CASAL DI PRINCIPE. Cade l’ultimo tabù del codice del CLAN DEI CASALESI: le palazzine popolari epicentro dello spaccio controllato dai rampolli dei boss

29 Luglio 2020 - 11:51

E’ un ulteriore, prezioso contributo, fornito dal collaboratore di giustizia Salvatore Orabona alle indagini che per ora hanno portato all’arresto di Francesco “Peppinotto” Caterino, il ruolo del giovane Nicola De Falco ‘o fuggiasco e dei fratelli algerini

 

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) Il collaboratore di giustizia Salvatore Orabona lo afferma perentoriamente in uno degli interrogatori, a cui si è sottoposto al cospetto dei magistrati della dda e degli uomini della polizia giudiziaria che li coadiuvano: le palazzine di Casal di Principe erano diventate e probabilmente lo sono ancora oggi, come tutte le altre aree popolari di questa provincia ma non solo di questa provincia dell’Italia, ma non solo dell’Italia: il baricentro di tante attività criminali, frutto di un’emarginazione e della mancata emancipazione culturale. Tra queste, la più importante, quella rappresentata dallo spaccio degli stupefacenti.

Ho sentito parlare di una piazza di spaccio che era stata aperte nelle palazzine popolari di Casale.” Questo afferma Orabona in occasione della sua escussione del 21 settembre 2017, di cui ci siamo già in parte occupati e nella quale lui fa anche i nomi di persone che sarebbero diventate punti di riferimento di una forma nuova di associazione criminale, di una forma riveduta e corretta del clan dei casalesi: Francesco Caterino,

figlio di Peppinotto Caterino e Nicola De Falco, detto ‘o fuggiasco in quanto mantiene lo storico soprannome del nonno Vincenzo De Falco.

Al momento, Francesco Caterino è in carcere, anche e soprattutto per le precise dichiarazioni di Salvatore Orabona. Ma evidentemente gli inquirenti, al momento, sono riusciti a trovare riscontri solidi solo nei confronti del figlio di Peppinotto, visto e considerato che Orabona fornisce ad altri coetanei di Caterino, lo stesso grado nella gerarchia criminale e nel meccanismo operativo fondato su poche estorsioni, ma su molta, moltissima attività di spaccio effettuata rompendo il tabù dei camorristi “fondatori” che mai consentirono la vendita di stupefacenti nelle loro roccaforti di Casal di Principe, San Cipriano, Casapesenna ed immediati dintorni.

Orabona conferma anche una circostanza già emersa in altre indagini e che già ha portato in passato all’arresto di uno dei protagonisti di questa famiglia. Secondo il pentito, la pescheria di Dionigi Pacifico era a sua volta un luogo in cui si operava l’attività di spaccio. Da questo punto di vista, niente di nuovo, visto e considerato che Ettore Pacifico, anche lui impegnato nella pescheria di famiglia è stato arrestato il 27 ottobre 2015 nell’ambito dell’inchiesta denominata Jackpot, imperniata sulle rivelazioni di un altro collaboratore di giustizia eccellente, quel Raffaele Venosa che per un certo periodo, dopo l’arresto di Nicola Schiavone aveva assunto la carica apicale del clan dei casalesi che poi si conquistava soprattutto in base alla capacità di raccogliere dalle attività criminali (in quel caso estorsioni e sfruttamento delle slot e di altre macchinette mangiasoldi) che servivano a finanziare la detenzione dei boss e dei ras e, all’esterno, la vita delle loro famiglie.

La vendita degli stupefacenti era organizzatissima e multiforme. Veniva e forse viene ancora spacciata tanta cocaina, ma gira anche moltissimo “fumo”. Al riguardo, Salvatore Orabona rivela che l’hashish veniva acquistato da Nicola De Falco e da quella che ormai  divenuto un ospite fisso dei nostri articoli dell’ultimo periodo, uno straniero con un ruolo però molto significativo dentro i nuovi equilibri interni all’associazione: Massimino l’algerino al secolo Nassim Kerouani. De Falco era diventato amico intimo di Massimino e anche del fratello Amine Kerouani, al punto da recarsi, come abbiamo scritto più volte, con quest’ultimo in quel di Los Angeles per acquistare cani di razza e sarebbe stato proprio Amine ad indicare al fratello Nassim, cioè a Massimino e di conseguenza anche a Nicola De Falco, il nome di due fornitori napoletano, precisamente uno di Quarto e un altro di Marano, divenuti partner negli affari criminali del nuovo clan dei casalesi.

 

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