CASERTA. La morte del barman 42enne in corso Trieste. Tanti dubbi sull’intervento del 118. I soliti errori e tanta inesperienza da parte della sala operativa. Ma Blasotti, Mannella e De Santis…

4 Luglio 2022 - 16:59

Ci abbiamo lavorato un paio di giorni ed oggi siamo in grado di raccontarvi, avendo a disposizione documenti probanti che annunciamo in modo che chi volesse, eventualmente, spargere versioni artificiose e auto assolutorie, la sequenza di qui tragici minuti di venerdì pomeriggio.
CASERTA (g.g.) Qui bisogna stare calmi riducendo a più miti ragioni l’indignazione che, d’istinto, affiora nel momento in cui si conclude, come noi abbiamo concluso stamattina, un’indagine giornalista su quello che è successo venerdì pomeriggio, poco prima delle 17.30, in piazza Margherita, cioè in centro che più centro non si può della città di Caserta. Bisogna stare calmi perché mai come in situazioni di questo genere, a valere deve essere la nuda logica delle ragioni sfrondate da ogni scivolamento retorico. Come abbiamo scritto già da venerdì, una persona che allora veniva identificata con un’età di 50 anni, è morta a seguito di un infarto.
Il nostro lavoro ci consente di dire che il nome e il cognome della persona erano Ermanno Bugetto, nato nel 1980, dunque 42enne, di professione barman. Accasciatosi a terra è morto dopo un bel po’ di tempo che, relativamente al problema che l’ha colpito, è così definibile anche quando si parla di mezz’ora dall’attimo del malore.
Ma andiamo per ordine: qualche minuti prima delle 17.30 è squillato il telefono della sala operativa del 118. Dall’altra parte, evidentemente, è stat segnalato all’operatore che, almeno in apparenza, le condizioni di Ermanno Bugetto apparivano molto gravi senza per giunta poter interagire con il paziente visto che questi versava in uno stato di totale incoscienza. Fatto sta, che dalla sala operativa è stata inviata l’ambulanza rianimativa, quella cioè dotata di tutti gli strumenti per tentare di rimettere in funzione un cuore che si ferma per qualche secondo, e forse anche per qualche minuto. L’ambulanza è partita, ma a pochi metri di distanza dal luogo dove giaceva a terra il 42enne casertano, ha compiuto una brusca virata, dileguandosi, letteralmente, verso viale Carlo III e da lì raggiungendo la superstrada provinciale che collega l’area dei centri commerciali ad Aversa e all’agro aversano.
Si è saputo a posteriori che la sala operativa del 118, quella di cui noi scriviamo ormai da anni ottenendo, come riscontro, vergognose illazioni su quella che sarebbe la ragion d’essere della nostra attenzione, ha ordinato all’autista e all’equipaggio dell’ambulanza rianimativa di recarsi a Trentola Ducenta, in soccorso ad un’altra persona, questa volta di circa 90 anni colpita, a quanto pare, a sua volta, da un grave malore cardiaco o cerebrale. Mentre il mezzo, così compulsato dalla sala operativa del 118, virava alla volta di Trentola, un’altra ambulanza, nemmeno medicalizzata, cioè priva di medico a bordo (ideali soprattutto per i codici gialli se non addirittura per i codici verdi del triage), è stata mandata a Caserta proveniente da Capua. Ciò sarebbe successo in quanto una seconda chiamata, arrivata al 118, avrebbe dato notizia di un paziente cosciente, e non più incosciente in piazza Margherita, con una respirazione difficile, con un chiaro enfisema in corso, ma comunque autonoma.
Ora, è chiaro che se una sala operativa accoglie una prima chiamata nella quale vengono segnatale le condizioni gravissime di un paziente e successivamente, in una seconda chiamata, le medesime condizioni sono ridefinite come non gravissime, non è che ci voglia un genio per comprendere che chi comunica con il 118 non è, con ogni probabilità, un medico. Mettiamo pure che secondo il protocollo il paziente 90enne o quasi 90enne di Trentola dovesse essere raggiunto necessariamente da un’ambulanza medicalizzata, dunque, eventualmente anche da quella mandata in primo tempo verso piazza Margherita, è mai possibile, però che questa non distante due chilometri o un chilometro e neppure 500 metri, ma solo una manciata di metri dal luogo del malore, non ritenga necessario di dover comunque passare, in modo da consentire al medico a bordo di dare un’occhiata rapida e poi di proseguire, rassicurando i presenti, verso Trentola dopo aver annunciato a tutti che di lì a pochissimi minuti arriverà sul posto un’ambulanza non medicalizzata ma, comunque, dotata di tutte le attrezzature sufficienti per soccorrere un paziente colpito da un grave malore ma che, manifesta segni vitali  al punto da non farlo considerare in imminente pericolo di vita seppur in codice rosso? Due minuti ci sarebbero voluti, non di più. Il medico si sarebbe accorto delle condizioni gravissime del povero Ermanno Bugetto e questi sarebbe stato immediatamente soccorso con dispositivi ad alta tecnologia medico-sanitaria, ma soprattutto da un sanitario, intervenuto, a quel punto, molti minuti prima dell’arrivo sul posto dell’ambulanza non medicalizzata di Capua.
