CAMORRA e APPALTI. Quando Nicola Schiavone monaciello “mise a posto” il manager romano con la puzza sotto al naso dimostrando che tutti i dirigenti di Rfi pendevano dalle sue labbra e facevano ciò che lui desiderava

9 Agosto 2022 - 14:10

Uno stralcio illuminante relativo ai diversi tentativi, alla fine riusciti, di costringere il gruppo industriale PSC a cedere ad un’azienda docile napoletana, la Simec degli Avallone, il contratto di attivazione dei lavori sulla linea di Contursi, a cui poi, grazie ala compiacenza di un direttore dei lavori assolutamente prono alle necessità dell’ex pupillo di Sandokan, vengono aggiunti ulteriori servizi lautamente remunerati. In calce all’articolo di sintesi il testo integrale delle 4 pagine con tutte le intercettazioni

 

CASAL DI PRINCIPE – (g.g.) Nel nostro precedente articolo abbiamo segnalato e in qualche modo stigmatizzato le parole, le dichiarazioni scarne e forse reticenti poste a verbale nel corso dell’interrogatorio a cui viene sottoposto, nel maggio 2019, Umberto Pesce, presidente del consiglio di amministrazione del Gruppo PSC spa.

In effetti, secondo noi, come secondo il giudice, Pesce fa molto di più di quello che dice. Affermato ciò, però non significa che esistesse un rapporto confidenziale, complice, corrivo tra questo dirigente e Nicola Schiavone detto monaciello, personaggio fondamentale della ordinanza.

Anzi, leggendo le parti successive, si capisce che il rapporto è veramente pessimo. Ma si capisce pure che Nicola Schiavone è molto più potente, nei confronti del management di rete ferroviaria italiana, di quanto non lo sia Umberto Pesce e il suo gruppo industriale molto grande, molto ampio per fatturato.

Come potrete leggere nelle 4 pagine che pubblichiamo in calce, Nicola Schiavone è pienamente in grado di condizionare e di ottenere da alti dirigenti di Rfi quello che vuol.e. E siccome il gruppo capitanato da Umberto Pesce tiene bloccati i lavori dell’ormai famoso lotto 11, 6 milioni e mezzo di euro, Schiavone mette in pratica sotto sopra, mobilita e ottiene il pieno apporto della dirigenza Rfi a partire da Nicola D’Alessandro e arrivando fino a Andrea Fratini. Per non parlare poi del direttore dei lavori Giuseppe Russo che sembra un suo dipendente e non un dipendente di Rfi.

L’obiettivo è chiaro: controllare la filiera dei lavori. E questo non può essere realizzato dal pupillo di Francesco Schiavone sandokan se il pallino resta nelle mani del gruppo PSC, mandatario e dunque titolare di ogni potestà sull’attivazione della procedura in grado di condurre all’apertura dei cantieri.

Ecco perchè Nicola Schiavone prova a spostare in un primo momento la titolarità del contratto applicativo frutto dell’accordo quadro, alla società mandante la molto più docile, molto più disponibile nei suoi confronti, Simec dei fratelli napoletani Mario e Ferdinando Avallone.

Ma l’operazione non risce e duqnue Schiavone deve armare la mano di Rfi adffinchè questa diffidi la mandataria dandole un tempo stretto per attivare la procedura. Alla fine la società per azioni cede, contatta Avallone e gli dà la disponibilità di spostare sulla sua società, cioè sul mandante, il contratto di attuazione.

Missione compiuta, visto che in questo modo Schiavone ha in mano tutta la procedura e soprattutto quello che a lui preme maggiormente: il transito dei lavori in subappalto a CRTS che rappresenta poi la ua cassa, cioè l’ente economico che gli corrisponde tutti i quattrini che desidera a titolo di consulenze.

Ciò, permettendogli di evitare di esporre il suo nome di ex imputato di Spartacus, di elemento vicino al clan dei casalesi e dunque possibile oggetto di attività di sequestro di beni da parte dell’autorità giudiziaria.

Il resto lo leggete dalle 4 pagine che vi proponiamo, le quali comprendono anche alcune intercettazioni ambientali a nostro avviso molto importanti.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA