CAMORRA E NON SOLO. Ecco i 4 appalti (uno da 600mila euro) che Sergio Orsi avrebbe truccato insieme a due dirigenti infedeli del Cira. All’imprenditore di CASAL DI PRINCIPE chiesero per le mazzette una percentuale del…
28 Aprile 2022 - 13:41
In calce all’articolo, dopo aver affrontato a parte ieri il primo capo di imputazione, facciamo una rapida carrellata degli altri 7 che coinvolgono anche altri nomi come quelli del geometra trentolese Pirozzi, del nipote di Orsi e…
CASAL DI PRINCIPE/CAPUA – Il dato positivo dell’indagine, realizzata dalla Dda di Napoli e dai carabinieri del reparto investigativo del gruppo di Aversa, è, a nostro avviso, quello di aver determinato una ordinanza tutto sommato concisa. Non si tratta di una qualificazione di quantità considerata in sé e per sé.
Ma riguarda soprattutto la qualità dell’indagine, dato che, per quel poco di esperienza da noi maturata, gli obiettivi dell’esercizio dell’azione penale sono più probabilmente raggiungibili nel caso in cui i fatti, le situazioni e conseguentemente le contestazioni di reato, siano comprese in uno spazio circoscritto, in cui è facile ricordarsi tutto e dunque collegare le varie strutture dei reati commessi.
Convince di meno, al contrario, la modalità con cui l’ordinanza è stata scritta soprattutto nelle sue prime pagine, in cui, come vedremo, si ha la sensazione che alcuni pezzi, rappresentativi di strutture concettuali, vadano ad incastrarsi vicino ad altri pezzi, da un lato, contestualizzandosi rispetto agli stessi, dall’altro lato risultando, in tutta evidenza, contraddittori.
Sicuramente ci sarà un perché, ma chi è chiamato a sviluppare articoli per informare i propri lettori, avrà difficoltà a spiegare perché nella maggior parte dei capi di imputazione provvisori, precisamente dall’1 al 5, riguardanti diversi presunti casi di turbativa d’asta, venga prima scritto che Sergio
Ripetiamo: siamo convinti che quando leggeremo l’illustrazione di ognuno di questi capi di imputazione provvisori, troveremo la ragione di entrambi i comportamenti. E’ probabile che in una prima fase, Fago agisse per svolgere una funzione di intermediario allo scopo di evitare i contatti diretti e che, in una seconda fase, questi contatti diretti poi ci siano effettivamente stati.
Naturalmente, un po’ alla copia-incolla, a questo Fago viene contestato in tre capi di imputazione differenti relativi a tre casi diversi di turbativa d’asta, resta da capire se la fase dell’intermediazione sia avvenuta a monte di tutti questi episodi e poi sviluppandosi gradualmente, abbia determinato le condizioni perché gli Orsi e i due dirigenti dell’ufficio tecnico del Cira Carlo Russo e Vincenzo Filomena si andassero ad incontrare direttamente.
Perché se non fosse così, la situazione rimarrebbe diciamo un po’ incerta.
Guardate, questa non è un’esercitazione estetica o auto promozionale delle conoscenze giuridiche, da noi acquisite negli anni, anche perché non si tratta di un ragionamento strettamente giuridico. Se ci soffermiamo a ragionare su queste cose, è solo perchè i lettori devono sapere che le stesse diventeranno oggetto di confronto dibattimentale, già a partire dalle udienze che, di qui a qualche giorno, si svolgeranno al cospetto del tribunale del Riesame di Napoli.
Per quanto riguarda la contestazione dell’aggravante camorristica, emerge, nel capo 8, l’ultimo della rubrica, un dato preciso e cioè che Sergio Orsi avrebbe garantito al clan dei casalesi “il 10% sull’importo di tutti i lavori”.
Va sottolineato poi che Sergio Orsi è comunque una persona che ha subito una condanna definitiva e irrevocabile, evidentemente già scontata, per reati di camorra. Il discorso è sempre lo stesso dato che lo abbiamo affrontato più volte nelle fasi che collegano l’emissione di un’ordinanza ai primi pronunciamenti della magistrature requirente sulla validità dei titoli cautelari e si riassume in una domanda: al di là degli alti e solenni principi del diritto, quanto conta, in un giudizio su fatti di camorra, l’evocazione, ripetiamo, l’evocazione che diventa un fattore conseguente alla citazione biografica, dei precedenti, mai come in questo caso pesanti, anzi tombali, di Sergio Orsi, e quanto invece contano le circostanze oggettive e cioè i fatti dimostrati e riscontrati i quali andrebbero a dimostrare che Orsi ha compiuto ancora una volta oggi i reati per i quali è stato già condannato e per i quali ha scontato la pena e che, riteniamo, in uno stato di Diritto, non possono rappresentare un apparato deduttivo o una propaggine della pena scontata che dura in eterno e comunque per tutta la vita del reo.
Nel dettaglio, ci sono altri tre appalti che gli Orsi avrebbero truccato, insieme ai due dirigenti Russo e Filomena. Quindi, dopo quello contenuto nel capo 1 e di cui abbiamo scritto ieri (CLICCA E LEGGI) messa in sicurezza e riutilizzo spazio deposito del cantiere Lisa, operazioni di turbative d’asta sarebbero state compiute secondo i magistrati della Dda anche per quel che riguarda, i lavori per la realizzazione di un deposito temporaneo per lo stoccaggio di rifiuti urbani e speciali non pericolosi del Cira, per i lavori e servizi di manutenzione ordinaria e minuto mantenimento sul patrimonio civile, industriale ed infrastrutturale del Cira tramite richiesta di offerta nell’ambito del Mepa, servizio di manutenzione aree a verde, sempre ovviamente del Cira.
Il primo caso riguarda una situazione sovrapponibile a quella del capo 1, visto che viene coinvolto anche Oreste Fabio Luongo, anche lui con significativi precedenti penali per rapporti con il clan, che si sarebbe prestata con la sua impresa Co.Bi srl, a partecipare a questa procedura i gara, “solo per dare parvenza – scrive il gip – di pluralità di inviti”.
Per quanto riguarda il secondo appalto, Sergio Orsi e suo figlio Adolfo che, evidentemente, in questo caso hanno parlato direttamente con Carlo Russo e Vincenzo Filomena, avrebbero ricevuto l’indicazione da parte di questi ultimi di avvicinare i titolari di Li.Ri. srl di Giugliano, aggiudicataria dell’appalto di 600mila euro in modo che questo venisse realizzato dalla Italiana Multiservizi srl.
Nel terzo caso, almeno in questa area dell’ordinanza non ci offre spunti maggiormente dettagliati ma solo la solita struttura che da un alto definisce “diretti” i contatti tra i due Orsi e i due del Cira, dall’altro lato reinserisce, come indagato, il citato Fago come intermediario che assume questa funzione soprattutto per evitare che ci siano contatti diretti.
Infine, gli ultimi due riguardano i 4 casi di turbativa d’asta sigillati dal capo 5 in cui viene contestato il reato di corruzione nelle sue varie articolazioni previste dall’articolo 319, dal 321 e dal 319 bis. In questo caso non coinvolto Adolfo ma solo Sergio Osi, insieme a Fago oltre che ai due dirigenti pubblici che ci devono stare per forza altrimenti il reato di corruzione non sarebbe neppure configurabile.
In sede di capo di imputazione viene solamente asserita l’esistenza di una sorta di accordo quadro secondo il quale Sergio Orsi promette a Carlo Russo e a Vincenzo Filomena una tangente del 5% sugli importi di ogni singolo appalto. Una proposta che avrebbe trovato positivo riscontro nella disponibilità dei due dipendenti del Cira.
Il capo 6 coinvolge altri due indagati: Francesco Pirozzi di Trentola Ducenta, geometra dell’Ufficio Tecnico del Cira e Amedeo Grassia che svolge, se non abbiamo letto male, una sorta di ruolo di “postino”, cioè di custode di documenti cartacei che Pirozzi avrebbe fatto uscire dal suo ufficio, in modo da mettere al corrente Orsi di una serie di dettagli sul bando e sul capitolato riguardanti l’appalto per i “Lavori di riqualificazione e messa a norma del patrimonio civile, infrastrutturale e impiantistico del Cira“. Un ulteriore intervento, questo appena citato, diverso dai 4 che abbiamo già illustrato. I documenti in questione non potevano essere resi pubblici.
Per questo motivo, Pirozzi, in concorso con Sergio Orsi e con Amedeo Grassia, è indagato per il reato di rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio.
Il capo 7 contiene la contestazione del reato di camorra a Oreste Fabio Luongo. Un partecipazione qualificata dalla Dda come diretta, di piena intraneità, così come si evince facilmente dalla sfilza di commi che accompagnano l’enunciazione dell’articolo 416 bis. Secondo la Dda, Luongo avrebbe lavorato nel clan dei Casalesi e per lo stesso clan fino a maggio del 2021.
L’ottavo e ultimo capo di imputazione provvisorio, riguarda le posizioni di Salvatore Orsi, nipote di Sergio, e di Felice Ciervo, da non confondere con Francesco Ciervo, al quale – come abbiamo già scritto in altri articoli – non è stata applicata alcuna misura. I due sono indagati per trasferimento fraudolento di valori. Un caso classico di teste di legno che Orsi sarebbe utilizzato “per eludere – così scritto nell’ordinanza – le disposizioni in materia di prevenzione“. Insomma, aggiungiamo noi per tenere al riparo da queste disposizioni l’impresa Italiana Multiservizi, i cui soci, evidentemente, erano proprio i due appena citati Felice Ciervo e Salvatore Orsi.