Questo è il film dell’orrore a cui nessuno ha potuto assistere tra gli impotenti soccorritori di Bugetto che se lo sono visto morire un po’ alla volta, minuto per minuto.
Ciò non vuol dire che questa persona, un noto barman, gestore di un pure noto locale di famiglia, nella ugualmente centralissima e storica via Crispo, si sarebbe sicuramente salvato. Ma abbiamo la certezza che qualche chances in più l’avrebbe avuta. Quando è arrivata l’ambulanza da Capua, gli infermieri hanno fatto tutto il possibile. Iniezioni di adrenalina, scosse elettriche. Niente, per Ermanno Bugetto non c’era più nulla da fare.
La dinamica dell’accaduto potrebbe essere tranquillamente rubricata tra gli episodi in cui la fatalità ha giocato un ruolo comunque importante. Potrebbe, se chi scrive questo articolo non fosse costretto a ricordare ai signori governanti dell’Asl di Caserta, a partire dal neo direttore generale Amedeo Blasotti, che se andiamo a spulciare il nostro archivio, ne troviamo a decine di articoli che raccontano di errori evidenti compiuti nella sala operativa di Caserta.
Un altro tipo di errore, ugualmente grande e sicuramente carognesco che si potrebbe commettere ora, sarebbe quello di dare addosso, di prendersela con l’operatore del 118 che fisicamente ha assunto le decisioni inerenti alla destinazione e alla movimentazione delle ambulanze. Se ci trovassimo, lo ripetiamo ancora una volta, di fronte a un caso isolato, non rappresenterebbe una modalità seria di analisi e di valutazione dei fatti quella in cui viene messa in discussione la competenza, la capacità di chi coordina il servizio di emergenza, leggi Mannella, De Santis e Lomascolo. Ma siccome, direttore Blasotti, qui ormai, se non ne succede una al giorno, poco ci manca, ritenere ancora che Casertace possa nutrire un pregiudizio di tipo personale rispetto ad individui che neppure conosce, con i quali non ha mai interloquito e i cui volti ci sono divenuti noti solamente grazie alle fotografie che li hanno effigiati. E’ mai possibile che lei, da direttore amministrativo che si avvia il prossimo 7 agosto ad insediarsi ufficialmente come nuovo direttore generale, oppure l’attualmente ancora in carica Ferdinando Russo, oppure il predecessore Mario De Biasio, o prim’ancora Paolo Menduni, e abbiamo la sensazione che si possa proseguire almeno fino al mitico Ciccio Testa, non si siano posti mai il problema di affrontare i nodi insoluti e ulteriormente deterioratisi negli ultimissimi anni, della sala operativa del 118, in un’ottica seria e autenticamente imparziale? E’ chiaro che se tu  consideri un solo episodio, troverai riscontro in spiegazioni, scuse, ragioni, che ti faranno dire “vabbè, è stata soprattutto sfortuna”.
Ma se tu metti insieme le decine e decine di casi, coglierai una parte comune di narrazione, riconducibile sempre alla superficialità e alla modesta professionalità degli attuali coordinatori, cioè del noto minacciatore di dipendenti, Generoso De Santis e il suo braccio operativo Rosa Lomascolo. Degli autentici intoccabili, secondo il dirigente Mannella, anche all’indomani dell’indecente gazzarra scatenata da De Santis dopo un articolo da noi pubblicato e che invece di sforzarsi per darvi riscontro e replica di contenuto, ha utilizzato per scatenare una sorta di caccia all’uomo, di caccia al confidente, al delatore (clikka, leggi e ascolta l’ormai famoso audio-shock). Come se un infermiere, un medico, un impiegato che si rivolge a un giornalista per raccontare, dimostrandolo però con risconti documentali, fosse uno da perseguitare e da eliminare, rovesciando la scala minima dei valori e un approccio appena civile alla dialettica legata alla realtà palmare di questi problemi.
