MARCIANISE. Velardi denunciato dai vigili anche per oltraggio. E l’asl gli ha notificato l’ordine di rimanere chiuso in casa per 14 giorni per effetto della sua violazione delle NORME CORONAVIRUS
8 Aprile 2020 - 11:58
Cogliamo l’occasione per completare la nostra riflessione su questi fatti, iniziata l’altroieri
MARCIANISE – (g.g.) In questi giorni siamo tornati a commentare le azioni di Antonello Velardi. Lo abbiamo fatto, incrociando uno status diverso rispetto a quello che aveva fino ad un recente passato, del soggetto esaminato. Oggi non è più il sindaco di Marcianise, bensì l’ex sindaco di Marcianise. Una nuova condizione che non può essere considerata un semplice dettaglio. Almeno per noi, non lo è. Perchè del signor Antonello Velardi, con cui, per nostra e forse anche per sua fortuna, non abbiamo mai scambiato una sillaba, non ce ne frega un tubo.
Mentre ci interessa molto l’operato di ogni persona che ricopre una carica pubblica, come abbiamo scritto almeno un milione di volte, quando, purtroppo ancora con scarsi risultati, ci siamo impegnati a far capire che una cosa è la persona, altra cosa la funzione che esercita ed esplicita.
Dunque, da quando è stato sfiduciato dal consiglio comunale, si contano sulle dita di una mano sola, gli articoli che gli abbiamo dedicato.
Ora siamo tornati a scriverne, perchè quello di cui Velardi si è macchiato, alcuni giorni fa, al cospetto della pattuglia dei vigili urbani di Marcianise che gli aveva contestato la violazione delle leggi legate all’emergenza coronavirus, non può essere considerato solamente come l’atto compiuto da un privato cittadino. E ciò non smentisce l’assunto iniziale sull’allentamento della nostra attenzione sul soggetto de quo, perchè questa riguarda soprattutto le sue esternazioni politiche.
Quando invece, ci troviamo di fronte a comportamenti che innescano questioni di diritto sui comportamenti del Velardi-cittadino, il discorso cambia. Non a caso, siamo convinti che l’aspetto più grave della vicenda non sia costituito dalla violazione in sè e per sè. Un atto di debolezza può capitare a tutti. Uno sbaglio lo può fare ognuno.
E’ grave invece, anzi gravissimo, ed investe la sfera pubblica, cioè il portato che si produce da quello che Antonello Velardi è stato fino a pochi mesi fa, cioè fino a quando ha indossato la fascia tricolore. Il tempo che ha separato l’ultimo giorno in cui è stato sindaco legittimo della città di Marcianise e la mattinata in cui gli è stata contestata la violazione delle norme sul coronavirus, è troppo breve per scollegare quel momento da questo momento.
Non a caso, abbiamo utilizzato l’altro giorno, una foto, tutto sommato recente, nella quale si vede Velardi indossare quella fascia tricolore a cui facevamo riferimento prima. E questo dà un senso anche all’impostazione del nostro articolo dell’altroieri (CLIKKA QUI PER LEGGERLO) quando abbiamo definito “disobbedienza (in)civile” l’atto di rifiutare di esibire le generalità alla pattuglia dei vigili in servizio.
Questo perchè dentro a quelle divise, sotto a quei cappelli, potevano esserci anche persone detestate da Velardi, ma prima di quelle persone, prima della loro identità comunque riconoscibile, c’erano e ci sono le divise che, nel momento in cui svolgono, nell’orario di servizio, la propria funzione, assumono un’identità impersonale e vanno, quindi, rispettate a prescindere, al di la e molto al di sopra di chi le indossa.
Da cittadino, Velardi, avrebbe avuto tutta la possibilità di impugnare nelle sedi opportune, nelle sedi che la democrazia e lo Stato di diritto mettono a sua disposizione e a disposizione di ognuno, il provvedimento, la multa comminatagli dai vigili urbani di Marcianise, ma, ancor di più, anzi, in senso assoluto, dallo Stato italiano che attraverso quelle divise si manifestava.
E invece, ha scelto un’altra strada: quella della reazione rispetto ad un’azione che la sua testa, il suo carattere, la sua storia, l’Italia dei disvalori che ha visto e che tanto gli ha dato, gli ha suggerito: il rifiuto di esibire i documenti e dunque, di manifestare formalmente le proprie generalità.
