Casalesi & grandi appalti. ENI E TELECOM facevano la pacchia in agro aversano grazie all’imprenditore socio dei boss che otteneva permessi di scavo in maniera rapida e semplice

19 Luglio 2021 - 13:07

Il racconto del collaboratore di giustizia Giuseppe Misso si interseca con quello di Nicola Schiavone. L’autorità giudiziaria ha accertato che il genero di Giuseppe Caterino detto Peppinotto è stato presidente del consiglio di amministrazione dell’azienda che poi attraverso altre sue elaborazioni societarie, ha fatto la parte del leone nei lavori per la fibra ottica per telefonia, per la posa sotterranea di cavi e dispositivi Enel

 

CASAL DI PRINCIPE Giuseppe Iannone non si può classificare, in tutto e per tutto, nella categoria dei cosiddetti colletti bianchi della camorra del clan dei casalesi. Se lo è diventato, ciò è successo con il trascorrere del tempo e, soprattutto, negli ultimi 5 o 6 anni. Le dinamiche di appartenenza di questo personaggio molto più importante di quanto sia apparso in un primo momento, quando è stato comunicato il suo arresto, in conseguenza di una inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, si è mosso in relazione diretta a boss effettivi, cioè camorristi in carne ed ossa appartenenti anche all’ala militare del clan dei casalesi. La società cooperativa Alba 90 rappresenta la prima traccia importante dell’attività imprenditoriale che Iannone esercita nel settore dei lavori fatti presumibilmente in subappalto con giganti dell’imprenditoria pubblica nazionale, a partire dall’Enel

e dalla Telecom.

Sia il pentito Nicola Schiavone sia altri collaboratori di giustizia riconoscono in Alba 90 la struttura in cui si è sviluppata l’attività imprenditoriale di Iannone. Mentre Schiavone parla di un’assunzione in questa cooperativa di Giovanni Guida, marito di Emma Caterino, conseguentemente genero del boss Giuseppe Caterino detto Peppinotto, gli accertamenti dell’autorità giudiziaria hanno permesso di stabilire che il genero di Peppinotto abbia ricoperto addirittura la funzione di presidente del consiglio di amministrazione di Alba 90, società cooperativa a responsabilità limitata. Questo è accaduto dall’aprile 2001 al febbraio 2004.

In poche parole, quando la personalità imprenditoriale di Iannone emergeva al punto da poter essere considerato un interlocutore credibile, un fornitore di servizi per impianti ad alta tecnologia, a partire dai dispositivi per la fibra ottica e proseguendo con tutte quante le iniziative di interramento pianificate da Enel, la sua impresa aveva come legale rappresentante il clan dei casalesi, che si manifestava in maniera diretta attraverso Giovanni Guida, genero, cioè marito della figlia di Giuseppe Caterino, Peppinotto, che riteniamo dovesse sentirsi piuttosto coinvolto dall’attività di questa azienda e partecipe in prima linea delle sue sorti.

Dopo aver sviluppato, nella puntata precedente del focus dedicato a questa ordinanza, le dichiarazioni di Schiavone, oggi ci soffermiamo maggiormente su quelle rilasciate il 25 gennaio 2018, dal già citato Giuseppe Misso.

Se Nicola Schiavone aveva solo parlato della presenza di Giovanni Guida a riunioni, diciamo così, di lavoro, con Iannone, l’altro pentito, Giuseppe Misso ha invece affermato che Guida fosse un dipendente di Alba 90. Il che non si può escludere categoricamente, nonostante che l’autorità giudiziaria abbia acclarato, accertato che Guida dal 2001 al 2004 sia stato addirittura il presidente del Cda della citata società. Magari dipendente c’è diventato dopo.

Giuseppe Misso racconta anche lui cose importanti quando ricorda (il testo integrale delle sue dichiarazioni lo potete leggere in calce all’articolo) che Iannone era un imprenditore ammanigliatissimo, in grado di ottenere sistematicamente lavori importanti che forse Telecom ed Enel gli attribuivano in conseguenza della facilità, delle agevoli modalità con cui riusciva ad ottenere, afferma il pentito, “grazie anche ad appoggi che io non conosco“, le autorizzazioni per gli scavi e dunque per l’apertura effettiva dei cantieri.

Ovviamente Giuseppe Iannone non si sottraeva rispetto ad una delle disponibilità consuete che gli imprenditori della zona concedevano al clan dei casalesi: il cambio degli assegni. Misso racconta che Iannone li cambiava sistematicamente a Giuseppe Caterino Peppinotto e che in qualche occasione li ha cambiati anche a lui. Sulle premure che Giuseppe Caterino aveva nei confronti delle sorti dell’impresa di Giuseppe Iannone, il pentito Misso chiarisce anche un altro concetto cardinale quando si parla di cose di camorra e delle relazioni tra questa ed imprenditori che partecipano costantemente ai processi amministrativi finalizzati all’attribuzione di lavori di grande valore. Peppinotto, secondo Misso, allontanava quelle aziende concorrenti di Alba 90 in caso di partecipazione ad una gara d’appalto.

 

QUI SOTTO GLI STRALCI DEGLI INTERROGATORI