Da quando De Santis e Lomascolo si sono insediati, la situazione è nettamente peggiorata. Tutto ci potete dire, eccetto che questo giornale non abbia sempre posto a sostegno di quest’ultima affermazione, fatti gravissimi e sempre puntigliosamente, dettagliatamente documentati, come è necessario che sia quando l’etica della responsabilità professionale impone al giornalista di spiegare, di argomentare sempre di più, in misura crescente, in modo da garantire una diretta proporzionalità rispetto alla denuncia esplicitata in un articolo giornalistico nei confronti di persone che ricoprono delicate responsabilità pubbliche, dato che noi non valutiamo mai a cuor leggero l’impatto che una notizia, un lavoro giornalistico possa avere sulla tranquillità, sulla serenità di un individuo.
Qualcuno, cioè noi di Casertace, ha mai detto che il dirigente Mannella o i coordinatori De Santis e Lomascolo debbano essere licenziati? Mai e poi mai. Il lavoro e i diritti che di questo sono l’architrave sono, infatti, sacri, ma è non possibile che dopo tutte queste po’ po’ di cose successe, compreso la vicenda giudiziaria relativa alle gare d’appalto truccate a favore della congregazione La Misericordia, la governance dell’Asl non avverta la necessità di un semplice, normale in un qualsiasi posto civile del pianeta Terra, tour over con il  quale il dirigente Mannella, dopo più di 20 anni trascorsi a capo di un 118 divenuto una sorta di feudo, viene inviato a dirigere un’altra Unità operativa complessa dell’Asl di Caserta, con pieno mantenimento del proprio livello professionale e del livello dei propri emolumenti, mentre il signor De Santis, magari dopo avergli fatto frequentare un corso accelerato di buone maniere, di lunga italiana e di educazione civica, e la signora Lomascolo spostati in un’altra attività infermieristica senza fargli perdere un solo millimetro del loro livello professionale e un solo centesimo di stipendio?
Possiamo mai sperare che un ragionamento di questo genere, che asseconderebbe, peraltro, decine e decine di pronunciamenti, di pareri erogati dall’Autority nazionale anticorruzione che, inascoltata, perora da anni e anni l’avvento del sistema delle rotazioni, possa essere fatto proprio da un dirigente dell’Asl che prima si è fatto 10 anni da direttore amministrativo e ora se ne farà tre o cinque, (non sappiamo bene quale sia il termine temporale), da direttore generale dimostrando di avere una mentalità speculare rispetto a quella posseduta da Mannella e che lo fa sentire, inamovibile, titolare di un vero e proprio feudo gestito ultimamente così come lo sta gestendo, con scelte come quelle del De Santis e della Lomascolo fatte da lui e da lui solo, difese da lui e da lui solo e che sicuramente fanno piacere a quel sindacato Fials al quale appartengono i due coordinatori che certo, come ha dimostrato la clamorosa inchiesta della procura della Repubblica di Aversa-Napoli Nord, non ha brillato in fatto di buoni comportamenti e di correttezza nel momento in cui il figlio di Salvatore Stabile, dominus assoluto e potentissimo della Fials, si è fatto diversi mesi di arresti domiciliari e ora si trova alla sbarra, da imputato, a rispondere di reati molto gravi.
Per cui, state sereni. Non succederà nulla. Già vi possiamo dare appuntamento al prossimo morto. Alla famiglia di Ermanno Bugetto oltre alle nostre sentite, sincere condoglianze, formuliamo l’invito ad essere forti in questo momento chiedendo all’Asl e anche all’autorità giudiziaria, di capire se tutte le procedure di soccorso al loro congiunto siano state correttamente eseguite o se, invece, rappresenta un loro diritto ricevere, quantomeno, un risarcimento dei  danni per conclamata negligenza o per conclamata inesperienza degli operatori del 118, responsabilità, quella del controllo dei livelli di preparazioni ed esperenziali degli operatori, di chi risponde al telefono alle chiamate di soccorso e decise se, come e quali ambulanza muovere, ricade nel perimetro dei doveri e delle prerogative di chi questa Uoc, o Unità operativa complessa che dir si voglia, dirige e di chi, in nome e per conto di quest’ultimo, è apprestato alla sua gestione operativa.