CAMORRA & MAZZETTE, E CHE MAZZETTE! Ecco il nome del ristorante di via Battisti di CASERTA dove Claudio Valentino riceveva le tangenti in contanti dagli emissari del clan caro alla famiglia di Giggino ‘a purpetta

18 Giugno 2020 - 16:39

Nel racconto del pentito, emerge la figura, stiamo parlando di quella dell’ingegnere di Casagiove, di una vera e propria macchina da soldi. Chiedeva la percentuale anche…

 

CASERTA(g.g.) Claudio Valentino aveva un suo quartier generale, quando si trovava nella città capoluogo, cioè a Caserta. Un ristorante non conosciutissimo, ma comunque esistente con tanto di recensione google: il Palazzo del Gusto sito in via Cesare Battisti 5. Il collaboratore di giustizia Claudio Lamino, il grande accusatore del alcn Puca di cui ha fatto parte e del’ingegnere di Casagiove che ha dettato legge per decenni negli uffici tecnici di Villa Literno, di Orta di Atella e poi in quello di Sant’Antimo, vi si era recato diverse volte per incrociare Claudio Valentino.

Una volta in particolare: quando gli portò una mazzetta di 10mila euro, relativa ad un permesso a costruire un pò complicato da rilasciare all’imprenditore santiantimese Giuseppe Chianese il quale dopo aver già ricevuto una concessione su un immobile da ristrutturare, aveva nel 2012, ripresentato un’altra istanza al comune per allargare il palazzo, per farlo crescere di volumetria, in applicazione alla notissima legge del piano casa.

Claudio Valentino, secondo il racconto del pentito, sarebbe stato una vera e propria macchina della mazzetta. Non scappava nulla. Lamino racconta che anche su piccolissime cifre, cioè sui compensi ricevuti dai tecnici per concessioni private, lui prendeva un obolo, una percentuale.  Professionisti peraltro indicati alle persone che richiedevano il permesso a costruire, da lui stesso.

Insomma, uno che non faceva prigionieri e non aveva alcun problema a creare scompiglio anche nel clan Puca. Perchè questa storia della tangente da 10mila euro consegnata da Lamino all’ingegnere casertano nel ristorante Palazzo del Gusto, ha una gestazione piuttosto complessa. In un primo tempo, dalla latitanza, Lorenzo Puca, figlio di Pasquale Puca ‘o minorenne, fondatore del gruppo criminale, manda a dire al costruttore di sganciare immediatamente 50mila euro. Chianese non ne vuole sapere, anzi protesta.

Quella richiesta viene considerata esosa ed ingiusta anche da altri componenti della famiglia Puca. E questo per un motivo molto semplice: Giuseppe Chianese non è un imprenditore qualsiasi, cioè uno che pagava la tangente e basta. Era un socio in affari della camorra locale, visto e considerato che aveva come partener economici diretti lo stello Luigi Puca, mentre in passato addirittura la relazione diretta aveva riguardato l’appena citato Pasquale Puca detto ‘o minorenne.

Ma allora che cosa spinge Lorenzo Puca a chiedere una somma tanto spropositata? Ce lo spiegano i 10mila euro della mazzetta data a Claudio Valentino, che rappresentano il 40% dei 25mila euro che alla fine Chianese comunque portò a Lamino. Dunque, i 50mila euro erano un calcolo di Lorenzo Puca che tenevano conto delle pretese importanti, quand’anche decisive per l’evoluzione della pratica, formulate da Claudio Valentino.

Il margine per la camorra, insomma, rispetto a queste richieste era destinato a stringersi. Dunque, era necessario alzare l’importo anche se questo determinava, come effettivamente determinò, polemiche e tensioni all’interno dei Puca che essendo dei camorristi è sempre meglio averli calmi che nervosi.

In conclusione, sull’operazione del piano casa di Giuseppe Chianese, l’ingegnere Claudio Valentino intasca 10mila euro, mentre nella cassa dei Puca ne finiscono 15mila. Se non siamo ad una società al 50%, cosa che dimostra il potere contrattuale di un personaggio che non aveva timore di confrontarsi sui quattrini con gente che aveva compiuto più di un omicidio, poco ma molto poco ci manca.

 

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