CAMORRA. Gli affari immobiliari, in nome e per conto di Michele Zagaria, dell’idraulico Vincenzo Inquieto e della sua moglie di allora Rosaria Massa

24 Ottobre 2019 - 17:09

CASAPESENNA – Sono tre i capi di imputazione contenuti nell’ordinanza che ha portato all’arresto di Vincenzo Inquieto, cioè di colui che ha ospitato, nella sua abitazione di via Mascagni, a Casapesenna, l’ultimo periodo di latitanza del super boss Michele Zagaria preso proprio lì, in un bunker sotterraneo a cui si accedeva dal pavimento della casa del citato Inquieto. Riguardano quest’ultimo ma anche la sua ex moglie Rosaria Massa da cui si è anche formalmente separato, dopo averlo realizzato di fatto durante i 4 anni di carcere che ha scontato proprio per aver ospitato Michele Zagaria.

La contestazione principale è quella solita: associazione a delinquere di stampo mafioso, nel caso specifico camorristico, ai sensi dell’articolo 416 bis del codice penale. In pratica si tratta di una focalizzazione dei ruoli ricoperti da Vincenzo Inquieto all’interno dell’organizzazione criminale. In poche parole, lui non è stato solamente il custode della latitanza di Michele Zagaria, ma ha collaborato, contribuito anche a molti degli affari illeciti, partendo dall’intestazione, secondo la dda e anche secondo il gip che l’ordinanza ha firmato, fittizia, del già citato immobile di via Mascagni che evidentemente viene considerato una proprietà appartenente di fatto a Michele Zagaria.

Una casa, anzi, come vedremo poi, più case, ma anche imprese, dato che Vincenzo Inquieto risultava titolare e legale rappresentante della Termotecnica di Vincenzo Inquieto, in pratica una ditta individuale e della L.D.I. srl. E anche in questo caso, gli inquirenti sono convinti che Inquieto fosse solo una testa di legno, un mero prestanome. Nella formulazione del reato associativo vengono citati anche altri fatti di tipo, diciamo così complementare, ma ugualmente importanti: Vincenzo Inquieto è stato il manutentore e costruttore dell’impianto idraulico del bunker che ha ospitato Zagaria, ma ha anche mantenuto, da vero e proprio messaggero, i rapporti esterni di maggiore prossimità di Michele Zagaria, consegnando pizzini a persone come Generoso Restina che aveva preceduta Vincenzo Inquieto nel ruolo di ospitante di quello che al tempo era tra i latitanti più ricercati del mondo.

Ridiventa invece fondamentale anche perchè rappresenta il tratto identitario di questa ordinanza specifica, l’altra attività contestata ad Inquieto: quella di investitore all’estero del danaro del boss. E l’estero, nel caso specifico, era rappresentato dalla Romania, dove ricordiamo era già residente Nicola Inquieto, fratello di Vincenzo e pure lui implicato nell’attività di riciclaggio del patrimonio immenso del super boss, con base operativa in quel di Pitesti, che, com’è noto, è città gemellata con quella di Caserta, che non a caso ha dedicato alla città romena una delle sue piazze più importanti.

Il secondo capo di imputazione riguarda un’altra intestazione fittizia che rende Vincenzo Inquieto indagato per il reato regolato dall’articolo 512 bis del codice penale che si associa naturalmente al 416 bis al fatto associativo, contestato anche in questo capo di imputazione provvisorio. Si parla, in questo caso di una casa sita in Piazzetta Pirozzi ad Aversa. In realtà, qui c’è anche una sub intestazione ad una zia, peraltro defunta, di Rosaria Massa, oggi ex moglie, ma al tempo ancora coniuge solida di Vincenzo Inquieto.

Al capo 2 si collega il successivo ed ultimo. Se da un lato il giudice indaga Inquieto in quanto è convinto che quell’appartamento, quell’abitazione sia stata acquistata con il danaro di Michele Zagaria, dall’altra in automatico, l’attività di Rosaria Massa che va a ritirare il canone di affitto di 500 euro al mese dall’inquilino a cui la casa evidentemente era stata locata, diviene, giocoforza, attività di ricettazione.

Ed è proprio per questo reato, regolato dall’articolo 648 del codice penale, che la Massa è stata indagata, che ovviamente viene collegato, anche per l’ex signora Inquieto, al reato associativo, cioè al 416 bis.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA