AVERSA. Che giornata, tra balle su fantomatiche firme dal notaio e bacchette. “L’unica realtà: Innocenti, Stabile, in città comandano sempre i trasformisti”
24 Aprile 2020 - 15:35
AVERSA – Un sindaco, nelle sue dichiarazioni pubbliche, che nell’epoca dei social lambiscono il limite della compulsività, dovrebbe prestare attenzione a non scadere di livello soprattutto quando entra in questioni strettamente politiche.
Il comportamento che Alfonso Golia ha avuto nelle ultime 24 ore può essere spiegato in due modi alternativi tra di loro: o è andato dietro ai pettegolezzi, alle indiscrezioni, a qualche parola grossa pronunciata minacciosamente da qualcuno dei 5 dissidenti della maggioranza, dando per certo, al punto da persuadersene, la trasferta dal notaio della cinquina protestante insieme alla minoranza o a una parte di essa, oppure, in alternativa, la frequentazione costante con Stefano Graziano lo ha già svezzato alla pratica della “bacchetta” flosofale, che è esattamente il contrario della trasparenza, della lealtà, della consistenza, dell’alta cifra politica, della presentabilità culturale.
In un caso o nell’altro, Alfonso Golia ha sbagliato.
Concentrandoci sulla prima ipotesi, dimostra di essere ancora troppo tenero e superficiale.
I 5 della sua maggioranza hanno infatti certificato la loro dissidenza. Ma questo non vuol dire che il sindaco gli debba togliere il saluto, perché questa sarebbe una reazione politicamente inadeguata, immatura, se non addirittura politicamente inesistente.
Sarebbe bastato contattare uno di loro e con chiarezza, senza entrare nel merito di ragioni, di motivi, della loro decisione, avrebbe potuto domandargli se nella giornata di ieri avevano deciso di recarsi dal notaio per porre fine, qualora insieme alla minoranza si fosse arrivati alla cifra di 13 consiglieri, all’amministrazione comunale in carica da meno di un anno.
Aversa si è dimostrata una città molto provinciale e con prospettive per niente incoraggianti, perché se il livello della reazione del sindaco è questo, rispetto a una difficoltà politica, se il primo cittadino sa pescare solo nel pettegolezzo senza riscontro, vuol dire che nel palazzo comunale non abitano né la saggezza né l’intelligenza.
Insomma, ieri, invece di parlare di cose importanti per la città, così come abbiamo invece cercato di fare noi, riaffrontando la questione delicatissima del Pip infiltrato dalla camorra (CLICCA QUI) si è preferito monopolizzare parole e opere partendo da un presupposto che in realtà non esisteva e trattandolo come il chiacchiericcio messo in scena dalle proverbiali comari: un appuntamento dal notaio che nessuno dei 5 dissidenti afferma di aver mai preso.
La seconda ipotesi, quella dell’adesione all’illuminata e alata scuola del “bacchettismo” in politica, sarebbe spiegabile con la necessità che il sindaco avverte, fomentato da Graziano, di liberarsi definitivamente dei 5 che hanno osato mettere in discussione il suo agire e per giustificare un incontro avvenuto nella sua stanza con i consiglieri comunali Olga Diana, Innocenti e forse anche Peppe Stabile, un vero e proprio Pelè del trasformismo, perché con questa operazione si avvicina veramente alle mille pratiche del voltagabbana.
Centrosinistra; poi civico; candidato sindaco del centrosinistra e sfidante di Domenico Ciaramella e del centrodestra alle elezioni comunali del 2007; poi ancora centrodestra; centrosinistra; poi accordo con il compianto Peppe Sagliocco in appoggio alla coalizione di centrodestra alle comunali del 2012 con ascesa conseguente alla carica di presidente del consiglio; poi autore materiale, con un malore improvviso, della caduta di un Sagliocco ormai morente; poi, nel periodo di De Cristofaro, vicinanza a De Luca ad uso e consumo del sindacato sanitario Fials, gestito da secoli da suo fratello Salvatore; poi accordo con Forza Italia, precisamente con Giggino a’ purpetta, con candidatura a sindaco espressa dai berlusconiani alle comunali dell’anno scorso e ora di nuovo col centrosinistra a far da stampella a Golia.
Vedete, cari concittadini aversani – è sembrato dire, ieri, Golia in versione bacchettista – quelli lì vogliono andare dal notaio in pieno coronavirus e io che devo fare? Cerco di difendermi come posso, aggregando qualche consigliere di minoranza.
Bacchetta è fatta.
Ora, sia nel primo caso che nel secondo, il sindaco è colpevole. Ciò perché sia che ricorra la prima condizione, sia che ricorra la seconda quel che conta è il mezzo ribaltone.
Ed è questo il punto importante. Alfonso Golia, che ha rischiato di andare a casa, in queste ore, a neppure 11 mesi dalla sua vittoria elettorale, ripropone gli stessi schemi dei suoi predecessori.
D’altronde, chi aveva ieri davanti a lui? Giovanni Innocenti, uomo di Zannini, unitamente ad Olga Diana.
Con una macchina del tempo, retrocedendo di due anni e mezzo e togliendo Alfonso Golia dalla sedia, sostituendolo con Enrico De Cristofaro, il resto della scena sarebbe stato il medesimo.
De Cristofaro per non cadere chiamo Innocenti. Questi fece finta di presentare due o tre emendamenti al bilancio, che la maggioranza accolse in nome di un costruttivo confronto con le componenti responsabili del consiglio, e Innocenti votò a favore.
Successivamente, dopo un mese o due, ottenne un assessore, esattamente come lo otterrà oggi.
Il patto Graziano-Zannini cancella letteralmente le promesse di novità e cambiamento che, ripetiamo, come afferma giustamente il presidente del consiglio comunale Carmine Palmiero, che con Golia è stato un corpo e un’anima in tutta la campagna elettorale e nei primi mesi dell’amministrazione, vengono commissariate e totalmente assorbite dal metodo Graziano-Zannini-Stabile, cioè esattamente dalle stesse prassi che hanno contraddistinto la politica aversana negli ultimi vent’anni.
Ma almeno Graziano e Zannini non vogliono apparire diversi da quello che sono, a differenza di Alfonso Golia.