Per cui, secondo Velardi, la linea di demarcazione, di discrimine che, crediamo, riguardi anche lui e che separa quello che è legale da ciò che legale non è, non è stabilita dai codici, dalle leggi, bensì dalle persone che le applicano. Per cui, se un vigile urbano, un carabiniere, un finanziere gli sta antipatico, lui sospende l’ordinamento giuridico italiano, gira le spalle e se ne va.
La seconda cosa molto grave e ugualmente diversa dall’atto della violazione e da quello della multa conseguente, è rappresentata da ciò che Velardi ha scritto qualche ora dopo l’accaduto, reagendo, attenzione, al fatto che la notizia fosse venuta fuori e dando l’idea, dunque, che se questo giornale non l’avesse data, lui avrebbe adottato la strategia dello “zitto io, zitto tu.”
Il che, e qui ritorniamo alla importanza della relazione temporale tra la sua caduta e il momento della multa, per uno che ha fatto il sindaco per quasi 4 anni e fino a pochissimi mesi fa, non è cosa da poco e dimostra, ancora una volta, la cultura da cui Velardi arriva e che lo ha formato: non conta ciò che è, ma ciò che appare. Una struttura tipica di un provincialismo di retroguardia che ha riempito di arretratezza tutti i processi costitutivi delle carriere e della formazione della classe dirigente nel nostro paese, nel sud e in particolare in Campania. E che porta con sè, effetti complementari altamente tossici a partire dalla relativizzazione della differenza tra una verità e una bugia.
In questa storia, gli unici a rimanere con la schiena dritta, a non cedere ad alcuna provocazione, sia a quella della mancata esibizione dei documenti, sia a quella di qualche parola grossa, uscita dalla bocca dell’ex sindaco, sia a quella della furbastra, ambigua pseudo smentita serale del diretto interessato, sono stati i vigili urbani di Marcianise.
Questi hanno prodotto fatti e non parole: il cittadino Antonello Velardi ha violato, a loro avviso, cioè ad avviso dei pubblici ufficiali, le norme dell’emergenza coronavirus, che hanno forza di legge e sono reato penale? E allora deve essere trattato come verrebbe trattato ogni altro cittadino, come il sottoscritto oppure un fabbro, oppure un impiegato, oppure un operaio oppure come una persona che fa il più umile e dignitoso dei lavori.
La procedura che i vigili sono stati obbligati a seguire ha portato alla notifica domiciliare della multa, comminata ad Antonello Velardi e alla denuncia dello stesso per non aver esibito i documenti alla richiesta di un pubblico ufficiale, assimilandosi, in maniera sconcertante, ai comportamenti che può avere l’ultimo dei latitanti. Perchè quelli che glieli hanno chiesto, piaccia o non piaccia, simpatici o antipatici, nel momento in cui lo fanno, non si chiamano Tizio, Sempronio, Sempronia o Caio, ma sono “pubblici ufficiali” cioè ufficiali della repubblica italiana. Ed è la repubblica italiana che ti chiede i documenti, non Tizio, Sempronio, Sempronia o Caio.
Pare che nella denuncia dei vigili siano comprese anche presunte offese (presunte, Velardi, ha capito? Noi siamo gente seria e liberali per davvero), sempre nei confronti di pubblici ufficiali. Gli verranno contestati dunque, gli articoli 651 (CLIKKA QUI PER LEGGERLO) e 341 (CLIKKA QUI PER LEGGERLO) del codice penale che declinano i reati rispettivamente di “rifiuto di indicazione della propria identità personale” che prevede l‘arresto fino a un mese e un’ammenda fino a 206 euro, diciamo ammenda e non multa che è un’altra cosa, tanto è vero che una sentenza di primo grado che commina un’ammenda può essere impugnata solo in Cassazione, e l’oltraggio a pubblico ufficiale che prevede pene fino a tre anni di carcere.
Come conseguenza della multa, l’asl ha provveduto o sta provvedendo, in queste ore, alla notifica di un provvedimento di permanenza in casa per 14 giorni, riteniamo non emendabile neppure per motivi di lavoro, dato che è conseguenza di un comportamento che ha violato le norme sul coronavirus.