica T.O. (A)
DALLE TENEBRE … ALLA LUCE
gruppo biblico ebraico-cristiano השרשים הקדושים
Inizia la predicazione di Gesù. Egli entra nel solco aperto dal Battezzatore e lo approfondisce; il centro scelto per la sua missione è la Galilea, dove prima si era abbattuta l’invasione degli assiri (733 a.C.), e dove ora egli annuncia la luce del Vangelo. Le promesse di Dio si compiono. Tre sono le parti che costituiscono il Vangelo: a) i vv. 12-17 sono l’introduzione generale al ministero di Gesù, e le precisazioni geografiche ivi contenute hanno uno scopo dottrinale: Gesù realizza le profezie; Matteo però trasforma un po’ il testo di Isaia: invece di “camminare nelle tenebre”, scrive “immerso nelle tenebre”, che presenta meglio lo stato spirituale degli ebrei al tempo di Gesù. b) i vv. 18-22 raccontano la vocazione dei primi quattro discepoli; alla chiamata di Gesù corrisponde la loro risposta, subito: la risposta comporta un “lasciare” ed un “seguire”; c)
Un popolo che camminava nelle tenebre. La profezia di Isaia si riferisce al secolo VIII a.C., il periodo della grande espansione assira in tutta la Mezzaluna fertile. Anche le tribù di Zabulon e Neftali, situate a nord d’Israele, furono coinvolte in questi sconvolgimenti dolorosi. La desolazione era generale, eppure Dio promette una luce di salvezza. La luce a cui si riferiva Isaia era certamente un discendente della famiglia di Davide, forse il bambino Ezechia (715 – 687), nel quale Isaia aveva deposto la speranza. E invece nulla! Gli assiri occupano Zabulon e Naftali per altri 100 anni; Ezechia, che tentò di ribellarsi agli assiri, fu rinchiuso dal re assiro Sennacherib “come un uccello in gabbia”. E allora? Il profeta si era ingannato? Dio non ha mantenuto la promessa? La profezia si è realizzata, ma secondo i tempi e la logica di Dio, in Gesù: il regno degli assiri era crollato da centinaia d’anni, ma le tenebre non erano scomparse. Con l’annuncio del Vangelo, inizia la poderosa invasione della luce e della grazia.
… ha visto una grande luce. La luce è uno degli elementi necessari per la vita dell’uomo. La luce è l’immagine stessa della vita; “vedere la luce … venire alla luce” significa nascere; al contrario “spegnersi … chiudere gli occhi alla luce” significa morire. Anche di Dio si dice che “è luce e in Lui non ci sono tenebre” (1Gv 1,5). Anche Cristo è la luce che “illumina ogni uomo” (Gv 1,9). Anche il cristiano, nel giorno del suo battesimo riceve “la luce di Cristo” e promette di vivere “come figlio della luce”, seguendo Cristo luce del mondo. Il cristiano, anche dopo il battesimo, resta sempre un impasto di luce e tenebra; per questo la conversione non è mai un’operazione finita, ma è una tensione quotidiana.
Inizia la storia della salvezza. Quando leggiamo i primi versetti del Vangelo di Matteo, sentiamo un respiro epico, rulli di tamburi, soldati in assetto di guerra. Nessuno scandalo per queste metafore militari. L’apostolo Paolo le ha usate nelle sue lettere, per descrivere la vita del cristiano. Anche Cristo, quando incontrava un soldato onesto, lo trattava con rispetto. Cristo non fa demagogia, scruta il profondo del cuore e non il colore delle divise. E’ finita la lunga preparazione: l’angelo che annuncia, la nascita a Betlemme, la fuga in Egitto, l’infanzia nascosta, il lavoro umile a Nazaret; anche le tentazioni nel deserto, l’incontro con Giovanni, il battesimo nel Giordano fanno parte del prologo. Comincia ora la storia della salvezza. Gesù occupa la sua posizione strategica, che l’evangelista descrive come farebbe Cesare prima di una battaglia: Cafarnao. Poi inizia il reclutamento della truppa: pescatori anonimi, fatti per l’oblio assoluto, e che ora, grazie alla sua chiamata, diventeranno più celebri di ogni imperatore, saranno invocati attraverso i secoli, vedranno erigere in loro onore splendidi edifici. Infine, Gesù lancia i primi proclami: “Seguitemi. Vi farò pescatori di uomini”. Altro che Alessandro Magno! Lancia il suo manifesto: “Convertitevi”. Altro che Karl Marx! Qualcosa è davvero cambiato. La storia del mondo gira pagina!
Gesù si ritirò nella Galilea. Lettori dei vangeli non danno importanza al fatto che Gesù abbia deciso di andare in Galilea e di restare lì quasi fino a poco prima della sua passione e della sua morte. Gesù ha esercitato quasi tutto il suo ministero apostolico in Galilea. La Galilea era una regione così povera, abbandonata e disprezzata al tempo di Gesù che chiamare qualcuno “galileo” era un insulto. Spregiativamente i seguaci di Gesù, prima di essere chiamati “cristiani”, erano chiamati i “galilei” (At 2,7). E più tardi, nel sec. IV, l’imperatore Giuliano, per offendere i cristiani, parlava della “stupidità dei galilei” (Epist. 83 ad Artabio). Inoltre, i galilei non osservavano gli obblighi relativi al Tempio (M. Naderim 2,4). Ecco perché erano considerati impuri, ignoranti e con loro era proibito mantenere relazioni (TB Pesahim 49b). Ed a tutto questo si devono aggiungere le frequenti rivolte politiche che avvenivano in Galilea. Si sa che Pilato comandò di assassinare un gruppo di galilei che offrivano sacrifici religiosi (Lc 13,1).
Ebbene, proprio in quel paese di “pagani”, di “oscurità, di ombra di morte” (Is 8,23; 9,1), Gesù scelse di vivere e di convivere. Perché? Ancora una volta troviamo il criterio fondamentale di Gesù: la salvezza viene dal basso, così come la storia si fa a partire dalle vittime. L’aspetto più importante qui sta nel comprendere che i protagonisti della storia non sono i potenti della terra e della chiesa. No. Coloro che fanno la storia sono gli schiavi, i lavoratori, i salariati, i poveri. Il lavoro, la rettitudine, il disinteresse, la forza che muove la vita e crea progresso, tali cose determinanti vengono sempre dai “nessuno”. Qui tocchiamo il cuore del Vangelo di Gesù. BUONA VITA!